La Rivoluzione d’aprile è eredità del popolo e patrimonio del futuro

Traduzione e introduzione di Lorenzo Battisti, Dipartimento Esteri PCI

Il 25 Aprile è il giorno della Liberazione per l’Italia. Lo stesso giorno, nel 1974, il Portogallo si liberò della dittatura di Caetano, successore di Salazar. Una rivoluzione che ruppe decenni di regime fascista che aveva impoverito e costretto alla fame la gran parte della popolazione, oltre allo sfruttamento dell’impero coloniale di cui il Portogallo ancora disponeva.

Un regime, quello portoghese, tranquillamente accettato nella Nato, di cui faceva parte insieme alle altre democrazie occidentali. Dovremmo ricordarci di questo quando questa organizzazione si fa paladina della democrazia e della libertà, tanto da volerla imporre con bombe umanitarie a popoli che non accettano i nostri diktat.

Non va dimenticato proprio l’esercito, una parte di questo, giocò un ruolo fondamentale nella liberazione del Portogallo. Il Movimento delle forze Armate era composto da tanti giovani, proveniente dagli strati popolari, costretti a fare la guerra nelle colonie contro popolazioni che non riconoscevano come ostili, testimoni di brutalità indicibili verso queste, e inorriditi e stanchi di un regime che condannava alla fame tanto i portoghesi che i popoli colonizzati. Questo è stato possibile perché c’è stato un partito che durante tutti gli anni della dittatura non ha mai smesso di lottare e di organizzare la Resistenza, pagando un prezzo umano enorme, con i propri militanti condannati alla galera o alla morte: questo partito è il Partito Comunista Portoghese.

Discorso di Jeronimo Sousa, Segretario PCP alla Camera portoghese

Oggi festeggiamo l’Aprile con la certezza che il meglio del suo percorso storico deve ancora venire e che, prima o poi, la lotta dei lavoratori e del popolo, la lotta dei democratici, lo porterà a compimento!

L’Assemblea della Repubblica ha deciso e bene, di commemorare la Rivoluzione d’Aprile.

In nessun momento della nostra vita collettiva, anche quando affrontiamo le maggiori difficoltà e sentiamo le maggiori preoccupazioni, dovremmo smettere di vivere e celebrare Aprile. E se c’è un momento in cui il 25 aprile non può essere cancellato, è questo, per confermare e riaffermare l’importanza del suo progetto liberatorio e l’attualità dei suoi valori e dei suoi ideali di libertà, di emancipazione sociale e nazionale.

Sì, era necessario essere qui, per lodare la determinazione del nostro popolo che ama la libertà e l’ha riconquistata e che oggi, come noi qui, alle 15.00 e in tutto il Paese, canterà Grândola e l’Inno Nazionale per rispondere all’azione valorosa e coraggiosa del Movimento delle Forze Armate (MAE) e all’unità costruita su forti volontà che ha portato il Popolo e il MAE a realizzare l’atto e il processo più moderno e avanzato della nostra epoca contemporanea.

Un tempo nuovo, in rottura con un passato fascista, oppressivo e oscurantista che oggi alcuni che indossano abiti nuovi e fasulli, vogliono cancellare, denigrando l’Abril. Un tempo nuovo che ha permesso di trasformare la realtà vissuta e con essa cambiare il modo di vedere il mondo e la società stessa.

Un tempo nuovo, in rottura con un passato fascista, oppressivo e oscurantista che oggi alcuni che indossano abiti nuovi e fasulli, vogliono cancellare, denigrando Abril. Un tempo nuovo che ha permesso di trasformare la realtà vissuta e con essa trasformare e in trasformazione cambiare il modo di vedere il mondo e la società stessa.

Sì, è stata una Rivoluzione che ha voluto fare molta strada nel rompere le tante catene dell’oppressione e dello sfruttamento secolare. Una Rivoluzione che ha scelto e deciso di creare questo bene prezioso che oggi apprezziamo tanto e che lo scoppio dell’epidemia ha dimostrato essere insostituibile – il nostro Servizio Sanitario Nazionale – che dobbiamo valorizzare e rafforzare. Che ha scelto la consacrazione dei diritti sociali universali all’istruzione, alla sicurezza sociale, alla cultura e alla valorizzazione del lavoro e dei lavoratori e dei loro diritti. Che ha scelto di porre fine al dominio dell’economia da parte dei monopoli e dei grandi proprietari terrieri. Che ha optato per la pace contro gli interessi di chi ha fatto la guerra.

La Rivoluzione è stata affrontata fin da subito con la resistenza di potenti interessi economici e politici e molte delle sue conquiste hanno subito delle battute d’arresto. Molto restava da fare.

C’è molto da fare e più che mai è necessario, in questi tempi sconvolgenti, seguire la strada che Abril ha aperto, rinnovando l’impegno verso i suoi importanti valori.

Sono i valori dell’Aprile che possono illuminare la strada del Portogallo. I valori della libertà, della democrazia, della natura dello Stato progettato per rispondere agli interessi e ai bisogni del popolo e del Paese, in contrapposizione alla concezione dello Stato come strumento al servizio del capitale e dello sfruttamento.

Sono i valori dello sviluppo economico che dovrebbero mirare a migliorare le condizioni di vita dei portoghesi, la piena occupazione, una distribuzione equa ed equilibrata della ricchezza nazionale, la sovranità e l’indipendenza nazionale.

Sono i valori dell’Aprile che ci rafforzano come popolo e possono aiutarci a superare i problemi che anni di politiche hanno negato e che l’attuale situazione epidemica ha peggiorato.

Valori che possono e devono essere incarnati in un programma politico concreto, patriottico e di sinistra, dando espressione all’insieme delle dimensioni della democrazia dell’Aprile che vogliamo e proponiamo e che devono essere allo stesso tempo politiche, economiche, sociali e culturali.

Viviamo tempi difficili. Chi poco tempo fa diceva che vivevamo al di là delle nostre possibilità, è tornato ad esacerbare le difficoltà reali. Sono tornati a farneticare le vecchie prescrizioni, ingigantire scenari catastrofici, per giustificare un ulteriore sfruttamento.

Qui stanno provando il discorso dell’inevitabilità di tagliare salari, pensioni e diritti e pensano a mantenere intatti i loro strumenti di sfruttamento.

Non possiamo accettarlo!

Non è inevitabile che l’epidemia porti a una regressione nella vita dei lavoratori e delle persone. La risposta alle difficoltà è valorizzare i salari e con politiche volte a proteggere e creare posti di lavoro.

Abituati ad avere un posto riservato al tavolo del bilancio dello Stato – i grandi gruppi economici e finanziari – stanno già pretendendo milioni dalle casse pubbliche.

Ci dicono che siamo tutti sulla stessa barca. Gli stessi che sono alla radice delle clamorose disuguaglianze sono ora i paladini di un consenso nazionale.

No, i portoghesi non sono nelle stesse condizioni, né quelli che restano con le loro casse piene e quelli che diventano poveri mentre lavorano e si indebitano. Quelli che sono in cassa integrazione e disoccupati. Quelli che hanno lavorato tutta la vita e hanno pensioni magre, perché hanno sempre avuto salari bassi. Come lo sono i piccoli e medi imprenditori.

C’è chi continua a nascondere milioni di dollari nei Paesi Bassi e nelle filiali per eludere le autorità fiscali e chi passa da un lavoro precario a un lavoro precario e senza mezzi di sussistenza.

I diritti non possono essere messi in quarantena!

Signor Presidente e onorevoli parlamentari,

La situazione che stiamo vivendo mostra l’importanza dei servizi pubblici al servizio del popolo e del Paese e mostra la fallacia del discorso della demonizzazione dello Stato e degli investimenti pubblici o della spesa pubblica. Mostra le politiche sbagliate di subordinazione della produzione nazionale che il fondamentalismo neoliberale giustificava e che l’Unione Europea predicava e imponeva.

È il momento di riconoscere che la strada è quella di adempiere alla Costituzione della Repubblica e non di opporsi ad essa.

Sì, dobbiamo produrre qui ciò che siamo stati costretti a comprare all’estero, modernizzando e diversificando le attività economiche. Dobbiamo recuperare per il Paese ciò che non avrebbe mai dovuto essere privatizzato.

Dobbiamo accelerare gli investimenti. Acquisire le attrezzature di cui il Paese ha bisogno, costruire infrastrutture, garantire i servizi pubblici essenziali.

Dobbiamo materializzare l’Aprile e celebrarlo pensando alla Festa del Primo Maggio di coloro che lavorano e che salutiamo. Un saluto speciale alle centinaia di migliaia di persone che sono presenti oggi e ogni giorno, negli ospedali e nei servizi pubblici essenziali, nelle fabbriche e nei campi per garantire che il Paese non si fermi.

Sì, che aprile viva sempre, ora più che mai!

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