di Partito Comunista Italiano – Toscana
Sembrava impossibile, ma i dipendenti della Bekaert di Figline Valdarno sono riusciti a bloccare tutti i 318 licenziamenti annunciati dalla proprietà e a tracciare un percorso che possa portare alla reindustrializzazione dello stabilimento. Ciò è avvenuto grazie al profondo legame creato con la popolazione di Figline e del circondario, alla valenza simbolica di una lotta che parla a decine di altre realtà simili e alla catena di solidarietà che si è sviluppata in tutta Italia, grazie soprattutto al presidio operaio di fronte alla fabbrica, che ha fra l’altro impedito il trasferimento altrove dei macchinari. La richiesta (accordata dal Governo negli ultimi giorni utili, con la firma di Mattarella sul relativo decreto) della RSU Bekaert e delle Organizzazioni Sindacali, FIOM in prima fila, di ripristinare la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria per cessata attività (eliminata con l’introduzione del Jobs Act dal Governo Renzi) ha permesso alle maestranze di ottenere il ritiro dei licenziamenti, consentendo loro di mantenere la massa di pressione necessaria per arrivare all’accordo siglato al Ministero dell’Industria e dello Sviluppo Economico.
Per quindici mesi i lavoratori e le lavoratrici della Bekaert continueranno a percepire un reddito, a portare il pane a casa. In questo lasso di tempo non solo la multinazionale ma anche la Regione e il Governo dovranno cercare un compratore che garantisca una solida ripresa produttiva. La Bekaert dovrà pagare un prezzo per la sua scelta di delocalizzare, praticando uno sconto al compratore di quarantamila euro per ogni lavoratore riassunto. In questi giorni le lavoratrici e i lavoratori si esprimeranno sull’accordo e il loro voto sarà vincolante.
Questo risultato, positivo rispetto alla debolezza del mondo del lavoro nei confronti dell’attacco sistematico che sta subendo da padronato e Governi, al quale va aggiunta la recente sentenza della Corte Costituzionale rispetto ai criteri sugli indennizzi per i licenziamenti senza giusta causa o giustificato motivo, deve essere considerato un passo avanti nella lotta per l’abolizione del Jobs Act e per il ripristino e l’estensione a tutti i lavoratori delle tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per la ricostruzione di una nuova coscienza di classe. Lotta da affiancare a quella per un piano di investimenti e programmazione economica statale, che blocchi le privatizzazioni e avvii un processo di nazionalizzazione dei settori strategici dell’economia italiana.