di Nunzia Augeri
Lo scorso 13 ottobre in Polonia si sono svolte le elezioni politiche per la Camera dei deputati e per il Senato. ll PiS è stato riconfermato come primo partito del paese; il partito Diritto e Giustizia, il cui leader è Jaroslaw Kaczinski, regge dal 2015 il governo e ha spinto la Polonia verso quella “democrazia illiberale” che orgogliosamente condivide con il collega Viktor Orban, ungherese.
Il PiS ha avuto il 43,6% dei voti, una percentuale ben maggiore del principale oppositore, la Coalizione Civica, un partito di centro che ha governato il paese dal 2007 al 2015 ma che ha raccolto solo il 27,4% dei voti. Molto più indietro la sinistra e il partito agrario: in termini di seggi, alla Camera dei deputati, il Sejm formato da 460 seggi, il Pis dispone di 235 seggi, la Coalizione Civica di 134, la sinistra di 49 e gli agrari di 30. Al Senato, su 100 seggi, il PiS ne ha 48, la Coalizione Civica 43, la sinistra 2 e gli agrari 3.
La vittoria del PiS ha ragioni ben precise. Da una parte, il PiS ha raccolto lo scontento e i timori di quella parte della popolazione che vive fuori dalle grandi città e che è rimasta ai margini dello sviluppo economico e sociale verificatosi dopo il 1989. Ma anche la classe media delle città negli ultimi anni è stata grandemente avvantaggiata dal forte sviluppo economico, che l’anno scorso ha prodotto un aumento del PIL del 5,1%, grazie agli investimenti effettuati da grandi imprese, soprattutto tedesche, che si sono delocalizzate in Polonia, attirate dai bassi salari e dalla presenza di lavoratori qualificati, e grazie all’aumento dei consumi interni. Secondo le previsioni, quest’anno si chiuderà con un aumento del PIL del 4,4%.
Questi risultati, uniti al forte aiuto dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea, hanno permesso a Kaczinski una politica di welfare estremamente favorevole alle famiglie e una politica fiscale molto blanda. Infatti il programma 500+ che prevedeva una somma di 500 zloty per ogni figlio dopo il primo, è stato ampliato a comprendere anche il primo figlio; l’età pensionistica è scesa da 67 a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, e le medicine sono gratuite per i maggiori di 75 anni; poco prima delle elezioni l’imposta sul reddito è stata ridotta dal 18 al 17% e sono stati esonerati i redditi dei minori di 26 anni; e infine Kaczinski ha promesso addirittura il raddoppio del salario minimo, in caso di vittoria elettorale. La disoccupazione poi è al 3,3%, una delle quote più basse in Europa. Tutte queste misure hanno dato un immediato ritorno elettorale a favore del PiS di Kaczisnki.
Per far vivere un governo di tipo autoritario, è necessario creare un nemico: se nelle elezioni precedenti, nel 2015, il “nemico” contro cui indirizzare le paure e cui attribuire ogni colpa era stato individuato negli immigrati musulmani provenienti dal Medio Oriente, per queste elezioni è stato invece agitato lo spauracchio della “radicale distruzione dell’ordine morale e culturale del paese”, secondo le parole di Kaczinski. Distruzione che sarebbe provocata dall’attacco contro la famiglia tradizionale, condotto da coloro che appoggiano il matrimonio fra persone dello stesso sesso, l’aborto legale e l’adozione da parte di coppie omosessuali. In questa “crociata” Kaczinski ha avuto l’appoggio incondizionato della Chiesa cattolica, che in Polonia detiene un saldo potere derivante dalla tradizione storica. Gli attivisti gay all’inizio di quest’anno hanno formato un partito, Wiosna (primavera), per rivendicare i loro diritti, ma con scarsa fortuna dato che hanno contro i tre quarti della popolazione: un tentativo di manifestazione tipo gay-pride a Byalistok, il 20 luglio scorso, è stata attaccata con lancio di pietre, bottiglie e petardi. Neppure la Coalizione Civica si è sentita di appoggiarli, tanta è l’ostilità della popolazione, attizzata da una diffusa retorica omofoba.
La vittoria con il 43,6% dei voti non ha però lasciato soddisfatto Kaczinski: infatti si intravvedono dei pericoli derivanti sia da destra che dal centro. Da destra, è nato un nuovo partito, la Konfederacja, un’alleanza euroscettica di movimenti nazionalisti, che ha avuto il 6,8% dei voti e ben 12 seggi al Sejm. Il fatto che più preoccupa è il grande successo che il partito ha riscosso fra i giovani: infatti è stato votato da ben il 20% degli elettori nella fascia di età dai 18 ai 29 anni. Un campanello d’allarme per l’ideologia rigorosamente conservatrice di Kaczinski e della Chiesa cattolica.
Dal centro, la Coalizione Civica risulta svantaggiata per il fatto di non avere un grande leader dotato di carisma e popolarità; ma prossimamente lascerà l’ufficio europeo Donald Tusk, attuale Presidente del Consiglio Europeo, che fu primo ministro della Polonia dal 2007 al 2014. Potrebbe essere lui la personalità in grado di prendere le redini del partito e portarlo avanti verso maggiori fortune, a danno del PiS. Tusk per ora non ha ancora rivelato le sue intenzioni, che saranno probabilmente determinate dal risultato delle scorse elezioni.
Tutti i protagonisti della politica polacca, ma Kaczinski in primo luogo, devono poi prendere in considerazione le ombre che cominciano a planare sull’economia: per l’anno prossimo è previsto un calo del PIL al 3.6%, il che può comportare qualche difficoltà nel coprire i costi della politica di welfare. Infatti i generosi sussidi europei, finora affluiti largamente, subiranno una riduzione per via dell’uscita della Gran Bretagna, che farà mancare i 12 miliardi di euro con cui contribuiva alle casse dell’Unione Europea. Inoltre si ridurrà anche il gettito delle rimesse dall’estero provenienti dai lavoratori emigrati: infatti quindici anni fa, quando i paesi dell’Est furono ammessi in Europa circa il 9% della popolazione polacca è emigrata, soprattutto in Germania dove peraltro l’economia sta subendo una battuta d’arresto.
Il rallentamento dell’economia tedesca è un ulteriore elemento che inciderà notevolmente sull’economia dei paesi di Visegrad, sia perché le loro esportazioni sono dirette principalmente verso la Germania, sia perché le grandi imprese tedesche congeleranno gli investimenti previsti per l’Est. Infine, dopo il periodo di grande sviluppo degli ultimi quindici anni, l’economia è destinata a rallentare per via dello scarso investimento nella ricerca, che per la Polonia ammonta solo all’1% del PIL, contro il 2% della media europea, e al 3% circa che vi dedicano i paesi nordici e la Germania (l’Italia fa una pessima figura con l’1,38%). Ultimo elemento che favorisce il rallentamento dell’economia è la scarsità di manodopera a tutti i livelli, perfino nell’edilizia: la Polonia di Kaczinski tenta di ovviarvi con una politica demografica interna tesa a favorire le nascite, ma questa soluzione prevede il lungo termine; più facile sarebbe favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, ma questo si scontra con l’ideologia conservatrice del PiS che per le donne prevede un ruolo di “angelo del focolare”. Gli immigrati dall’Ucraina, che sono affluiti in gran numero nel paese negli anni scorsi, pure non sono ben visti e preferiscono spostarsi verso la Germania, dove le condizioni di lavoro sono migliori. Tagliare i costi amministrativi e migliorare il gettito delle imposte, pur avendole diminuite, sarà un compito non facile per il prossimo quadriennio.
Un aiuto politico al governo di Kaczinski è venuto dagli Stati Uniti: il presidente Trump l’estate scorsa ha infatti disposto l’invio in Polonia di 1000 uomini delle forze armate, che raggiungono gli altri 4.500 già stanziati nel paese. Cinque anni fa, le truppe americane di stanza in Polonia potevano stare in un autobus. Il 23 settembre scorso un incontro fra Trump e il presidente polacco Duda ha sancito l’accordo e la destinazione precisa delle truppe. L’operazione è sostenuta finanziariamente dalla Polonia, che ha messo a disposizione 11 miliardi di dollari per l’acquisto di aerei F-35, lanciamissili e altri sistemi di armamento. Non solo la Polonia è uno dei pochi paesi dell’UE che usa il 2% del PIL per la difesa, secondo le indicazioni della NATO, ma ha intenzione di alzare la quota al 2,5%. Le truppe americane poi sono schierate a est, presso i confini con la Russia, cosicché un’eventuale azione bellica russa comporterebbe subito l’uccisione di soldati americani, dando luogo immediatamente a uno scontro con la potenza globale. Ma a parte questo improbabile scenario, le truppe sono utili per tenere sotto controllo la confinante Ucraina.
Kaczinski è stato quindi autorizzato a proseguire il suo cammino come difensore dei valori eterni della Polonia, contro il laicismo e l’immoralità del resto d’Europa: per altri quattro anni il paese avrà un governo conservatore, appoggiato da una Chiesa cattolica tradizionalista e sostenuto dalle armi americane, con un regime autoritario teso a subordinare sia il potere legislativo che quello giudiziario, e a stringere il bavaglio sulla stampa, sulla televisione e sui nuovi mezzi di comunicazione di massa: una democrazia mutilata, che fa salvo soltanto il feticcio delle elezioni popolari. Il futuro dirà dove porterà questo cammino.