di Juri Carlucci, dipartimento esteri PCI
Le Celebrazioni ufficiali per il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre, in Russia, sono state un richiamo per centinaia di Delegazioni di Partiti Comunisti provenienti da tutto il mondo. Il Partito Comunista Italiano ha partecipato con la delegazione più grande di tutte quelle internazionali: 80 fra compagne e compagni da ogni parte d’Italia. Un grande evento, per il nostro Partito, che tra pochi anni festeggerà un secolo dalla fondazione del PCI di Antonio Gramsci.
All’arrivo Mosca ci accoglie con una piccola spruzzata di neve. Ci trasferiamo in un ottimo hotel fuori dal centro. Il freddo si fa sentire quanto basta per capire che saranno giornate dure, visti i tanti impegni a cui siamo chiamati. Ci ambientiamo in fretta. La metropolitana, molto pulita e in perfetto orario, conta centinaia di fermate. Alcune vale la pena visitarle bene: lastre, stucchi, piastre, marmi, motti, mosaici e decorazioni, qui la lunga epoca sovietica sopravvive, cinquanta metri sottoterra. Banchine ampie ed affollate e scambi richiedono attenzione. Tornati alla luce del sole troviamo una festa popolare dove ballano quasi tutti, altri prendono bevande calde. Un week-end e la festa dell’unità russa, caduta di lunedì, regalano ai moscoviti alcuni giorni di spensieratezza. Dalla statua del Maresciallo Žukov, che pare sorvegliare l’ingresso del Museo della Rivoluzione, scorgiamo la piazza Rossa e l’orologio del Cremlino.
Abbiamo fissato un incontro con i compagni del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR) nel loro quartier generale situato in un grande hotel nella zona Dinamo. Una rappresentanza della nostra Delegazione si incontra con i responsabili della Interbrigata comunista del PCFR. Un abbraccio, le presentazioni e iniziamo a confrontare i programmi e fissare nuovi appuntamenti. Parliamo una buona mezz’ora in inglese. Ci scambiamo molte informazioni, ci fanno tante domande, sull’organizzazione, su cosa faremo a Mosca, sul viaggio. I compagni russi, oltre a darci indicazioni preziose, ci consegnano gli inviti per la serata di gala (un cartoncino bordeaux ben disegnato), un libretto con alcuni musei da visitare a prezzo scontato per i delegati e una coccarda rossa. Stiamo quasi per salutarli, ringraziandoli del loro enorme impegno che scoppia il caos: una delegazione sudamericana è appena giunta in hotel e i cori di festa creano una eco assordante. Offriamo la nostra bandiera come segno di amicizia e fratellanza ai compagni dell’organizzazione del PCFR e lasciamo l’hotel.
Nella riunione serale, distribuiti i materiali, ci dividiamo i compiti. La mattina del 5 novembre ci ritroviamo alla piazza del Maneggio con migliaia di delegati di tutto il mondo. Intoniamo l’Internazionale, in una mano la bandiera rossa, nell’altra un garofano. Passate le cancellate che introducono allo spiazzo in cui si trova il Monumento al Milite ignoto e ai Caduti, sotto le mura del Cremlino, ci mettiamo in silenzio. Parte l’inno sovietico, i soldati di guardia portano la corona di fiori, Gennadij Zjuganov, il Presidente del PCFR si avvicina. Il capo della Delegazione del PCI, il compagno Mauro Alboresi, il nostro Segretario, depone i fiori; noi tutti/e ci inchiniamo per pochi istanti. Le tv di mezzo mondo riprendono i visi, le lacrime, le centinaia di bandiere che sventolano. È trascorso un secolo dall’evento più importante del ventesimo secolo e con ogni probabilità della storia dell’intera umanità: la Rivoluzione d’Ottobre, la Rivoluzione di Lenin. Finalmente camminiamo sulla piazza Rossa, immenso rettangolo di 75 metri quadrati in sanpietrino grigio, le cupole cinquecentesche di San Basilio appaiono belle come un acquarello. Ci aspetta Lenin. L’orologio del Cremlino non batte ancora l’una, all’entrata del Mausoleo ci tolgono le bandiere e ci intimano di non fare fotografie. Accalcati, scendiamo una rampa di gradini. Il Capo della Rivoluzione ora è davanti a noi, non può raccogliere più sfide: stiamo tre minuti con lui, ci interroghiamo, stringiamo il pugno e gli giuriamo che il comunismo è più che mai vivo. Lasciamo la Piazza Rossa, tra un paio d’ore ci aspettano presso il complesso sportivo Luzhniki per la serata di gala.
Quando giungiamo alla sala “Russia” l’atmosfera è allegra ma anche un po’ caotica. Cerchiamo i nostri posti nel buio delle gradinate, accompagnati da una addetta. Zjuganov è sul palco, parla e scrosciano applausi. Il presidente Vladimir Putin manda i saluti. La serata si presenta gradevole, portiamo le bandiere con noi e, pur non comprendendo la lingua russa, le melodie sono riconoscibili: è musica popolare, rievocazione dei moti rivoluzionari de 1917 e della Grande Guerra patriottica del ’41-’45; ci sono i balletti dei bambini, i vecchi chansonniers dell’epoca sovietica ancora sulla breccia, il coro dell’Armata russa e un omaggio all’Italia, “Bella ciao”, proposta con eccezionale accento italiano; le coreografie sono curatissime e la grande sala illuminata da luci colorate è gremita in ogni ordine di posto. Al termine della serata, rimaniamo sugli spalti e per scaricare un po’ la tensione e ingannare l’attesa, dovuta al deflusso di diecimila delegati, ricominciamo a cantare e facciamo amicizia con spagnoli e brasiliani.
Il 6 novembre ci rilassiamo. Giornata libera. Abbiamo l’intera città di Mosca da visitare e tanti musei a nostra portata. Il mercato di Izmailovo va per la maggiore, va bene per gli amanti della cultura sovietica e russa, un ottimo posto anche per portarsi via un regalo e spendere poco. Ristoranti tipici e storici sono il rifugio del pranzo. Per cena la delegazione del PCI si ritrova in una grande sala dell’Hotel Borodino, per passare un paio d’ore insieme. Giunge mezzanotte. Squilla l’internazionale: è il Centenario. Buona vodka russa arriva sui tavoli del bar lounge. Foto ricordo, videoamatori novelli Lumière riprendono per i posteri, addirittura si scopre uno stendardo originale dell’URSS. Triplice Hurrah! per la Rivoluzione dei contadini e degli operai.
Il 7 novembre abbiamo qualche ora al mattino per visitare i musei. Comincia ad essere usuale incontrare in metropolitana o nella fila di ingresso ad un museo i componenti di altre delegazioni, ci accade con iraniani, cileni, spagnoli, messicani, argentini, coreani… All’ora di pranzo dobbiamo essere all’uscita della metropolitana Puškin. Quella piazza sarà la testa del corteo. Ci incolonniamo tra due ali di acciaio e poliziotti, non senza aver passato prima i metal detector. Lo striscione del nostro Partito per l’occasione è nuovo di zecca, tutti/e hanno una bandiera. Fuori la voce. Camminare per le strade di Mosca a cento anni dalla Rivoluzione d’Ottobre è di grande stimolo, divincolarsi sui marciapiedi sfiorando le vetrine dei negozi di grido lo è un po’ meno. Quando scorgiamo in lontananza il Cremlino la polizia in antisommossa si fa quasi dentro il corteo per quanto stringe le maglie, ma non ci sono mai tensioni. Bandiera rossa! gettonatissima. Arriviamo in piazza della Rivoluzione, gremitissima, e appendiamo lo striscione del PCI vicino alla statua di Marx. Dal palco sono già iniziati gli interventi mentre continua l’arrivo di altri gruppi di manifestanti. La coreografia, oro e rosso fuoco, è dedicata a Lenin e Stalin. Il PCFR, ottimo sul piano organizzativo (seconda forza politica del paese con 42 parlamentari alla Duma) e i giovani comunisti russi intervengono prima dei saluti del Partito Comunista di Cuba e della musica che ha accompagnato, con una fanfara, tutto il percorso del corteo.
Queste giornate moscovite hanno avuto anche un valore aggiunto per il Partito Comunista Italiano: i media italiani non hanno potuto ignorare né lo sforzo organizzativo né la nostra presenza massiccia durante gli appuntamenti principali. Diverse testate giornalistiche, quotidiani nazionali e tg, hanno ripreso, intervistato e fotografato i delegati e le delegate del PCI, impossibilitati, questa volta – per la nostra forza – di occultare la notizia e la presenza politica. Ancor di più ha valore il riconoscimento, e per ciò gliene siamo grati, da parte del PCFR, dello straordinario sforzo del nostro Partito nell’onorare il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre.