All’armi son fascisti!

di Patrizio Andreoli, Segretario Regionale PCI Toscana

 

Marcello Veneziani, già teorico della destra missina -ovvero del fascismo ai tempi della Repubblica- e da sempre indecente rivalutatore di Julius Evola (che negli anni trenta discettava allegramente di purezza della razza e mistica fascista, nonché maitre à penser di “noti democratici” quali Pino Rauti e movimenti eversivi come Ordine Nuovo), ha in queste ore lanciato un appello per l’iscrizione in massa all’anagrafe anticomunista. Lo ha fatto dal giusto balcone mediatico de “Il Tempo”, quotidiano conservatore romano che per oltre mezzo secolo si è qualificato quale voce dell’andreottismo d’antan e dell’anticomunismo più greve; quello -per capirci- sensibile alle nostalgie della nobiltà nera d’oltre Tevere e alle pulsioni conservatrici/fasciste capitoline che ieri annoveravano il repubblichino principe Junio Valerio Borghese, passando nel 1960 per l’asse Dc-Msi  e il Governo Tambroni fino a giungere alla destra neofascista oggi di nuovo dilagante (Casa Pound e Forza Nuova), ingrassata da una cupa crisi sociale e valoriale.

Si è trattato di una vera e propria (ri-)chiamata alle armi (politiche), un nuovo “stringiamoci a coorte” di fascistissima memoria. Una sorta di appello a gridare come un sol uomo e come un tempo si faceva in schiere a Piazza Venezia : “presente! , col pugnale della milizia sguainato.  Un’anagrafe anticomunista da anteporsi “alla farsa antifascista” come dice Veneziani, da far valere -dunque- quale moderno arruolamento contro il pericoloso rosso. Una nuova campagna a cui accorrere potendo domani (chissà) vantare un nuovo nastrino da apporre beceramente sul petto dai difensori della patria, della terra e dell’italianità. E giù sproloqui secondo il copione conosciuto che pretende un’ equiparazione storica, valoriale e di principio impossibile tra comunismo e fascismo. E giù colpi tentando quella “damnatio memoriae” e quella cancellazione dal sentimento collettivo positivo di questo o quel personaggio del movimento comunista internazionale, ridotto come Fidel Castro a caricatura dispotica. Il tutto, con un livore tale da far apparire manuale per educande e tiepidi democratici senza nerbo, “Il libro nero del comunismo”… un’opera che come tutti sanno, qualche anno fa ha segnato un punto alto della cultura universale del XXI secolo (!).

Si propone “l’anagrafe anticomunista”, nel tentativo di mettere all’incasso una semplificazione e gli effetti di una trappola culturale e morale stanca e già altre volte tentata; quella cioè di far tutt’uno di antifascisti e comunisti; della stagione antifascista e della storia del movimento comunista. Lo si fa per volgarità ed ignoranza ma soprattutto si fa -interessatamente- non per colpire oggi in Italia i comunisti  (il cui peso politico è cosa relativa e il cui ruolo non spaventa nessuno), ma per denigrare con le leve e l’armamentario (sub-)culturale e linguistico dell’anticomunismo; l’Antifascismo stesso.

Un viscerale anticomunismo, è così solo il pretesto polemico ed il veicolo per raggiungere l’obbiettivo che conta, colpire il patrimonio antifascista. In questo modo, non si distingue volutamente tra pericolo rosso e lotta antifascista e difesa della democrazia. Paradossalmente, la questione, almeno in parte non attiene ad una sproporzione dei fatti e della storia, poiché i comunisti e il Pci furono davvero per numero e generosità dell’impegno, la forza prevalente nella battaglia antifascista, la forza che fu alla testa della Lotta di Liberazione nazionale, la forza che pagò nel ventennio il prezzo più alto in termini di condanne e persecuzioni, sacrifici sostenuti e sangue versato. Il punto è che si inscena un binomio (Antifascismo/Comunismo) che si pretende di spendere tout-court come sinonimo, per depotenziare il valore generale, lo spirito ed il significato di battaglia di popolo che l’Antifascismo significò. A partire dal quel prendere in mano il proprio destino, da quel sottrarsi alla passività e ad ogni forma di attesa che restano tra i lasciti più vivi e non riducibili di quella stagione.

L’attacco di Veneziani all’Antifascismo e all’appello lanciato per la costituzione di un’anagrafe Antifascista a Stazzema è così incommentabile da non meritare il dilungarsi in contro riposte ma solo la nostra ferma indignazione o, per dirla con Piero Calamandrei, solo “… il silenzio del torturati più duro d’ogni macigno”. Ma una replica forse la merita laddove egli sostiene come “l’antifascismo sia l’ultimo rifugio dei farabutti”, confermando un perfetto stile fascista che sta tra il me ne frego, l’aggressione morale, il manganello politico. Nel triste vento dei tempi che viviamo, ritiene di poterselo permettere. Non può e non deve essere così. Bisogna reagire.  Ai giovani in modo particolare, che vivono un presente molto critico pagando forse i prezzi più alti, vorremmo parlare con parole in certa misura terribili ma vere ed ancora straordinariamente attuali: “In questo clima avvelenato di scandali giudiziari e di evasioni fiscali, di dissolutezze e di corruzioni, di persecuzioni della miseria e di indulgenti silenzi per gli avventurieri di alto bordo, in questa atmosfera di putrefazione che accoglie i giovani appena si affacciano alla vita, apriamo le finestre e i giovani respirino l’aria pura delle montagne e risentano ancora i canti dell’epopea partigiana.” (Piero Calamandrei, nel decennale della Resistenza, Milano 1954). Sì, abbiamo bisogno di una nuova leva antifascista, diffusa e viva!

Per quel che riguarda il Pci, si sappia. Fummo allora nel cuore della stagione Antifascista e alla testa della lotta patriottica e partigiana. Lo siamo ancora e lo saremo, senza misurare prezzi o premio per noi. Qui, i vecchi e i moderni fascisti ci troveranno. Sempre. Compresi i farabutti con la laurea come Veneziani.  (16 febbraio 2018)

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