Il PCI si oppone al nuovo codice degli appalti

Giorgio Langella – Resp. Nazionale Dipartimento Lavoro PCI

Di fronte al nuovo codice degli appalti licenziato dal Consiglio dei Ministri non si può che opporsi nella maniera più ferma e decisa.

Vengono cancellate le regole più elementari riguardo la trasparenza e la correttezza degli appalti. Tutto in nome di una ipotetica velocizzazione degli iter burocratici. Una “sburocratizzazione” miope che diventerà ancora più di adesso un “incentivo a delinquere” (prendiamo volutamente in prestito un concetto espresso dal cardinale Zuppi presidente della CEI).

Ci dicono che il codice afferma il “principio della fiducia” reciproca nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici e così si permettono gli affidamenti diretti fino a centinaia di migliaia di euro e si lascia la discrezionalità in mano alla pubblica amministrazione che potrà escludere le imprese dagli appalti. Non solo, si permettono i subappalti a cascata senza limitazioni percentuali per il ricorso al subappalto. Insomma vengono depotenziate le regole e i controlli che contribuivano a limitare corruzione e favoritismi e che, soprattutto per quanto riguarda i subappalti, potevano contrastare quella mancanza di sicurezza che ogni anno provoca centinaia di vittime.

Una “deregulation” pericolosa che ha portato Giuseppe Busia, presidente dell’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), ad affermare “Nei piccoli comuni conteranno relazioni e parentele” e che ha fatto scrivere a Carlo Soricelli, curatore dell’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro, “I cantieri saranno impregnati ancora di più del sangue dei lavoratori, già oggi un morto sui luoghi di lavoro su quattro è in edilizia con il Codice Salvini che toglie praticamente i controlli sui subappalti assisteremo a un ulteriore bagno di sangue.”

Non si può restare inerti e indifferenti in attesa di qualcosa che possa cambiare una situazione che peggiora di giorno in giorno. Il governo Meloni si sta distinguendo ancor più dei precedenti come un governo che favorisce il profitto d’impresa a scapito di chi lavora. La cancellazione di fatto delle gare di appalto (di loro resterà una percentuale ridicola di pochi punti percentuali rispetto al totale) va nella direzione di azzerare qualsiasi residuo ruolo del Pubblico nello sviluppo del paese.

Bisogna avere ancora la forza di indignarsi e fermare la deriva oligarchica e, di fatto, autoritaria che viene imposta al paese e che, con il nuovo codice degli appalti, segna una ulteriore tappa verso lo smantellamento delle regole costituzionali.

Il PCI accoglie con favore e sostiene la mobilitazione nazionale degli edili CGIL e UIL indetta per il primo aprile con le manifestazioni che si terranno a Torino, Roma, Napoli, Cagliari e Palermo.

Per poter cambiare i rapporti di forza tra capitale e lavoro a favore delle lavoratrici e dei lavoratori la pratica della concertazione è stata inadeguata e dannosa. È necessario promuovere il conflitto e lottare.

Il PCI vuole ritenere che la mobilitazione del primo aprile, che vede l’assenza della CISL, sia da considerarsi solo uno dei primi passi verso la costituzione di un movimento ampio, unitario e conflittuale che possa realmente riportare chi vive del proprio lavoro ad essere protagonista dello sviluppo democratico e sociale del nostro paese.

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