di Mauro Alboresi, segretario nazionale PCI
Ringrazio i promotori per l’invito a portare il saluto del PCI a questo “V°Forum Europeo sulla via cinese”, un’importante occasione di approfondimento, di confronto, relativamente ad una questione di assoluto rilievo, di crescente attualità. Parliamo infatti dell’oggi, soprattutto del domani.
Ho ascoltato con attenzione e vivo interesse le diverse relazioni succedutesi. Esse dicono tanto del processo che ha investito ed investe la Cina, dell’idea del mondo, del rapporto tra i diversi stati, tra i diversi popoli che essa promuove.
Il contesto internazionale con il quale si è chiamati a misurarsi, come noto, è sempre più complesso, problematico, aperto a molteplici sbocchi. Gli equilibri geopolitici conosciuti sono per tanta parte saltati, le politiche neo colonialiste, neo imperialiste sono sempre più evidenti, marcate. L’unilateralismo degli USA, che con l’elezione di Trump ha subito un’ulteriore accelerazione, esprime una politica estera sempre più condizionata da quel complesso industriale militare che è largamente rappresentato nel governo, sempre più aggressiva (la stessa questione dei dazi va oltre la mera dimensione economica dichiarata, ne è espressione). E’ pienamente parte di tale processo, di una tendenza alla guerra sempre più pericolosa, il ruolo crescente assunto dalla NATO, il suo espandersi ad est e nell’area del pacifico. L’Unione Europea è investita da una crisi profonda, che va ben oltre la questione rappresentata dalla Brexit. Il carattere essenzialmente finanziario, assai poco economico, per nulla sociale del processo di Unione Europea, infatti, fondato sul piano interno sulla moneta unica, sul mercantilismo tedesco ( centrato sulla deflazione salariale come leva per il recupero di competitività) e su quello esterno sul crescente militarismo, su di una politica sempre più interventista ed aggressiva, è sempre più rifiutato dai popoli che la compongono. Il peso delle politiche che ne discendono, infatti, attuate nel segno del liberismo e dell’austerità, prima e durante la crisi che ha investito l’Europa, ed ancora vigenti, hanno colpito duramente le condizioni degli stessi, dando fiato alle crescenti spinte generalmente definite populiste, sovraniste, nazionaliste, che pongono una seria ipoteca sulle prospettive della UE, sulla sua tenuta. Le elezioni del prossimo mese di Maggio diranno tanto al riguardo, registreranno un cambio di fase. Ciò porrà questioni inedite alla stessa Cina, da sempre per la stabilità dell’assetto internazionale, quindi dell’Unione Europea, dell’Euro zona. Credo si possa affermare che più che con una UE rafforzata, il rapporto dei paesi di altri continenti con l’Europa si articolerà sempre più sul piano bilaterale; l’auspicio è quello di un riequilibrio economico interno all’Euro zona in grado di contenere la stessa spinta egemonica della Germania.
Per il PCI, quindi, accanto ad un forte no alla NATO, si pone la questione di un altrettanto forte no all’Unione Europea ed all’Euro che ne è il collante, l’esigenza di un’altra Europa, ovviamente assai lontana da quella che propone la destra, e più in generale il bisogno di un diverso equilibrio internazionale rispetto a quello affermatosi, proposto. Crescente è quindi l’attenzione nei confronti di un grande paese come la Cina, che sotto la guida del Partito Comunista propone un diverso ordine mondiale, che rifiutando un modello politico centrato sulla finanza speculativa, sul militarismo, fortemente subordinato alle strategie di dominio degli USA, sia votato alla pace e si articoli sul piano della cooperazione politica, commerciale, finanziaria, e faccia leva sulla interconnessione, sull’innovazione, sul mutuo interesse, promuovendo un diffuso sviluppo e benessere. Ciò che serve è un diverso assetto geopolitico: multipolare, non unipolare. In tale direzione si pone la “nuova via della seta”, un grande progetto strategico, oltre la sua stessa dimensione, il suo coinvolgere tanti paesi, lo smuovere enormi masse di denaro. Con esso, infatti, la Cina prospetta la ridefinizione dei rapporti tra Asia ed Europa, e per come è articolato, coinvolgendo da subito anche l’Africa, aperto a molteplici ulteriori prospettive. Tale progetto non è volto a chiudere, ad isolare, a condizionare, come fu ad esempio il piano Marshall, al contrario esso si propone come una scelta contrapposta a quella occidentale degli ultimi decenni, volta ad includere, a coinvolgere. Una scelta che parte dalla Cina per andare oltre la Cina.
Noi guardiamo a tutto ciò con sempre maggiore attenzione, e riconduciamo tale approccio alle scelte operate dal PCC, alle quali con il 19° congresso si è dato ulteriore impulso, e siamo convinti che l’esperienza cinese stia fornendo elementi nuovi e di grande valore, per rispondere alla crisi strutturale nella quale versa il capitalismo, per la liberazione dei popoli, soprattutto per la transizione al socialismo, della cui attualità siamo sempre più convinti.