di Francesco Valerio della Croce, Segreteria nazionale Pci
Dopo 580 giorni di prigionia, l’ ex presidente del Brasile Lula da Silva ritorna finalmente in libertà, a seguito dell’annullamento della misura di incarcerazione da parte del Tribunale Federale Supremo del Brasile, che pone fine alla privazione della libertà per Lula, precisamente orientata ad estrometterlo dalla partecipazione alle scorse elezioni, contribuendo così di fatto all’ascesa del reazionario Bolsonaro alla guida del più grande Paese latino americano.
Pur avendo restituito la libertà al leader storico del PT, il Tribunale non ha annullato la sentenza di condanna per Lula e la sua vicenda giudiziaria (torbida, oscura e politicamente orientata a distruggere la reputazione e la figura politica dell’ex capo del governo brasiliano) non è, pertanto, finita e la reintegrazione nei proprio diritti politici non sarà probabilmente immediata.
La fine della prigionia di Lula è sicuramente una notizia di festeggiare ed accogliere con soddisfazione, tenendo in giusta considerazione che la sporca lotta politica giudiziaria condotta contro di Lula appare ancora non conclusa. Sicuramente, la restituzione della libertà al leader progressista brasiliano è un punto di forza per l’opposizione alla reazione, al liberismo ed all’autoritarismo del governo Bolsonaro, ma è anche una novità che rafforza l’impeto con cui soffia un vento nuovo, di rivolta e di riscossa, su tutto il continente latino americano, di certo politicamente ancora incerto nelle forme e nelle prospettive perseguite, ma che senza dubbio soffia prevalentemente in direzione contraria alle destre ed al liberismo che da anni prova a sovvertire definitivamente la lunga stagione di emancipazione e svolta rivoluzionaria in America Latina. I numerosi fatti di queste settimane ci dicono che si è aperta una fase nuova in America latina, e da oggi sicuramente anche nel grande Brasile.