NOTA SULLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DELLA SEGRETERIA NAZIONALE

Cosa ci dice il voto.

L’esito del voto del 3 e 4 Ottobre, al netto dei previsti ballottaggi inerenti le città di Torino, Roma e Trieste, si presta a molteplici considerazioni di carattere generale e particolare, sulle quali occorrerà ritornare.

Ciò che colpisce è innanzitutto il tasso di astensionismo, che si attesta attorno al  50%, un dato che non può non fare riflettere, e che rinvia a molti dei processi via via affermatisi nel nostro Paese in merito alla questione della rappresentanza e della rappresentatività, più in generale a quella della democrazia formale e sostanziale.

E’ un dato di fatto che il voto, certificando il progressivo declino del Movimento 5 Stelle, che a suo tempo si era imposto quale terzo polo, spinge in direzione del rilancio del bipolarismo, che la stessa esperienza del governo Draghi dimostra essere largamente sovrapponibile, intercambiabile, e perciò funzionale al processo di gestione del potere entro le coordinate date, che rispondono agli interessi delle élite finanziarie ed economiche. 

Gli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra, mai così ampi ed articolati sul piano della forma, mai così vicini sul piano delle proposte formulate, fatti oggetto di riequilibri più o meno marcati al proprio interno, si sono divisi la posta.

Poco o nulla è rimasto alla sinistra di classe, di alternativa, che conferma la propria marginalità e l’essere assai lontana dal superamento di una crisi che viene da lontano e che ha ragioni precise.

Il dato riferito a tale realtà è assolutamente insoddisfacente.

Essa continua a non essere percepita da tanta parte dell’elettorato come la necessaria alternativa,

nonostante la gravità della situazione data, soprattutto per i ceti popolari, per il mondo del lavoro, che non possono certo trovare le necessarie risposte ai propri bisogni dalle forze politiche che si ritrovano ad appoggiare il governo Draghi, a garantire il quadro di compatibilità  per il quale esso è in campo.

E’ un dato di fatto che nessuna delle formule attraverso le quali la sinistra di classe, di alternativa si è presentata al voto, è risultata tale da potersi proporre indiscutibilmente come modello, così come nessuna delle forze politiche che la compongono esce dallo stesso potendo proporsi come “vincente”.

Certamente, come da più parti sottolineato, non ha aiutato al raggiungimento di un diverso risultato elettorale  la frammentazione con la quale in diversi contesti essa si è presentata all’elettorato, e ciò rinvia alla questione dell’unità a sinistra.

E’ un dato di fatto che il PCI ha ricercato la massima unità possibile, a partire dai contenuti, con tutte le soggettività presenti nel cosiddetto campo largo della sinistra di classe, di alternativa, misurandosi con le diverse culture politiche in campo, con le scelte compiute da ognuna di esse.

In diversi casi ciò è stato possibile, emblematico il caso di Torino, in altri, come nel caso di Roma, purtroppo no.

Il PCI ha affrontato la scadenza elettorale con grande determinazione, ed è riuscito a presentarsi, con il proprio simbolo, da solo o come parte di liste e/o alleanze con altri, in 24 comuni, dei quali 16 sopra i 15000 abitanti, nonché in tanti altri comuni come componente di liste composite.

I risultati raggiunti, pur complessivamente al di sotto delle aspettative, si evidenziano in diversi casi, in particolare nei piccoli comuni, significativi, incoraggianti.

Di certo essi sono riconducibili all’impegno profuso dalle compagne e dai compagni, al loro generoso sforzo a sostegno di una proposta e di un progetto politico, quello della ricostruzione del PCI, che nei cinque anni trascorsi dal suo lancio, continua a segnare piccoli ma significativi avanzamenti.

Un progetto che non ha alternative credibili, e che il partito persegue con grande determinazione, unitamente alla ricerca delle forme e delle modalità per fare avanzare la massima unità possibile tra le forze della sinistra di classe, di alternativa, nel rispetto dell’autonomia politica ed organizzativa delle sue diverse componenti, come testimoniano le proposte dallo stesso avanzate, le esperienze dallo stesso promosse, delle quali è stato ed è parte.

                                                              La Segreteria Nazionale del PCI

7 Comments

  1. Antonio Pisa

    Ritengo, che il risultato elettorale, sia lo specchio dell’impegno politico profuso lontano dalle elezioni.

  2. Emilio

    Occorre un unico soggetto politico che sommi almeno i punti in comune tra le varie formazioni oggi esistenti.
    Solo su questa base comune sarà possibile incidere politicamente nella vita sociale del Paese.

  3. yuri

    È un eufemismo affermare che la sinistra di classe continua a non essere percepita da tanta parte dell’elettorato come la necessaria alternativa. Diciamo pure che, al netto degli affezionati, non viene proprio presa in considerazione, ma d’altronde come potrebbe esserlo? Apro la scheda e vedo almeno quattro falce e martello e penso a quanto sia infantile questa frammentazione.

  4. Michele Tribuzio

    Unità, per favore.

  5. Gianfranco

    Solo se tutti i soggetti che si richiamano al Comunismo e Socialismo e che mettono da parte il personalismo e si comportano in sostegno degli sfruttati di questa Società,possono trovare unità e organizzazione,per difendere la sostanza della nostra Costituzione. Uniamoci,se non ora ,quando?

  6. Leonardo Bertolucci

    Salve a tutti,
    A mio avviso è fondamentale disfarci totalmente del pregiudizio ideologico che da sempre ci attanaglia. Maoisti? Trotskisti? Stalinisti? BASTA. Siamo sempre pronti a dividerci per le differenze e mai ad unirci per le cose che ci accomunano che invece sono TANTE!

  7. Mario Raimondi

    In queste elezioni ho notato un atteggiamento trionfalistico del PD (Partito Democristiano, basta guardare chi sta ai suoi vertici) del tutto fuori luogo. Tanta gente che ha votato PD e collegati lo ha fatto per il terrore di ritrovarsi ad amministrare la propria città personaggi seguaci dell’accoppiata nefasta Meloni-Salvini. Hanno scelto il male minore, il PD appunto, non certo la linea politica Draghidipendente da esso perseguita. IL PD non ha vinto un accidente !!!, è la destra che ha perso perchè in Italia ci sono ancora tante persone con la testa sulle spalle (nonostante quello che tentano di farci credere televisioni, “social” e giornaloni)
    Molte persone hanno deciso di non presentarsi ai seggi sperando che il messaggio dell’astensione inducesse a renderci conto che siamo in tanti schifati dai partiti oggi dominanti, tuttavia non troviamo in una Sinistrina affarfugliata nessun messaggio convincente.
    Ho 67 anni, mi iscrissi al PCI che ne avevo 13 (14 li avrei compiuti in corso d’anno) e in tutto questo tempo ho visto troppi “compagni” cercare in ogni modo di fare carriera lasciando per strada gli ideali e il senso della vergogna (io credo di essere stato il più coglione a non approfittare delle occasioni che ho avuto). Penso sia questo il “problema della sinistra”, più il partito è piccolo più è facile fare carriera.
    Tuttavia non sarebbe complesso mettere insieme un programma con una decina di punti fermi sensati, che possano convincere anche quelli come me, su cui TUTTA la sinistra potrebbe unirsi senza compromessi e un esagerato numero di “secondo me”.
    La domanda che mi pongo è: ne siamo capaci? Temo purtroppo di no.
    Fraterni saluti.

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