Non è incredulità quella che proviamo nell’ascoltare le parole del Presidente del Senato Ignazio La Russa

Roberta Coletta – Segretaria sez. Tina Modotti Ancona

Il continuo attacco a verità storiche, a valori fondanti la Repubblica, a figure eroiche della Resistenza da parte di esponenti della destra parlamentare italiana ed europea non comincia certo dal giorno dell’insediamento del Governo Meloni ad autunno 2022, ma si è particolarmente intensificato da molti anni prima, da quando, cioè, in occasione della campagna elettorale per le elezioni legislative del 1994, il candidato della coalizione di centrodestra Silvio Berlusconi aprì le porte della propria alleanza agli esponenti di Alleanza Nazionale, compiendo il famoso “sdoganamento” i cui effetti sono per l’appunto oggi compiuti.

Da quasi trent’anni, quindi, non passa settimana senza che un ex missino o un suo alleato non si spenda con frasi denigratorie nei confronti della Storia o, al contrario, con proclami celebrativi delle figure più oscure del Ventennio, come quando lo stesso Berlusconi, intervistato da una testata estera nel 2003, dichiarò che il confino di polizia era una vacanza per gli oppositori al fascismo e che Mussolini non aveva comunque mai ammazzato nessuno (salvo poi, giorni dopo, riferire che quelle parole gli erano uscite di bocca solo perché nel corso dell’intervista aveva bevuto troppo champagne); o quando Antonio Tajani, nel 2019 presidente del Parlamento europeo, ritenne di esternare la famigerata frase secondo cui “Mussolini ha fatto anche cose buone” e, nei giorni successivi a tale dichiarazione dovette anch’egli tentare di correggere il tiro; seppure di poco per non perdere i favori degli alleati più a destra di lui.

Non proviamo, dunque, stupore per certe parole, forse anche pronunciate per fare rumore giornalistico o per distrarre mediaticamente da questioni più complesse, ma siamo ben consapevoli di quanto l’evoluzione di quello “sdoganamento” sia ormai giunta a una fase di normalizzazione, di cui l’orrenda risoluzione del 2019 del Parlamento europeo che equipara nazismo e comunismo rappresenta la massima e simbolica espressione ed entro la quale una presidente del Consiglio può permettersi di usare impunemente aggettivi neutri e storicamente falsi in merito alla strage delle Fosse Ardeatine.

Mistificare la storia come hanno fatto Meloni e La Russa in questi giorni senza che l’opinione pubblica reagisca è dunque oggi possibile, ma i comunisti non consentiranno mai che si sedimentino definitivamente nell’alveo del luogo comune tutte le menzogne sull’attacco di via Rasella del 24 marzo 1944 a Roma; cogliamo dunque l’occasione per ribattere ad ognuna delle menzogne diffuse scientemente dai fascisti e dai nazisti già a partire dalle ore successive ai fatti:

  • “A Roma furono diffusi manifesti che invitavano gli attentatori a consegnarsi”: falso! Non ci fu alcuna affissione precedente al massacro, perché Hitler stesso ordinò al comando militare tedesco in Italia di uccidere entro le 24 ore 10 italiani per ogni soldato tedesco ucciso;
  • I soldati nazisti uccisi erano altoatesini, “quindi l’attentato sarebbe stato di italiani contro connazionali”: falso, l’Alto Adige dopo l’8 settembre  era parte del Reich;
  • I soldati tedeschi del Regiment Bozen uccisi “erano inoffensivi in quanto anziani” e in quanto nel passare per la città erano soliti cantare: falso! Il camerata più vecchio aveva 42 anni e il reggimento si esercitava ogni giorno al poligono con armi da guerra, ogni suo membro era equipaggiato con mitra colpo in canna e bombe a mano e cantava mentre si marciava perché quello era l’ordine ricevuto dal comando;
  • “I partigiani sapevano” che la vendetta nazista era la rappresaglia di 10 a 1 e avrebbero quindi dovuto consegnarsi per salvare la vita dei loro concittadini: falso! A Roma nelle settimane precedenti il 24 marzo vi furono molti attacchi dei partigiani con vittime tedesche e per reazione ci furono arresti, torture, fucilazioni, ma una tale  rappresaglia non era mai stata applicata, anzi era una pratica sconosciuta fino a quel momento.

Ricordiamo, infine, (sebbene non ce ne sia bisogno, tanto è palese nei numeri) che la rappresaglia altro non fu che un vero e proprio massacro, come confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza emanata il 19 luglio 1953, mentre l’azione dei gappisti romani rappresentò un atto di guerra legittimo, fra l’altro elogiato anche dal comando anglo-americano in Italia. Dovere di ogni comunista è quello di ribadire questi fatti storici e divulgarli con quanti più conoscenti possibile, prima che il processo di normalizzazione della storia proceda a grandi passi verso l’eliminazione della verità.

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