Ho Chi Minh il Rivoluzionario. Intervista ad Andrea Catone

Pubblichiamo un’intervista di Massimiliano Romanello, Segreteria Nazionale FGCI, ad Andrea Catone, direttore della rivista MarxVentuno e recentemente curatore, assieme ad Alessia Franco, del libro “Ho Chi Minh, Patriottismo e internazionalismo, Scritti e discorsi 1919-1969”

MR. Ho Chi Minh è stato un rivoluzionario ed un grande teorico del pensiero comunista, simbolo di un’intera generazione, quella che ha vissuto e combattuto la guerra del Vietnam, e simbolo allo stesso tempo della lotta antimperialista di ogni epoca. Con che parole possiamo riassumere il suo originale contributo nella storia del movimento comunista internazionale?

AC – Dici bene quando parli di originale contributo al movimento comunista internazionale. Se guardiamo alla storia del XX secolo la figura di Ho Chi Minh si staglia come una delle più limpide e significative. Egli riassume in sé la determinazione incrollabile – con una straordinaria coscienza del fine, una eccezionale forza morale – verso l’obiettivo della liberazione del popolo vietnamita; è stato il simbolo della resistenza e lotta per una causa giusta, il suo esempio ha trascinato verso gli ideali del comunismo un’intera generazione, la “generazione del Vietnam”, di giovani che negli anni 60-70 in Italia e in tutti i paesi dell’Occidente, dagli USA al Regno Unito, videro nella resistenza vietnamita la possibilità di combattere e vincere un nemico strapotente che quotidianamente bombardava dal cielo il territorio del Vietnam con bombe micidiali.

Questa straordinaria capacità di resistere, combattere e vincere non cade dal cielo, ma è stata forgiata dal partito comunista del Vietnam e dalla persona che maggiormente ne incarnava gli ideali e la politica. Ho Chi Minh e il partito hanno educato il popolo vietnamita, hanno compiuto una straordinaria azione pedagogica di massa, hanno saputo parlare al cuore e alla mente del popolo, lo hanno trasformato – potremmo dire con le parole di Gramsci – da subalterno a egemone. Ho Chi Minh era un capo che sapeva ascoltare e sapeva parlare al popolo. Senza questa straordinaria azione di educazione del popolo, di “costruzione” del popolo, la grandiosa resistenza vietnamita al colonialismo francese e all’imperialismo americano sarebbe impensabile. Il marxismo-leninismo di Ho Chi Minh non è un marxismo dogmatico. Come Mao applica il marxismo-leninismo alle condizioni storico-concrete della Cina, lo “traduce” cioè in caratteri cinesi, così il grande dirigente vietnamita traduce in caratteri vietnamiti l’insegnamento di Marx e Lenin, lo innesta nella storia e nella cultura annamite, trovando la strada autonoma per la liberazione nazionale.

Se proviamo a tracciare un bilancio storico del movimento comunista nel XX secolo, dobbiamo rilevare nel pensiero e nell’azione politica di Ho Chi Minh un’altra direttrice fondamentale e importantissima, ieri come oggi, per il successo e l’azione dei comunisti: la costante ricerca e lotta per l’unità, sia del suo popolo – con la politica del fronte unito – sia del movimento comunista internazionale. Egli fu in sommo grado teorico e tessitore dell’unità del popolo nella resistenza antimperialista. L’unità, come ribadisce in numerosi interventi, è la forza principale del popolo che grazie ad essa coglierà la vittoria. “La rivoluzione e la resistenza sono state vittoriose grazie alla stretta unità del nostro popolo, al suo grande entusiasmo, alla sua ferma convinzione nel conseguimento della vittoria e all’estrema perseveranza nella lotta”[1]. “L’unità è la nostra forza invincibile. Per poter consolidare il Nord in una solida base per la lotta per la riunificazione del nostro Paese, tutto il nostro popolo dovrebbe essere strettamente e diffusamente unito sulla base dell’alleanza tra i lavoratori e i contadini del Fronte patriottico del Vietnam”[2].

Egli riesce a costruire l’unità del popolo attraverso il fronte unito. Tanto è determinato e inflessibile nel mantenere dritta la barra della meta da raggiungere, la liberazione dalla dominazione coloniale e semicoloniale, l’indipendenza dell’intero Vietnam unificato, tanto è flessibile nella costruzione di un fronte unito del popolo viet, al punto da sacrificare provvisoriamente per la costruzione dell’unità la stessa presenza formale del partito comunista indocinese, che nel novembre 1945 si scioglie dando indicazione ai suoi membri di dedicarsi all’unità nazionale all’interno del fronte Viet Minh. Ho Chi Minh ha rappresentato la figura più fulgida, il punto di riferimento fermo e netto per l’unità del popolo. È pienamente consapevole che la forza principale per vincere un nemico così grande e potente come è l’imperialismo USA, prima delle armi è l’unità del popolo.

Le potenze coloniali e imperialiste hanno sempre consapevolmente operato per dividere le popolazioni delle colonie, creando una casta di quisling, manovrando per accentuare le divisioni. Il divide et impera ha caratterizzato il dominio coloniale e l’intervento imperialista. Sin dalle prime esperienze politiche in Francia – la Parigi del primo dopoguerra è stata la fucina in cui si è forgiato il suo pensiero politico – il giovane patriota vietnamita opera per l’unità dei popoli coloniali e per l’unità tra essi e i lavoratori della metropoli. È l’interessantissima esperienza di un foglio di agitazione e propaganda rivolto ai popoli coloniali, “Le Paria”, in cui si denunciano soprusi e angherie, l’ipocrisia dei colonizzatori, si smaschera la loro pretesa civiltà, dall’Indocina al Senegal, dal Marocco all’Algeria, fino a denunciare la segregazione razziale negli USA.

La straordinaria intuizione di Lenin e del manifesto della III Internazionale di costruire un fronte unito del proletariato delle metropoli con i popoli delle colonie e semicolonie viene messa originalmente in pratica dal lavoro di Ho Chi Minh per mobilitare i popoli delle colonie, per trovare un filo rosso comune contro il comune nemico colonialista, in una lotta per l’indipendenza che sino ad allora era la lotta di ogni singolo popolo. Ho Chi Minh sviluppa la grande lezione di Lenin.

La pratica politica di Ho Chi Minh è guidata dal faro della costruzione dell’unità. Ciò non significa ignorare le differenze e le divergenze e immaginare un mondo idealizzato privo di contraddizioni. Ma egli cerca di operare salvaguardando il bene prezioso dell’unità, evitando, finché è possibile, rotture traumatiche e definitive, puntando a cogliere gli elementi di unione piuttosto che quelli di divisione. Egli è radicalissimo, fermissimo e inflessibile, e, al contempo, “moderato”. Questa tensione all’unità di Ho Chi Minh rappresenta un esempio e un patrimonio straordinario per il movimento comunista, estremamente attuale per noi, per i comunisti in Italia, che sono oggi frammentati e divisi, sostanzialmente ininfluenti nella storia politica del nostro paese.

MR – Come uomo politico Ho Chi Minh ha rivolto grande attenzione alla formazione e all’organizzazione dei giovani. In molti suoi scritti c’è un esplicito riferimento alle nuove generazioni di comunisti. Ad oggi, cosa possiamo trarre dal suo insegnamento?

AC – Come ogni grande rivoluzionario che pensa strategicamente, Ho Chi Minh pensa al futuro, alle giovani generazioni, ha un’idea forte della storia, sa che se si vuole costruire un paese occorre saper trasmettere alle giovani generazioni gli strumenti e la competenza per mantenere e sviluppare le conquiste che esse ereditano dai padri. La formazione comunista e rivoluzionaria delle giovani generazioni è un assillo, un compito non passeggero ma permanente che egli si pone nel corso di tutta la sua vita di rivoluzionario. Parliamo di formazione, non di mero insegnamento di alcune nozioni. Formazione significa forgiare menti e cuori, e per far ciò non basta l’intelletto, occorre una grande forza morale. Di qui l’importanza che Ho Chi Minh attribuisce alla morale rivoluzionaria, cui fa sempre riferimento e cui dedica nel 1958 uno scritto relativamente ampio[3]. Lo studio è fondamentale – e in taluni discorsi egli cita le parole del Lenin di “Meglio meno, ma meglio” (1923): “dobbiamo a ogni costo porci il compito, in primo luogo, di imparare; in secondo luogo, di imparare; in terzo luogo, di imparare, e poi di controllare ciò che si è imparato affinché la scienza non rimanga lettera morta o frase alla moda”. Ma lo studio deve accompagnarsi con la saldezza dei principi, con la bussola dell’azione morale, con la critica pratica dell’individualismo. Nell’ottobre 1968, nella “Lettera in occasione del nuovo anno scolastico”, uno dei suoi ultimi scritti, egli sprona insegnanti e studenti a “rafforzare costantemente il loro amore per la patria e per il socialismo, nutrire sentimenti rivoluzionari verso gli operai e i contadini, mostrare assoluta lealtà per la causa rivoluzionaria […] Sulla base di una buona istruzione politica e ideologica, dovreste provare a elevare i livelli dell’istruzione culturale e tecnica al fine di fornire soluzioni concrete ai problemi posti dalla nostra rivoluzione e, in un futuro non troppo lontano, scalare le alte vette della scienza e della tecnologia […] lavorare congiuntamente per migliorare l’organizzazione e la gestione della vita materiale e spirituale nelle scuole, e per assicurare la salute e una maggiore sicurezza per tutti […] L’educazione è il lavoro delle masse. La democrazia socialista dovrebbe svilupparsi pienamente. Tra i docenti, tra docenti e studenti, tra gli studenti, tra i quadri di vario livello, tra le scuole e la popolazione dovrebbero regnare ottimi rapporti e una stretta unità […] L’educazione è un mezzo per addestrare chi porti avanti la grande causa rivoluzionaria del nostro partito e del nostro popolo”[4].

MR – Nel Novecento, con la decolonizzazione, il marxismo è stato lo strumento teorico che ha permesso alle classi dirigenti e ai popoli del terzo mondo di intraprendere le loro lotte di liberazione nazionale. Nell’elaborazione fatta da Ho Chi Minh, una peculiare importanza assume lo studio e la definizione di un chiaro nesso tra questione nazionale e internazionalismo. Quali sono gli elementi fondamentali, in una prospettiva marxista, che definiscono questo nesso?

Ho già accennato all’importanza di Lenin nella formazione politica del giovane Nguyen Ai Quoc, alias Ho Chi Minh. Come egli scrive in un articolo pubblicato nel 1960 dalla “Pravda”, il leninismo fu per lui la scoperta dell’unità della lotta di liberazione dei popoli colonizzati con quella della classe operaia dei paesi capitalistici, delle metropoli. Credo che non si insisterà mai abbastanza sulla straordinaria importanza storica dell’intuizione di Lenin, che amplia lo slogan con cui si conclude il Manifesto di Marx ed Engelsdel 1848: da “Proletari di tutti i paesi unitevi!” in quello di “Proletari e popoli oppressi di tutto il mondo unitevi!”. Alla base di esso vi è l’analisi leniniana dell’imperialismo, il nuovo, superiore stadio del capitalismo, nel quale siamo tuttora. Con la III Internazionale il movimento operaio diviene veramente universale su scala mondiale. Ma nel momento in cui poniamo i popoli oppressi accanto ai proletari, nel momento in cui proponiamo l’alleanza di proletari e popoli, noi riscopriamo in qualche modo una questione nazionale su cui per ragioni storiche, guardando in primo luogo alla costruzione di un movimento operaio internazionale, il Manifesto del 1848 non si soffermava. L’analisi leniniana dell’imperialismo permette di cogliere la necessità dell’unità di proletari e popoli oppressi e di sviluppare le tesi per la liberazione nazionale. Lenin scrive nei primi anni Venti dell’avanzata nella lotta di emancipazione dell’“Oriente” – inteso non solo in senso geografico, ma, contrapposto all’Occidente, assunto come metafora dei Paesi sottoposti all’aggressione imperialista. E insieme con Stalin, autore di un importante saggio sul marxismo e la questione nazionale e coloniale, coglie in pieno la questione della liberazione e indipendenza nazionale. Nella visione leniniana la lotta di liberazione nazionale si configura come una forma di lotta di classe contro le potenze imperialiste, la permanenza delle quali impedisce il passaggio al socialismo. Il principale apporto teorico del leninismo è nell’analisi dell’imperialismo. Sulla base di tale analisi si fonda tanto la strategia della rivoluzione bolscevica che le rivoluzioni nazionali e anticoloniali. La liberazione del proprio paese, il raggiungimento e mantenimento dell’indipendenza nazionale costituiscono il compito principale dei comunisti nei paesi coloniali e semicoloniali.

Dal Vietnam a Cuba. i comunisti si definiscono orgogliosamente “patrioti”. E in difesa dell’URSS invasa nel 1941 dalle orde naziste Stalin chiamò alla “grande guerra patriottica”. Al contempo – e qui è la differenza radicale rispetto ai nazionalisti o ai “sovranisti” – i comunisti non dimenticano mai di essere l’espressione della classe di riferimento, del proletariato, della classe operaia, degli sfruttati dal capitale. La lotta per l’indipendenza nazionale in quanto lotta antimperialista è lotta di classe anticapitalista: indebolire il fronte imperialista consente l’avanzata delle forze della rivoluzione mondiale. Il patriottismo dei comunisti non può mai essere nazionalismo prevaricatore dei diritti di altri popoli, non può mai essere nazionalismo oppressore e di rapina, non può mai esaltare la propria nazione sopra ogni cosa e sopra tutti. Per questo il patriottismo dei comunisti si lega indissolubilmente con l’internazionalismo proletario, come scrive Ho Chi Minh in alcuni suoi importanti testi. Il fronte internazionale dei popoli e del proletariato si batte per l’indipendenza nazionale dei popoli. Quando questa unità di patriottismo e internazionalismo si è realizzata, il percorso di emancipazione dell’umanità ha fatto grandi passi avanti; quando è venuto meno, c’è stata regressione nell’egoismo nazionale e subalternità del proletariato alla borghesia imperialista. Per questo ritengo che oggi, in mutate condizioni, ma nell’età dell’imperialismo in cui siamo pienamente collocati, i comunisti debbano farsi promotori di un progetto strategico di emancipazione pienamente autonomo – e non subalterno, come si manifesta oggi in taluni casi, a posizioni “sovraniste” – tenendo saldamente la bussola dell’unità inscindibile di patriottismo e internazionalismo proletario.

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[1] Ho Chi Minh, Patriottismo e internazionalismo. Scritti e discorsi 1919-1969, MarxVentuno edizioni, Bari, 2019, p. 378.

[2] Ivi, p. 384.

[3] Ivi, pp. 358-396.

[4]

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