Mente e cuore

di Dennis Vincent Klapwijk – Resp Nazionale Lavoro FGCI

Dall’inizio dell’anno sono quasi 200 i morti sul lavoro. Un bollettino che a me personalmente ricorda le cifre delle guerre di mafia. Solo che nelle guerre di mafia ci sono le armi, i clan, la volontà di uccidere i rivali e la scelta cosciente di non farsi problemi nel coinvolgere innocenti. C’è appunto una genesi dell’azione volta a creare morte, essa stessa è lo scopo finale dello scontro, cercato, voluto e attuato con ogni mezzo possibile.

E il mondo del Lavoro ? In teoria il fine, lo scopo del Lavoro, sarebbero la produzione e la costruzione. Qualcosa di creativo, non distruttivo. Eppure i morti sono quasi 200 in meno di cinque mesi.
Perché ? Il discorso è tanto semplice quando disarmante: il sistema economico nel quale viviamo, Capitalista, ha la tendenza a divorare i suoi stessi ingranaggi, sopratutto i lavoratori salariati. Sì, perché in questo sistema noi non siamo esseri umani, siamo ingranaggi che lo fanno funzionare e consumatori che lo fanno guadagnare. Niente di più.
Lo abbiamo visto con il mondo del lavoro che è tendenzialmente chiuso, mal retribuito e privo di garanzie. Diritti sempre meno, doveri sempre più e guai a protestare. Anzi, è favorita pure una mentalità di guerra tra poveri. Faccio un esempio pratico: il ragazzo che per necessità è costretto a friggere patatine per mantenersi guarderà dall’alto in basso il suo amico che ha preferito non farsi assumere al fast food e stringere cinghia fino al lavoro stagionale nei campi come raccoglitore. Il primo considererà il secondo, che ha voluto tenersi un lavoro meno pagato dove può almeno vedere il cielo, un “choosy” viziato senza spirito di sacrificio e coscienza del valore del lavoro. Il secondo, sapendo questi discorsi, inizierà a non vedere di buon occhio il primo, e quando il primo avrà bisogno di aiuto per un problema sul suo posto di lavoro, vedrete che il secondo non gli darà solidarietà, anzi, addirittura potrà dar ragione ai padroni della friggitoria per via dell’astio creatosi tra i due. E’ una cosa che ho visto, e vedo succedere spesso. In termini e situazioni anche variabili, ma la base è sempre la stessa: guerra tra poveri. Ci vuole poco a crearla.
Cosa vuol dire questa mentalità nel pratico ? Innanzitutto il cambio di priorità della vita del lavoratore salariato: la produzione maggiore, quindi il guadagno maggiore per l’azienda. Che in teoria lo porta a salire di livello, ma più generalmente gli dà solo la mezza garanzia di avere il contratto rinnovato ogni tre mesi. Quindi si hanno tempistiche di lavoro sempre più rapide, turni di lavoro sempre più lunghi, pause sempre più corte. Nel dettaglio dell’esempio che ho fatto prima, la conseguenza si vede osservando le braccia del ragazzo lavorante in friggitoria. Ustioni da olio bollente. Tante. Ma è il suo lavoro, vedrete che se in certi momenti magari si lascerà andare a qualche critica, generalmente le porterà come una medaglia, come “il segno del mio lavoro”. Un po’ come quei fieri “soldati” che portano le cicatrici di guerra di mafia e che erano pronti a morire per il guadagno del clan….
Ho portato un esempio che vede chiaramente dei giovani come protagonisti perché sono i giovani la massa preoccupantemente inquadrata sempre più in questa tendenza da servi, le generazioni precedenti hanno ancora, in linea di massima, una generale visione del mondo del lavoro un po’ più sbilanciata a favore degli interessi del lavoratore e non solo della produzione. Il problema è che il nuovo sostituisce il vecchio e di conseguenza questa nuova mentalità sta diventando egemone tra i lavoratori salariati. E persino tra i disoccupati.
Questo continuo bollettino di guerra dei morti sul lavoro rischia di divenire normalità, come sta già diventando normale farsi sfruttare per poter lavorare. Leggete i giornali, guardate i tg: sempre di morti sul lavoro si parla. Se questa china discendente continua, vuol dire che andremo a lavorare tutti i giorni con l’idea messa in conto di poter morire del nostro lavoro. Come i picciotti dei clan. E’ questa bestialità che davvero vogliamo come nostro futuro ?
In tutto ciò si vedono alcune resistenze a questa realtà che il sistema capitalista vorrebbe imporre. Resistenze che vengono da ambienti ritenuti generalmente feccia dalla maggiorparte dei benpensanti moralisti, e non solo.
Durante la partita di campionato Livorno – Pisa del 14 aprile la curva ospite pisana ha esposto uno striscione inerente una tragedia recentissima che ha colpito i portuali della città Labronica.
Un segno di resistenza popolare, di massa, a questo sistema. L’intelligenza di capire che non si può e non si deve andare avanti per questa strada. L’umanità di capire le tragedie dei “cugini”, peraltro calcisticamente da sempre rivali, creando solidarietà vera e non di costume.
Un segnale importante, sul fatto che nella società odierna, anche giovane, esistono ancora la Mente ed il Cuore.
FONTI
 

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