di Bruno Steri , Segreteria nazio ale Pci
E’ con viva preoccupazione che apprendiamo le prime notizie circa l’esito delle trattative ristrette (coordinate e sostanzialmente egemonizzate da Germania e Francia) per la nomina degli incarichi apicali dell’Unione europea: i nomi fatti sanciscono, a nostro parere, gli orientamenti regressivi che hanno sin qui caratterizzato le prescrizioni di Bruxelles.
Per l’incarico di Presidente della Commissione europea è stata indicata infatti Ursula von der Leyen, esponente della CDU di Angela Merkel, già ministro della Famiglia ma particolarmente distintasi come ministro della Difesa, con l’annuncio a maggio del 2016 di una riforma dell’esercito tedesco che si proponeva (anche in polemica con il “lassismo” dei locali stati maggiori) di assumere 14.300 reclute entro il 2023. Un provvedimento descritto dalla von der Leyen come il più grande impegno in campo militare dai tempi della Guerra Fredda, teso a contenere la minaccia costituita dalla Russia e dallo Stato islamico (sic!). La neo-presidente della Commissione Ue si è altresì segnalata per aver proposto, in occasione del prorompere della crisi greca, di ipotecare le riserve auree nazionali a garanzia dei prestiti concessi al Paese ellenico: una misura talmente forcaiola da costringere lo stesso governo tedesco a prenderne le distanze.
Le cose non vanno meglio per quel che riguarda il futuro Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), alla cui testa è stata indicata Christine Lagarde, avvocato d’affari che per anni ha vissuto e operato negli Stati Uniti e che dal 2011 è stata direttore del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Dice di lei il Sole 24 Ore: “Non avrà certo competenze di politica monetaria, ma negli anni al Fondo ha sviluppato una notevole capacità nella gestione delle crisi”: Traduzione: è una solida garanzia per l’equilibrio del sistema e gli interessi delle classi padronali. In effetti, ha gestito i primi due piani d’intervento per “soccorrere” lo stato di insolvenza della Grecia e ha coordinato il pacchetto di “aiuti” (57 miliardi di dollari) all’Argentina: per un giudizio sul carattere di questi “aiuti” e “salvataggi” conviene chiedere direttamente ai popoli greco e argentino.
In definitiva si tratta di scelte che confermano il carattere pesantemente di classe di questa Unione europea, perfettamente integrata nel comando capitalistico globale (come è emblematicamente evidenziato dal passaggio di Lagarde dal FMI alla BCE). Il binomio franco-tedesco garantisce la continuità neoliberista di questa Unione popolar-socialista. Cui l’Italia si accoda con l’accondiscendente e colpevole silenzio del Partito democratico. Ma anche col sorriso soddisfatto del nostro Presidente del Consiglio (ben più concreto degli anatemi televisivi del suo ministro dell’Interno): soddisfatto per aver evitato la “procedura d’infrazione” (ancorchè silente sulla manovra correttiva che il governo giallo-verde ha sempre negato ma che tale provvidenza ha evidentemente comportato).
Noi comunisti continuiamo a operare per rompere la gabbia di questa irriformabile (dis)unione europea, a lavorare per un’Europa confederata di Stati sovrani.