CARBURANTI ALLE STELLE,  IL REGALO DI NUOVO ANNO DELLA MELONI

Chi dice che l’Italia stia andando indietro trova nelle decisioni del governo sulle accise dei carburanti una smentita. Dal 1° gennaio i prezzi di benzina, gasolio e diesel – come prima del metano – ci  stanno proiettando al vertice delle classifiche europee. 

La benzina è data ora mediamente a 1,827 euro al litro, e con ciò l’Italia che era al 10° posto nell’Unione europea è salita al 4° posto. Per il gasolio con una media di 1,891 euro al litro  siamo al terzo posto più alto dopo Svezia e Finlandia; per il diesel dal 12° posto si è ora nelle prime file e secondo il Codacons potrebbe salire a 2,5 euro in autostrada.  Inutile dire che l’aumento del costo dei trasporti ha un impatto inevitabile di ricaduta sul prezzo dei prodotti trasportati, e dunque spingerà all’aumento del costo della vita.

Tutto questo non ha niente a che vedere con preoccupazioni governative per il clima.  Ha a che vedere invece come ammette  il “Corriere della sera” (8 gennaio, p.  7), con “il ‘doppio’ embargo europeo imposto al petrolio russo: quello sul greggio importato via nave scattato lo scorso 5 dicembre e quello imminente sui prodotti raffinati russi che decorrerà dal 5 febbraio”.

In altre parole è una delle conseguenze dei provvedimenti autolesionisti fatti pagare ai lavoratori e al popolo per seguire gli Usa nella guerra economica e militare alla Russia: uno dei “danni collaterali” della politica di incentivazione e aggravamento della guerra, in nome della quale la Meloni si appresta ad inviare a Zelensky nuove forniture di armi sempre più sofisticate e nuovi aiuti, salvo poi ipocritamente lamentarsi per la tragedia che vivono gli abitanti dell’Ucraina, tartassati dai bombardamenti nella parte orientale filo-russa come nella parte occidentale filo-americana.

Per questo risultato alla Banca centrale ucraina sono stati forniti lo scorso anno in “aiuti e prestiti”  soprattutto dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, tra cui anche l’Italia, “oltre 32 miliardi di dollari” (Il Sole 24 Ore, 8 gennaio, p. 9).

Questo trasferimento e dissipazione di risorse, se arricchisce pochi produttori di armi e speculatori della distribuzione dei prodotti energetici, è pagato con un pesante aggravio delle condizioni del popolo lavoratore, è dunque un crimine nel crimine. Bloccare la politica guerrafondaia, fermare la guerra e spingere le parti in conflitto alle trattativa, è una priorità assoluta in questo anno che comincia; per ragioni umanitarie e per ragioni economiche, contenere il prezzo dei carburanti  e sopravvivere.

One Comment

  1. Tognazzo Gregorio

    Non va dimenticato che la causa prima della guerra in Ucraina è nella completa sudditanza della Nato alle politiche Usa. Bastava che gli stati ue avessero preteso maggiori e migliori consultazioni alla Nato e non si fossero criminalmente espansi alle spese degli stati ex patto di Varsavia per ridefinire i confini con l’ex Unione Sovietica e rappresentare così la grande minaccia militare che ora sono finiti ad essere, per imporre agli usa una politica meno guerrafondaia e rivendicando il diritto di libero commercio con Eurasia al posto della guerra commerciale ora in atto… la guerra in Ucraina non sarebbe mai nata! … le sanzioni non avrebbero mai raggiunto i limiti attuali comprese le conseguenze sui prezzi energetici e a quanto ad essi correlato. Chi è causa del proprio male . pianga se stesso!

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