Confronto a Bari su immigrazione: cause, effetti e compiti dei comunisti

Con attenzione e pazienza anche qui, in Terra di Bari, subito dopo il 1° Congresso del nostro Partito, abbiamo avviato contatti e di incontri per riconnettere i comunisti e le variegate componenti della contraddittoria sinistra di classe e del mondo delle associazioni democratiche. Tutte preoccupate dalla pervasiva azione delle destre nazionaliste e populiste ma inerti e disorientate dalla imbelle opposizione di forze politiche compromesse che vagheggiano riedizioni d’un sedicente centrosinistra.

Gli incontri cittadini tenuti hanno visto una partecipazione articolata, che comprende PCI, PRC, PaP, Comitato difesa ed attuazione della Costituzione, centri sociali ed associazioni di cittadinanza consapevole. Abbiamo al momento la proposta di una data possibile, il 21 settembre per indire una manifestazione pubblica , ed il tempo di pochi giorni per varare e proporre all’opinione pubblica della città metropolitana, una chiara proposta politica unitaria, con obiettivi credibili, condivisi e praticabili, capace di raccogliere tutte le convergenze possibili a dare vita ad un fronte ampio di organizzati e singoli concittadini che non crolli il giorno dopo.

Lentezza, diffidenza, spesso contraddistinguono questi tentativi politici di confronto: è la consapevolezza di quanto siano enormi e gravi per tutti le difficoltà politiche da superare, a fronte del fatto che da ad oggi, in Italia come in Europa, “la questione delle migrazioni” è la sola ed unica notizia ossessivamente ripetuta, – a scapito delle questioni del lavoro, della mancata politica industriale, del dualismo crescente tra Nord e Sud d’Italia – tanto decisiva anche ai fini della formazione del contratto di governo Lega-M5S, e declinata con linguaggio stereotipato sua stampa, notiziari e format televisivi.

Per noi del PCI barese primo obiettivo è disvelare a tutto il mondo del lavoro subordinato il sistemico sfruttamento schiavistico di tutti i lavoratori, siano essi dell’agricoltura o dell’industria, delle costruzioni o del commercio, dei servizi come dell’impiego, italiano ed immigrati che siano. Tutti egualmente costretti ad accettare obblighi di lavoro, di orario e di salario, funzionali agli interessi della produzione capitalistica di merci e beni commercializzati con spietatezza concorrenziale, dal padronato dell’industria e della distribuzione connesso alle lobby della finanza estorsiva nazionale e multinazionale, e protetto da sodali forze politiche e potenti organismi di servile informazione.

Altrettanto va fatto per denunciare le responsabilità complici, della destra nazionalista e populista e del centrosinistra e della socialdemocrazia al Governo, responsabili, in Italia come in Europa, dell’aver piegato le Istituzioni democratiche a difesa degli interessi del capitalismo e della finanza monopolista, dei loro mercati azionari e delle loro banche, in cui spesso il riciclaggio dei proventi criminali della tratta e dell’economia sommersa è pratica ordinaria.

Rifiutiamo ogni ipocrita indignazione in gramaglie per i ripetuti e tragici eventi, di chi mantiene le pratiche dello scambio diseguale dei beni collettivi ambientali e dei prodotti naturali ed energetici, lavora incessantemente alla demolizione di diritti sociali universali, all’affievolimento della legalità, della trasparenza ed equità fra i lavoratori e non disdegna la guerra contro i Paesi riottosi ai desiderata capitalisti e monopolisti.

Condividiamo il lavoro di costruzione d’una battaglia politica di classe e unitaria, per sconfiggere quell’armamentario fuorviante e divisivo sul ruolo delle navi ONG, sugli arrivi dalla Libia, sui porti chiusi, sul danaro sprecato, sulla velleitaria richiesta di intervento della U.E., che viene opposto all’accoglienza umanitaria, all’intervento salvifico delle persone migrati, nell’intento di polarizzare e frantumare un’opinione pubblica sui falsi temi della criminalizzazione e dei rimpatri contro l’accoglienza e l’assistenza solidale.

Riteniamo indispensabile profilare il carattere di filiera, d’una immigrazione anche subdolamente alimentata che inconsapevolmente concorre a mantenere la condizione precaria e di sfruttamento di lavoratori, ricattati dalla disoccupazione, dal crollo del valore dei salari, dai prezzi al consumo di beni tariffari, in cui sono leggibili tutte le correlazioni tra i monopolisti agroalimentari dei prestigiosi marchi pubblicizzati, le grandi strutture di confezionamento e distribuzione che incettano ovunque, ingenti quantità di merci e di produzioni agroalimentare, imponendo ex-ante prezzi di acquisto per pomodori, ortaggi, uva, legumi, frutta, olive, latte, cereali e granaglie e la conseguente imposizione di condizioni schiaviste degli addetti nei campi e nella trasformazione dei prodotti.

Sappiamo essere parte di queste complesse correlazioni, gli iniqui e diseguali trattati commerciali internazionali, la imposizione di politiche limitative e sanzionatorie della U.E., la guerra sui dazi doganali.

Sappiamo che la vera responsabilità originaria si annida nel complesso sistema di sfruttamento capitalistico d’ogni bene e d’ogni risorsa, pur conscio che i prezzi imposti poco remunerano il costo puro di produzione, mantiene questa unica risposta alla continua riduzione dei profitti assottigliati da guerre commerciali, finanziarie e valutarie.

Sappiamo che a fare filiera sono chiamati i proprietari terrieri e coltivatori, ovunque allocati per dimensione e prodotti, “obbligati coatti” ad accettare le imposizioni di monopolio e “sodali facilitatori” dell’accaparramento di merci a basso costo a mezzo di lavoratori, di cui non conoscere nomi, provenienze, numero, condizioni di quotidianità, meglio se ghettizzati in periferie ed isolati dai centri urbani e dai carenti servizi sociali; ancor meglio se trasportati in forme anonime da soggetti terzi prezzolati.

Combattiamo questo perverso combinato di cause ed effetti, catafratto nel cinico rimestare dei problemi posti dalla presenza e dal rispetto dovuto e negato al lavoro immigrato e autoctono, e dunque chiunque operi alla cancellazione della storia e dei diritti dei lavoratori oppressi e sfruttati, nei nostri come in altri Paesi, è colpevole dell’acuirsi del livello di indifferenza e di illegalità, di familismo amorale e di mafiosità, e delittuosamente opera ad inquinare il vissuto quotidiano d’ogni convivenza.

Riteniamo compito di tutto l’Antifascismo della Costituzione della Repubblica una battaglia politica costante per riaffermare i valori universali della faticosa storia di conquista di diritti che i lavoratori oggi si vedono ampiamente negati, in occidente ed al pari di grandi masse di genere umano, recluse senza speranza, sfruttati ed assassinati in Patria o lungo le rotte di migrazione, sui posti di lavoro o nei Paesi d’origine dei movimenti migratori.

E’ sempre “antico e moderno” lo sfruttamento capitalistico che nell’immigrazione trova ancora una volta un esercito di lavoratori disoccupati di bassissimo valore, minaccioso delle già depresse condizioni di lavoro sostanzialmente precarie, ed a questo aggiunge l’interesse monopolista geo-politico strategico a depotenziare e svuotare di energie giovanili e di risorse intere aree dei Paesi Africani ed Asiatici, minandone ogni possibilità di progresso, sospingendo verso luoghi distanti e senza alcun interesse sul come, dove ed in quali condizioni, possano sopravvivere, uomini e donne e bambini.

Non ci nascondiamo alle contraddittorie conseguenze sociali e politiche che derivano dalle politiche di “olocausto sociale” che colpiscono in profondità e dividono ed alimentano il malanimo di lavoratori e concittadini dei luoghi di approdo dell’immigrazione. A questi proponiamo obiettivi ed azioni di lotta di unitarie di autoctoni ed immigrati, per smontare l’uso antipopolare ed eversivo della questione immigrati, teso a demolire norme di tutela sociale e politica del lavoro di tutti, sanciti della nostra Costituzione.

E’ necessaria una dura battaglia politica e sindacale unitaria, meglio se a valenza europea, condotta su orario lavorativo, standard minimo salariale, formazione e sicurezza sul lavoro, utilizzo no profit dei beni collettivi e rispettoso esercizio dei diritti universali; ripristino del collocamento pubblico e cancellazione delle agenzie interinali e di ogni intermediazione privata di manodopera a difesa del lavoro.

Decisivo è riprendere la programmazione dell’intervento dello Stato in economia, rinazionalizzando le imprese di produzione energetica, delle comunicazioni, dei trasporti e dell’acciaio; riaffermare la funzione sociale della proprietà privata, il ruolo delle Assemblee Elettive ed i poteri della Pubblica Amministrazione per il corretto esercizio della democrazia e partecipazione, per l’uguaglianza e la libertà.

di Franco De Mario, Segretario Regionale PCI in Puglia

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