di Nunzia Augeri
Sabato 2 dicembre: la breve via pedonale su cui si affaccia il portone del centro Marchesi è invasa dalle bancarelle di un mercatino natalizio. Vi si aggirano diverse persone, la maggioranza costituita da giovani uomini soli che continuano a girare senza allontanarsi; c’è anche una coppia di anziani, che sfidando il freddo staziona fra le bancarelle: sono tutti compagni in guardia e in attesa del compagno Piotr Simonenko, Segretario generale del Partito comunista d’Ucraina.
La preoccupazione era stata molto grande in questa Milano in cui ormai impazzano le squadre fasciste di varie denominazioni ma di unica violenza. I compagni sono stati allertati e un gruppo, al portone, filtra il pubblico che entra nel grande cortile, dove è necessario mantenere la massima tranquillità. I compagni impegnati nella manifestazione arrivano puntuali, a cominciare dal mitico Luigi Marino che deve fare l’interprete dal russo. Assente purtroppo, per ragioni di salute, il grande Fosco Giannini – è stata veramente grande la sua impresa di far arrivare Simonenko in Italia. L’auto che accompagna Simonenko arriva puntuale e i compagni dirigenti del Centro Marchesi sono ad accoglierlo con festa. Simonenko è un uomo non tanto giovane, come dimostrano i capelli bianchi, ma ancora prestante; si mostra sorridente e perfettamente a suo agio, pur se non capisce nulla delle affettuose parole di benvenuto che gli vengono rivolte in italiano. Nella sala si incrociano chiacchiere e saluti fra vecchi compagni che si ritrovano: perfino Libero Traversa, ormai piuttosto anziano, non ha voluto mancare e viene accolto dall’affettuoso abbraccio di Marino e di tutti. La sala alle 14.30 è già piena di gente, ma si attende qualche minuto, come è d’uso, per i ritardatari che non mancano mai.
Alle 15 si decide di cominciare: Vladimiro Merlin, il segretario del Partito di Milano e Lombardia, pronuncia una breve allocuzione per presentare il compagno Simonenko e per descrivere la difficile situazione in cui si trova oggi il partito comunista in Ucraina, dichiarato illegale da parte dell’unico governo in Europa a cui partecipano forze neonaziste. Neppure una lista che non si dichiarava comunista ma portava un nome ispirato a una poesia di Majakovski è stata legalmente ammessa, perché il poeta in questione era comunista. “Non solo ai comunisti viene impedito di agire politicamente – reitera Merlin – ma essi soffrono repressione e aggressioni anche fisiche. Ai compagni ucraini vanno la nostra stima e la nostra solidarietà, tanto più sentite in quanto siamo in un paese dove con la Resistenza avevamo creduto di eliminare il fascismo; invece oggi anche noi – come in buona parte d’Europa – ci troviamo di fronte a un nuovo pullulare di movimenti di destra, cui vengono date risposte molto fiacche”.
Viene poi il turno di Bruno Casati, presidente del Centro culturale Concetto Marchesi: “Bisogna cogliere l’occasione della presenza del compagno Simonenko – di cui ringraziamo la disponibilità – per capire da un testimone diretto, esposto anche fisicamente, che cosa succede oggi in Ucraina. L’Ucraina è un paese molto grande, dove l’Occidente sta intervenendo pesantemente con il chiaro obiettivo di renderlo una colonia degli Stati Uniti e del Fondo monetario internazionale. Lo strumento per raggiungere tale obiettivo sono appunto le forze neonaziste”. Aggiunge Casati: “Vorremmo capire meglio la situazione, ma di fatto da parte nostra possiamo capire che la NATO da organizzazione difensiva si è trasformata in organizzazione offensiva, con la patente di poliziotto del mondo. Caduta l’URSS, è stato abbandonato il principio dell’anticolonialismo e si sono susseguite una serie di guerre e di interventi – senza dimenticare la continuazione dell’embargo verso Cuba – che negano anche il principio dell’autodeterminazione dei popoli. E non si tratta solo di imperialismo americano: se ci si domanda a chi giova, rammentiamo che la FIAT ha trasferito i propri impianti in Polonia e in Serbia, pagando gli operai un terzo dei salari italiani. La politica della NATO giova a tutto il mercato capitalistico. La NATO – aggiunge Casati – svolge oggi diversi ruoli: tiene in scacco i paesi dell’Unione Europea e fronteggia la Russia di Putin, che pur non essendo certo l’Unione Sovietica di un tempo, è pur sempre un paese antifascista che si oppone all’imperialismo degli Stati Uniti. Oggi probabilmente neppure Berlinguer si troverebbe sicuro sotto l’ombrello della NATO”. Il pubblico rumoreggia e commenta vivacemente, d’accordo con l’osservazione di Casati. E conclude: “Crollata l’Unione Sovietica, siamo stati sconfitti anche noi, schiacciati dentro un dispositivo che nessuno osa e ha la forza di mettere in discussione. E sono stati sconfitti anche i paesi dell’Est, che vedevano nell’Unione Europea e nel Fondo monetario internazionale degli strumenti di libertà e di benessere e invece hanno sperimentato un’ondata di migrazioni in fuga da fame e disperazione. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Ucraina poteva porsi come ponte fra la Russia e l’Europa centrale, ma quel ruolo non è più possibile quando essa si prospetta l’ingresso nella NATO, allo scopo di convincere la Russia che non può più continuare ad esercitare la sua influenza sui paesi che se ne sono staccati. Di fronte a un paese che per la prima volta in Europa presenta un governo a partecipazione nazista, noi da parte nostra diamo tutto il nostro sostegno ai partigiani comunisti e continuiamo a mantenere alta la guardia”.
Uno scroscio di applausi accoglie le parole, pacate e decise, di Casati. Nel frattempo la sala si è affollata e il solerte compagno Ivan continua a distribuire le sedie di riserva. Non basteranno: arriva tanta gente che gli ultimi ormai devono restare in piedi, mentre un gruppo di volonterosi compagni continua a presidiare l’esterno della sala, il cortile e l’ingresso sulla strada. Introdotto da Merlin, prende la parola il compagno Simonenko, parlando in russo con la traduzione di Luigi Marino. Il suo discorso è molto ampio e prende in considerazione lo stato generale del paese, prima che del partito e della vita politica. Dopo i ringraziamenti di rito, e quelli – più sentiti – per la solidarietà già espressa chiaramente dai due compagni che lo hanno preceduto, Simonenko descrive senza mezzi termini le forze che sono al potere in Ucraina dopo piazza Majdan: è un triunvirato composto dagli oligarchi che si sono impadroniti dei gangli economici del paese, dalle organizzazioni neofasciste e dai poteri criminali. Tutti sostenuti dagli Stati Uniti, che con le ONG da loro dirette e sovvenzionate, nonché coi loro servizi segreti, hanno favorito il sorgere del governo nazifascista. E con un benevolo appoggio anche da parte dell’Unione Europea.
Il quadro internazionale è quanto mai minaccioso: infatti la guerra civile attuale può facilmente ampliarsi e diventare guerra interstatale per via delle tensioni esistenti con i paesi confinanti che avanzano rivendicazioni su territori oggi inclusi nell’Ucraina: la Bessarabia interessa alla Romania, la zona montuosa dei Carpazi fa gola all’Ungheria, mentre la Polonia rivendica i territori che le appartenevano nel 1939. Inoltre i tre paesi in questione stanno concedendo la propria cittadinanza e passaporto ai cittadini ucraini che abitano nelle zone interessate dal conflitto, creando con ciò una situazione molto pericolosa. Il governo neonazista, che ha assunto il monopolio assoluto dell’informazione, ha spinto sul nazionalismo antirusso e ha convinto l’opinione pubblica che l’unico nemico dell’Ucraina è la Russia. Anche gli ucraini che sono immigrati in Italia sono portatori di questa ideologia. Nel paese sono state distribuite ai nazionalisti sette milioni di armi, e le bombe a mano si vendono a peso: il tutto diretto contro la Russia. Una fortissima campagna di revisionismo storico ha gettato sulla Russia – e sull’Unione Sovietica – la colpa di tutti i problemi e le tragedie ucraine, a cominciare dagli eccidi compiuti dalle truppe tedesche, e anche quelli inventati, come il preteso genocidio degli anni 30. I collaboratori dei nazisti durante la seconda guerra mondiale sono diventati i nuovi eroi dell’Ucraina.
Di fatto, dopo la separazione dalla Russia, cui l’economia ucraina era strettamente legata, l’economia si trova sotto il tallone di ferro del FMI e le basi produttive del paese sono state distrutte: aerei, razzi, navi, industria leggera, elettronica, tutto è stato annientato: nel 1991 metà della produzione aeronautica sovietica e un terzo dei razzi si realizzava in Ucraina, adesso non si costruisce più neppure un aereo; la cantieristica forniva il 40% delle navi dell’Unione Sovietica, oggi niente; i sindacati distrutti, un genocidio operaio. Il 60% della popolazione vive peggio di prima, il salario medio si aggira sui 250 euro al mese, le pensioni sui 60 euro, a fronte di prezzi pari a quelli europei. C’è in atto un’epidemia di tubercolosi, la mortalità è altissima. Gli operai sono stati trasformati in piccoli commercianti, o hanno ingrossato le fila dell’emigrazione. Il PIL di oggi equivale al 65% di quello precedente e l’85% della ricchezza è nelle mani degli oligarchi.
In compenso l’Ucraina è diventato un ricco mercato per l’industria straniera: provengono dall’estero il 98% dei prodotti dell’industria leggera, il 78% delle medicine, l’80% delle auto, il 95% dei computer, l’88% dell’elettronica. Perfino le stoviglie vengono importate per il 70%. E mentre prima l’Ucraina aveva una grossa produzione agricola, oggi il 45% dei prodotti agricoli proviene dall’estero. Di fatto, il ministro dell’economia è un americano, e questo spiega tante cose.
La classe dirigente non si preoccupa di tutto questo, la corruzione dilaga, le forze di sinistra sono state tutte marginalizzate. In particolare, il Partito comunista è stato dichiarato fuori legge e sono perfino stati creati tre partiti comunisti fittizi e decine di altre formazioni politiche perché la gente non capisca più niente e non sappia a chi rivolgersi. Ci sono in corso 4.000 processi penali contro militanti comunisti accusati di separatismo e/o di terrorismo: la tecnica per incriminarli consiste nel mettere loro in casa delle bombe. Le minacce e le persecuzioni vengono estese alle famiglie. Lo stesso Simonenko è rimasto in carcere un anno e mezzo ed è stato sottoposto a cinque processi di cui uno di fronte alla Procura militare, sempre per terrorismo. E’ stata costituita una squadra di avvocati difensori che sono già riusciti a liberare dal carcere alcune decine di accusati.
Il discorso di Simonenko è punteggiato dagli applausi del pubblico: la simpatia e la solidarietà sono quasi tangibili. Lui parla con viso serio e voce pacata: le necessità oggettive della traduzione in consecutiva – frasi brevi e chiare – rendono più efficace e conciso il suo discorso. Le sue conclusioni sono altrettanto brevi e chiare: “Contro i rigurgiti fascisti che in Ucraina si sono manifestati in tutta evidenza, e ne hanno chiarito le origini e gli appoggi, è necessario coordinare le forze antifasciste, difendere e consolidare i diritti sociali conquistati nel XX secolo, sullo slancio della Rivoluzione d’Ottobre e della vittoria nella seconda guerra mondiale, e rafforzare la politica antimperialistica contro gli Stati Uniti”. E un ultimo ringraziamento per la solidarietà espressa.
Gli applausi scrosciano e tutti vorrebbero porre domande. Ma tocca ora al compagno Francesco Maringiò trarre le conclusioni. Maringiò inizia con un sentito ringraziamento al Centro Marchesi che ha accettato di ospitare la manifestazione. E ringrazia anche i compagni del gruppo “Ucraina antifascista”, venuti da fuori Milano. Ma il ringraziamento più sentito va ai compagni del Partico comunista d’Ucraina, che si confrontano con la violenza, la repressione, il rischio della propria incolumità, gli attentati. Le difficoltà della ricostruzione del partito comunista in Italia sembrano poche rispetto al paese dove i neonazisti occupano lo Stato. E’ del tutto evidente che il compito prioritario delle forze comuniste è ancora la lotta contro il fascismo e contro i tentativi e i pericoli di una nuova guerra da portare alle frontiere della Russia. E a proposito di lotta al neofascismo, il compagno Maringiò porta da Roma il saluto personale a Simonenko da parte della compagna Carla Nespolo, che ricorda come la lotta contro il neofascismo in tutta Europa sia una priorità per tutti.
Il compagno inquadra i recenti avvenimenti dell’Ucraina nella cornice degli sviluppi internazionali degli ultimi decenni, con l’azione degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e della NATO che in tutto il mondo cercano di salvare l’egemonia americana. Ma oggi siamo in un’epoca di transizione dall’egemonia USA ad altri paesi, quelli del BRICS, e soprattutto della Cina. L’ascesa della Cina, con la sua proposta politico-commerciale di nuova Via della seta, offre un’importante opportunità di collaborazione e cooperazione per lo sviluppo di relazioni pacifiche fra Asia ed Europa, passando per il tormentato Medio Oriente, contro chi propone invece la militarizzazione dei territori, guerre e cambi di regime. E Maringiò prosegue rammentando le grandi responsabilità che incombono sull’Unione Europea e sulle socialdemocrazie europee, che hanno appoggiato il golpe e coperto i massacri compiuti in Ucraina. Le conclusioni sono nette: “Rompere la gabbia euro-americana, lottare contro la NATO. Portare in campo un nuovo progetto nazionale/internazionale alternativo alla NATO, con al centro la pace e il dialogo fra Est e Ovest, dall’Atlantico agli Urali, altrimenti il malcontento popolare verrà raccolto dalle destre reazionarie e razziste. Stiamo celebrando in questi giorni il centenario della Rivoluzione d’Ottobre, un fatto storico di enorme portata, una stagione nuova che ha insegnato un nuovo alfabeto della politica. Il Novecento è stato il secolo non della sua sconfitta ma della sua nascita; ci sono state battute d’arresto e arretramenti, ma la sua eredità è viva nella lotta dei popoli, nei partiti e nei cuori di milioni di persone. Salutiamo e siamo vicini ai compagni del partito comunista dell’Ucraina, perché siamo parte della stessa famiglia, della stessa storia”. Anche qui scrosciano gli applausi del pubblico.
Il compagno Massimo Leoni porta il saluto e la solidarietà del Partito comunista di Milano, e poi prendono brevemente la parola esprimendo la loro solidarietà e ponendo domande altri compagni, fra cui i rappresentanti dei Comitati di Parma e di Bologna. Il compagno Simonenko risponde brevemente e conclude con un ultimo ringraziamento e un ultimo saluto, resi brevi dalla stanchezza del brillante traduttore, che però a questo punto perde qualche battuta. Un applauso e un grazie anche a lui. E la giornata si chiude fra i commenti e i saluti. Grazie, compagno Simonenko, del coraggio che ci hai dato!