di Luca Cangemi, Segreteria nazionale Pci e responsabile Scuola
L’accordo che assegna un aumento di centinaia di euro mensili agli stipendi dei dirigenti scolastici rende ancor più insopportabile la già gravissima ingiustizia retributiva che caratterizza la scuola italiana. Le retribuzioni dei docenti e del personale tecnico amministrativo della scuola italiana sono da tempo a livelli inaccettabilmente bassi. I lavoratori e le lavoratrici della scuola hanno ricevuto colpi durissimi sul piano delle retribuzioni come su quello pensionistico e delle condizioni di lavoro. In perfetta continuità con il passato berlusconiano e renziano l’attuale governo non stanzia risorse neanche per iniziare ad affrontare questo problema. Si trovano invece le risorse per un maxi-aumento ai dirigenti scolastici.
Che i presidi sommeranno agli introiti (per loro automatici) del progettificio permanente a cui, alcuni di essi, si dedicano molto più che al funzionamento didattico e organizzativo degli istituti. Il segnale politico che viene dal governo è chiaro ed è un segnale di un’ulteriore verticalizzazione del potere nella scuola.
Altrettanto grave è il segnale dal punto di vista sindacale: se è comprensibile la soddisfazione dell’Associazione Nazionale Presidi, anima nera di questi anni di controriforma della scuola, come possono giustificare la firma organizzazioni che vorrebbero rappresentare gli interessi di tutti i lavoratori e le lavoratrici della scuola e che fanno parte di sindacati confederali che dovrebbero porsi il problema dell’unità dell’intero mondo del lavoro?
Questa vicenda gravissima conferma che bisogna riaprire una dura stagione di lotta nel mondo della scuola, contro indirizzi politici che ne colpiscono il carattere pubblico e democratico e che penalizzano, ogni giorno di più, chi vi lavora.