di Giusi Greta di Cristina, Dipartimento Esteri PCI, responsabile America Latina
Com’era largamente prevedibile, Sebastián Piñera è il nuovo presidente eletto del Cile.
Con il 54% delle preferenze, Piñera, al suo secondo mandato presidenziale dopo quello socialdemocratico guidato da Michelle Bachelet, segna il ritorno a una destra di governo in Cile. È un passo indietro, dichiarano molti. E in effetti, già nella verifica dei punti di programma presentati in campagna elettorale, il Paese si appresta a invertire il suo indirizzo economico, perlomeno questa volta dichiaratamente.
I due settori nei quali da subito si potrà verificare questa inversione di rotta saranno quello dell’educazione e quello delle pensioni. Per quel che concerne il primo, Piñera è intenzionato a volgere la maggior parte degli aiuti economici non più alle università ma agli istituti tecnici, con borse di studio per studenti non abbienti fino al 90%. Non era così con il governo Bachelet, che prevedeva la gratuità per gli studio universitari, battaglia questa vinta dal Partido Comunista del Chile, in particolare dalla deputata Camila Vallejo.
Per quel che concerne il sistema pensionistico – che era già un sistema di tipo misto – Piñera prevede di aumentare la presenza dei privati, il cui contributo finanziario avrà comunque un ruolo di primo piano anche in tutti gli altri settori economici del Paese.
La rete degli aiuti economici, ritenuta il grande successo del governo socialdemocratico non verrà cancellato ma rivisto, ha affermato il neo presidente, affinché vengano applicati correttamente. Ma gli analisti sono certi che non vi sarà più politica sociale.
Qualora ve ne sia mai stata una reale, aggiungiamo noi.
Il Cile è un Paese che in America Latina ha mantenuto una economia prevalentemente neoliberista, di matrice pinochettista. Le disuguaglianze sociali, la povertà estrema dei quartieri popolari, la mancata distribuzione del reddito hanno fatto del Cile uno dei Paesi più difficilmente vivibili dell’America Latina.
A parte i proclami iniziali e l’alleanza con i comunisti – che sono stati rieletti anche in questa vuelta – la politica popolare della Bachelet si è dimostrata per lo più incapace non solo a rispondere ai bisogni dei cittadini, ma soprattutto la leader socialdemocratica si è più volte tirata indietro in passi cruciali che la avrebbero voluta a fianco dei grande combattenti dei Paesi progressisti latinoamericani. Le sue assenze alle ultime cumbres dei Paesi socialisti, l’atteggiamento ambiguo e poco incline ad affermazioni coraggiose hanno fatto sì che, a nostro parere, la socialdemocrazia abbia perso credibilità anche tra il suo elettorato iniziale.
E così come avviene in qualsiasi parte del globo, gli elettori alla brutta copia preferiscono l’originale.
La vittoria di Piñera rappresenta certamente un passo indietro terribile, anche e soprattutto per la storia del Cile, che ricollega il suo destino a quello di un uomo, uno dei più ricchi del Paese, che ha fatto parte degli Chicago Boys della dittatura di Pinochet, salvo poi mollare la barca in prossimità della sconfitta.
Va considerata in questa vittoria gli errori del governo precedente e la conseguente scelta del popolo di votare la “vera” destra. Al contrario del vergognoso punto di vista apparso su La Stampa, che vorrebbe attribuire alla fantomatica paura di uno “spettro del Venezuela”, noi individuiamo la bocciatura della precedente esperienza proprio, al contrario, nella mancanza di una politica esplicitamente e coraggiosamente socialista.
Com’è accaduto con libere elezioni in Argentina, come sta accadendo attraverso il golpe finanziario in Brasile, il Cile si prepara ad entrare in velocità nel turboliberismo senza più veli.
E le immagini dei cittadini repressi dalla polizia argentina proprio in queste ore, nella difesa della legge pensionistica, ci ricordano quelle della crisi economica devastante del 2001. Così come tutti gli scioperi di quest’ultimo anno e mezzo in Brasile non sono lontani da quelli che posero fine all’esperienza dittatoriale.
Auguriamo ai compagni e ai cittadini cileni di non vedere, nuovamente, le strade delle loro città tingersi del sangue delle contestazioni. Ma non ci attendiamo nulla di buono.