Le parole sono pietre (ovvero il volto del capitalismo)

di Giorgio Langella, Responsabile Dipartimento Lavoro PCI

Sono di ieri, 15 dicembre, le notizie che riportano le parole del presidente di
Confindustria Macerata Domenico Guzzini: “Ci aspetta un Natale molto
magro. Le persone sono stanche di questa situazione e vorrebbero venirne
fuori. Bisogna riaprire: anche se qualcuno morirà, pazienza”.

Guzzini è stato lesto a chiedere scusa affermando di avere sbagliato.
Essendo, però, impossibile fare finta di niente Confindustria ha aperto una
procedura nei suoi confronti.
Quella di Guzzini non è una espressione infelice che gli è scappata nella foga del discorso (anche così sarebbe inconcepibile), tutt’altro perché in definitiva e forse inconsapevolmente, Domenico Guzzini ha detto la verità.

Basta ricordare alcune cose e si ha la consapevolezza che affermazioni di questo genere, magari non così dirette, e fatti che succedono ogni giorno,
dimostrano che al capitalismo interessano molto di più i soldi e il profitto
piuttosto che la vita e la salute degli esseri umani o la tutela dell’ambiente.
È bene ricordare che all’inizio della pandemia, confindustria bergamasca
aveva scritto una lettera minimizzando il pericolo e assicurando ai clienti
l’efficienza dei siti produttivi.

Sappiamo quello che poi è successo soprattutto a Bergamo e Brescia. Anche allora esponenti del capitalismo nostrano chiedevano di tenere tutto aperto salvo poi, davanti all’evidente dramma che stava succedendo (e che continua oggi con centinaia di morti e migliaia di contagiati ogni giorno), ammettevano di essersi sbagliati.
E si potrebbero aggiungere anche altre questioni.
L’indifferenza riguardo gli invalidi e i morti per infortunio sul lavoro e per
malattie professionali. Un’indifferenza frutto anche della sostanziale
mancanza di informazioni su questo tema. Un numero impressionante di vite
spezzate, un massacro di migliaia di donne e uomini ogni anno che viene
considerato spesso una fatalità. Certo si aggiunge il termine “tragica”, si
dicono frasi di circostanza, si afferma che “mai più”, infine tutto torna come
prima nell’ombra, nel disinteresse. In definitiva la sicurezza nel lavoro è un
costo, così si ritorna al concetto che i soldi sono più importanti della vita e
della salute di chi lavora.
Non solo. I licenziamenti che vengono considerati come ineludibili.

Quante volte si è sentito affermare dai vertici confindustriali che il blocco dei licenziamenti esistente in periodo di coronavirus è penalizzante per
l’economia, che è insostenibile da parte delle imprese? E quante aziende
hanno chiuso lasciando a casa centinaia di lavoratori e gettando sul lastrico le loro famiglie? Di pochi giorni fa è la notizia della chiusura della Forall di
Quinto Vicentino (azienda tessile che produce abbigliamento Pal Zileri) che
farà perdere il lavoro a oltre 350 persone. Ma è mai possibile che a pagare le crisi, in definitiva, siano sempre i lavoratori?

Nel mondo capitalistico le cose non cambiano. Una per tutte è la quotazione
in borsa a Wall Street dell’acqua che verrà destinata al mercato dei derivati.
Con questa mossa si vuole fare profitto e guadagnare anche dal bene
primario per eccellenza, l’acqua. Una risorsa indispensabile alla vita stessa
degli esseri che popolano il pianeta. Un bene pubblico che deve essere di tutti e gratuito sul quale si vuole speculare e “fare soldi”.

Come si legge da più parti l’idea è nata presso l’Economics of Ecosystems and Biodiversity di organizzazioni come l’ONU, la FAO, la Banca Mondiale e con il supporto della UE, seguendo il dettame che gli Stati devono privatizzare anche le risorse naturali. In questa maniera le multinazionali otterranno guadagni consistenti da un bene del quale nessuno può fare a meno.
La democrazia resta un feticcio, una parola e nulla più, qualcosa di vuoto e
impalpabile infarcito di slogan utili solo a distrarre la folla. 
Si “gioca” sulla pelle dei popoli sfruttando le previsioni atmosferiche e i
disastri ambientali per fare soldi. E’ logico pensare, ad esempio, che una
siccità (o anche solo una previsione di essa) farà alzare il valore in borsa
dell’acqua e qualcuno guadagnerà sulla sete di popoli interi. È altresì facile
prevedere che ci saranno, molto probabilmente, operazioni di aggiotaggio.
L’acqua diventerà un “bene privato” con il quale si faranno soldi e tanti.

Avrà un prezzo e a pagarlo sarà la stragrande maggioranza della popolazione mondiale costretta sempre più a carestie, siccità, guerre … che verranno scatenate perché l’acqua non servirà solo a dissetare ma a fare profitto.
Rendiamocene conto che, la quotazione in borsa dell’acqua, è una cosa
gravissima che avrà conseguenze disastrose per tutti. E che è anche qualcosa che si lega alle parole di Guzzini, alla lettera di Bergamo, ai morti sul lavoro, ai licenziamenti. Un legame stretto perché è sempre la stessa ideologia che guida tutto questo.

L’ideologia capitalista che considera qualsiasi persona, animale, pianta, territorio fonte di guadagno per pochi, cose da sfruttare.
L’importante sono i soldi, il profitto di pochi. Il resto non conta.

Questa è la globalizzazione del sistema capitalista e questo è il “realismo
capitalista” al quale, come vogliono lorsignori, non ci si può né ci si deve
opporre.
Il vero volto del capitalismo è proprio questo.

Affermare (seppur con tante scuse a posteriori) “anche se qualcuno morirà,
pazienza”, ostentare indifferenza riguardo i morti sul lavoro, considerare i
licenziamenti e la disoccupazione qualcosa di inevitabile per mantenere alti i profitti, speculare sull’acqua sono solo esempi aberranti di un sistema
spaventoso retto da pochi “illuminati” che si sono autonominati padroni non solo del mondo e delle sue risorse ma anche delle persone.

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