Riders, c’è un giudice a Torino

di Francesco Valerio della Croce, Segreteria nazionale PCI

 

La Corte d’Appello di Torino, dopo una precedente pronuncia giudiziaria di primo grado di segno opposto, ha riconosciuto la natura subordinata di fatto delle prestazioni di lavoro dei riders, i giovani lavoratori della consegna di cibo a domicilio che oramai riempiono le strade delle grandi città – e non solo – nel nostro Paese. In primo luogo, la sentenza demolisce l’immaginario che ammanta la cosiddetta economia on demand – quello che vuole questi lavoratori della “nuova era” digitale come slegati e sciolti da qualsiasi relazione dipendente e subordinata rispetto al tradizionale rapporto di lavoro alle dipendenze di un padrone – e lo riconduce alla realtà di un rapporto di lavoro classico della logistica e del trasporto merci. E ne sancisce i corrispondenti diritti: retribuzione categoriale, tredicesima, ferie e malattia pagate.

Non è una sottolineatura di poco conto: come già spiegato da studiosi di orientamento marxista – come Marta Fana nelle pagine del suo ottimo volume “Non è lavoro, è sfruttamento” – lo scintillio della modernità che caratterizza queste nuove forme si sfruttamento, gli anglismi che occultano le più classiche forme di lavoro (si dice riders pur di non dire fattorini), devono cedere il passo all’analisi della realtà: le consegne a domicilio sono sempre esistite, ciò che varie è oggi la forma attraverso cui il rapporto di lavoro subordinato si manifesta. Il fattorino oggi non ha praticamente alcuna relazione significativa con il ristorante, ma esclusivamente con l’applicazione della piattaforma digitale che in tempo reale è in grado di raccogliere e indirizzare ai fattorini le informazioni della consegna, misurando contemporaneamente la “produttività” degli stessi e, quindi, la retribuzione.

Nel mondo della virtualità degli algoritmi, anche per persone sono corpi senz’anima, numeri della produzioni sostituibili facilmente, nel segno del più antico taylorismo.

Questa sentenza è un riconoscimento importante, fa chiarezza e apre ad una nuova tappa della battaglia di questi giovani lavoratori. Come spesso accade, la debolezza del movimento dei lavoratori organizzato non è riuscito ad affermare un avanzamento della condizione materiale di classe, c’è voluta la giustizia. Le stesse promesse rivoluzionarie del ministro del Lavoro non hanno avuto, tanto per cambiare, alcun evidente riscontro negli atti del governo.

Questa sentenza tuttavia, indica una strada ai comunisti e a tutti coloro che sostengono la causa dei lavoratori: quella dell’unità del movimento dei lavoratori, del blocco sociale.

La logistica è oggi un ambito in cui il conflitto di classe si manifesta più aspramente, per quanto in modo isolato e sottaciuto rispetto alle dinamiche generali del mondo del lavoro, ma esso può diventare verosimilmente un terreno rovente di conflitto per l’intreccio delle contraddizioni che lo attraversano: nella logistica convivono vecchie e nuove forme di sfruttamento, una presenza articolata di lavoratori – anche fortemente sindacalizzati (ricordiamo l’omicidio del compagno Abdel Salam, avvenuta alcuni anni fa per mano padronale)- italiani e migranti,  l’emergere di nuove realtà conflittuali nel mondo sindacale.

Serve il rafforzamento del movimento internazionale dei lavoratori, politico e sindacale, per contrastare sul terreno internazionale l’offensive di multinazionali e capitali, liberi di approdare e depredare ovunque. Serve, allo stesso momento, una controffensiva nazionale contro questa opera di depredazione: servono controllo dei capitali, legislazione a tutela dei lavoratori, intervento pubblico dello Stato a garanzia dei diritti di chi lavoratori, che rappresentano l’unica garanzia di un futuro prospero per l’intero Paese.  Ahinoi, dai sedicenti sovranisti, come già detto, non è venuta nessun iniziativa a riguardo. Anzi, ancora le solite politiche a favore delle imprese e il totale disinteresse per le istanze dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali.

In generale, per concludere, questa sentenza ci parla della necessità di unificare il mondo del lavoro, di piattaforme rivendicative avanzate e non di retroguardia, della necessità della sindacalizzazione come strumento di unificazione della classe, di una politica generale dei comunisti all’interno delle organizzazioni sindacali per l’unità, nel conflitto, del mondo del lavoro.

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