Luigi Longo, Segretario del PCI

di Alex Hobel, Responsabile Cultura, Formazione Quadri, Studi e Ricerche PCI

  1. Luigi Longo è stato certamente una delle figure più importanti del comunismo italiano, e non solo italiano. Al tempo stesso si tratta di una figura ancora non sufficientemente studiata e di cui non si è valutato appieno il ruolo centrale nella storia del PCI. Secondo G. Boffa, Longo è stato “il miglior segretario generale del Partito comunista italiano” 1 . La sua Segreteria, dalla morte di Togliatti (1964) al XII Congresso (1972), costituisce uno dei periodi più interessanti e vivaci della storia del Partito comunista italiano, durante il quale si sono sviluppate alcune linee di tendenza della “via italiana” ma si sono segnati anche forti elementi di discontinuità.
    Alla scomparsa di Togliatti, l’elezione di Longo apparve subito un fatto naturale e scontato. Vicesegretario dal V Congresso (1945), per vent’anni era stato il “braccio destro” di Togliatti. Del resto, il passaggio di consegne era stato avviato dal “Migliore” già qualche mese prima. Nel marzo 1964, Togliatti aveva scritto a Longo una lettera in cui chiedeva di essere sollevato dall’incarico di membro della Segreteria, per motivi di salute. A ciò era seguita una discussione nel gruppo dirigente, conclusa con un comunicato interno che affidava a Longo “la responsabilità del lavoro della Segreteria” 2 . Cosicché, quando Togliatti si spegne, la Direzione indica subito il nuovo Segretario 3 . Intanto Longo ha già compiuto il suo primo atto politico da nuovo leader del Partito. Nel discorso ai funerali di Togliatti, ha annunciato l’esistenza del Memoriale di Jalta 4 ; il che, come egli stesso riconoscerà, “implicava l’impegno alla sua pubblicazione” 5 . Questo – sottolinea Tortorella –, oltre ad essere “un gesto che innova profondamente rispetto al passato”, rappresenta una precisa scelta politica, tesa in primo luogo a riaffermare “la strada intrapresa dell’autonomia e dell’‘unità nella diversità’” 6 . L’altro importante segnale di discontinuità riguarda invece lo stile di direzione del Partito. Appena eletto, Longo richiama le conclusioni della recente Conferenza d’organizzazione (“decentramento”, “allargamento e rinnovamento del quadro dirigente”, “maggiore partecipazione”, “franco confronto delle posizioni”), facendo appello da un lato al metodo della “collegialità delle decisioni” e della “corresponsabilità di tutti i dirigenti”, e dall’altro alla necessità di preservare l’unità del Partito 7 . Longo si porrà quindi come un “primus inter pares”, promovendo effettivamente una gestione collegiale del partito. In Direzione chiarisce che, rispetto al leader scomparso, ha “una concezione diversa di segreteria. Togliatti era il capo del partito […] perché rappresentava in sé l’unità. Io devo essere il segretario generale raccogliendo da tutti quello che poi devo sintetizzare nella mia funzione” 8 . Ricorda Macaluso: Longo, subito dopo l’elezione, chiarì che non c’era più un capo, ma un segretario, primus inter pares. E assolse il suo compito mostrando capacità politiche notevoli, modestia, rigore nel lavoro, e praticando una collegialità reale. Nel PCI non ho mai visto un’altra persona che, come Longo, considerasse le opinioni degli altri così degne da fargli cambiare le proprie 9 .
  2. Dopo la morte di Togliatti, nel PCI inizia una fase di vivace confronto interno. Moro guida un centro-sinistra che, dopo la crisi del luglio 1964, ha imboccato la via del ripiegamento e della rinuncia ai principali propositi riformatori. Il PCI, quindi, passa dalla “opposizione di tipo particolare” voluta da Togliatti verso il primo centro-sinistra a giudizi sempre più duri sul governo, accompagnati però da una ripresa dell’iniziativa unitaria verso cattolici e socialisti. Ai primi, Longo dedica un importante passaggio del suo primo Rapporto al CC da Segretario, sulla scia del discorso di Togliatti a Bergamo 10 : Noi non consideriamo affatto pregiudiziale ad ogni possibilità di incontro tra cattolici e comunisti, la rinuncia, da parte degli uni o degli altri, alle proprie concezioni ideali. […] siamo per una società articolata sul concorso di una pluralità di forze politiche e ideali, comprese naturalmente quelle religiose, e capaci di realizzare […] una reale pienezza di libertà e di democrazia. […] siamo convinti che in questa fase storica, la coscienza religiosa non possa non entrare in contraddizione e in conflitto con le condizioni di sfruttamento e di limitazione della persona umana, proprie della società capitalistica. […] Perciò, noi non ci limitiamo a proporre ai cattolici un accordo su un programma immediato […]. Noi proponiamo un discorso più ampio che includa anche la prospettiva socialista.

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Longo è tra i primi a capire che “l’unità dei cattolici nella democrazia cristiana è un mito che non corrisponde più alla realtà”, per cui invoca “un’azione convergente svolta dall’interno e dall’esterno della democrazia
cristiana”, volta a promuovere un dialogo coi comunisti che miri ad una “nuova maggioranza”. L’altro cardine di questa strategia è il rilancio di una politica unitaria coi socialisti, teso a contrastare il progetto di Saragat e Nenni di unificazione tra PSI e PSDI. Longo esorta a “creare nuovi rapporti tra […] comunisti e socialisti”, ponendo in prospettiva la “creazione di un solo partito della classe operaia”, per la quale sa che occorre un lungo processo di maturazione 11 . Allorché Amendola mette all’ordine del giorno questo obiettivo 12 , nella Direzione del PCI si apre un dibattito abbastanza vivace. Per Longo, quello di “un partito di tutte le forze che vogliono il socialismo, cioè il problema dell’unificazione di queste forze, è un problema reale […]. Non tutti i socialisti vogliono unificarsi con la socialdemocrazia”, e lo stesso PSIUP rischia di non reggere; dunque, “il problema di un raggruppamento di partiti, o qualcosa che oggi non si vede, si porrà” 13 . Longo in sostanza rinvia nel tempo e circoscrive la proposta di Amendola, ponendo le basi per quella convergenza che avverrà poi tra PCI, PSIUP e “indipendenti di sinistra”. Su “Rinascita” osserva che, nella fase attuale, si apre il problema dell’accesso alla direzione politica del paese di un nuovo blocco di potere […]. Per questo è necessario accrescere nella vita nazionale il peso della classe operaia e delle masse lavoratrici, […] mediante il rafforzamento di tutto il tessuto unitario già esistente […] e la sua estensione a […] trasformazioni che si orientino verso il socialismo.

D’altra parte, Longo mette dei “paletti” ideologici precisi: il nuovo partito dovrebbe fornire una “direzione classista e marxista dei processi […] di cui sono protagoniste le grandi masse lavoratrici” 14 .

  1. Alla vigilia dell’XI Congresso, il dibattito nel gruppo dirigente comunista vede forti momenti di scontro, specie tra la sinistra di Ingrao e Reichlin e la destra di Amendola e Alicata. Per Longo, bisogna “rendere possibile la collaborazione di questo gruppo dirigente” anche dopo il congresso 15 . Alla sessione del Comitato Centrale che deve discutere il Progetto di Tesi, il suo Rapporto è un apprezzabile tentativo di sintesi unitaria, a cui si richiameranno anche in seguito le varie “anime” del Partito. Egli pone al centro del dibattito questioni che vanno dal “nuovo tipo di sviluppo alternativo” (sostenuto da Ingrao) alla “lotta per una nuova maggioranza e per l’unificazione politica della classe operaia” (cara ad Amendola). Per Longo, occorre una piattaforma che “unisca nell’azione tutte le forze operaie e democratiche”, e “parte integrante di questa alternativa è la lotta tendente ad affermare un nuovo modello di sviluppo economico”: Noi pensiamo che fra i compiti principali della nostra discussione […] vi sia proprio questo: di definire le linee e le caratteristiche di fondo di un nostro modello di sviluppo alternativo a quello della programmazione capitalistica. Non si tratta, evidentemente, di definire un insieme di misure di politica economica da attuare in blocco […]. Quello che noi dobbiamo indicare è una linea di sviluppo, un processo, sono gli obiettivi generali che si devono perseguire per determinare un tipo di sviluppo diverso dall’attuale. Egli, quindi, riconosce la necessità di un’elaborazione sul “modello di sviluppo”, che vede però come un processo. Per Longo, occorre “costringere profitto e mercato ad operare in una linea di sviluppo capace di determinare nuove compatibilità”; e creare “adeguati strumenti istituzionali e di politica economica atti ad imporre un comportamento dei centri di decisione in materia di investimenti che non sia in contraddizione con gli obiettivi del piano, atti a incoraggiare determinati investimenti privati e a scoraggiare lo sviluppo eccessivo di altri”. Perciò, occorre “una generale riforma dello Stato che modifichi in senso democratico il rapporto tra potere economico reale e organismi rappresentativi, e tra organismi rappresentativi e masse popolari” 16 . Dunque, almeno una parte delle istanze di Ingrao è stata accolta. Tuttavia nel CC si rinnovano le contrapposizioni, e Longo si schiera con Amendola e Alicata 17 . Successivamente, ricuce la frattura con Ingrao, convincendolo a desistere dal proposito di dimettersi dall’incarico di capogruppo alla Camera. E allorché in Direzione si delineano una posizione intransigente ed una dialogante, Longo sostiene decisamente quest’ultima, e precisando che, “se c’è una reale divisione, non la si supera solo con la omogeneità” dei gruppi dirigenti, ma con “il confronto e il dibattito” 18 . Nel Rapporto all’XI Congresso (gennaio 1966), Longo torna sul “nuovo ‘modello’ di sviluppo”, inteso come “una indicazione di marcia, una prospettiva, un’idea forza, capace di dare indirizzo, unità e

coerenza a tutto un vasto arco di rivendicazioni […] un processo di iniziative politiche, di lotte e di conquiste graduali”, nel quadro della lotta per “una trasformazione democratica dello stato, che apra la strada al socialismo”. Ma innanzitutto occorre superare la conventio ad excludendum ai danni del PCI. Urge mettere fine a un processo […] di continuo logoramento e degradamento del regime democratico […]. Mettere fine a tale processo vuol dire […] stabilire un nuovo rapporto tra il governo e l’opposizione […]. È necessario che […] le grandi forze operaie e popolari che seguono il nostro partito […] non vengano più escluse dal dare un contributo […] alla soluzione dei problemi nazionali. […] È in questa assurda, arbitraria divisione della nazione […] la causa del grave deterioramento del regime democratico 19 . Anche se il dibattito congressuale è molto aspro, e lo stesso Longo polemizza con Ingrao sulla “pubblicità del dibattito”, il congresso non si chiude con una rottura. Del resto, il confronto si è sviluppato nei mesi precedenti, cosicché esso giunge al congresso in parte già stemperato, proprio grazie all’opera di mediazione di Longo, e all’ampiezza del dibattito che questi ha consentito e incoraggiato, e in virtù del quale, pur tra i conflitti, si è già delineata una nuova linea relativamente unitaria 20 . Cosicché l’XI Congresso, nonostante i suoi limiti, rappresenta un primo momento di sintesi e risistemazione della linea politica del Partito dopo la morte di Togliatti 21 .

  1. Nelle settimane successive, Longo continua a perseguire il dialogo unitario con le componenti più avanzate dell’area socialista e cattolica. Per il Segretario comunista, va impostata “una linea di resistenza all’unificazione” PSI-PSDI 22 ; ossia va data una sponda ai “dissenzienti”, ma soprattutto va salvato quel radicato tessuto unitario che esiste nei sindacati, nelle cooperative, negli enti locali. Quanto al dialogo coi cattolici, Longo sottolinea “il distacco” fra la politica della DC e le acquisizioni “di masse cattoliche sempre più grandi” sui problemi sociali e sul Vietnam 23 . Di fatto, su queste due tematiche si registrano crescenti spinte unitarie in senso progressista delle masse cattoliche e socialiste.
    Per Longo, esse vanno “dirette contro i vertici”, ponendo “la questione dei nuovi rapporti” col PCI. In qualche modo, egli propone una sorta di fronte unico dal basso: “Puntare su una frattura tra cattolici avanzati e DC, tra Nenni e le masse socialiste che non vogliono rinunciare alla lotta di classe. Qui c’è la nostra strategia per creare un nuovo schieramento” 24 . Intanto sulla scena politica italiana è visibile la ripresa delle lotte operaie, e non mancano episodi di contestazione del sindacato, considerato troppo arrendevole. Nella Direzione comunista, Longo è tra i primi a cogliere la dimensione del fenomeno, invitando a “vedere se si tratta solo di manifestazioni limitate o se non indichino qualcosa di più profondo” 25 . Davanti al CC, invita a concentrare l’iniziativa del Partito in primo luogo sui ceti urbani, “la nuova classe operaia, i tecnici, gli impiegati e gli insegnanti”, oltre che sui giovani, con cui va instaurato un “confronto più aperto e più largo” 26 . I soggetti sociali indicati sono di fatto quelli che maggiormente saranno presenti nelle lotte del triennio successivo. Nelle stesse settimane, le lotte dei lavoratori pongono con forza la questione dell’unità sindacale, cui è collegata quella dell’autonomia dei sindacati dai partiti. Per Longo, “nell’attuale situazione”, in cui non mancano “tendenze alla rottura […], uno sviluppo unitario sul piano sindacale-sociale può rappresentare un freno […]”. Parlando al CC, saluta positivamente la “prospettiva dell’unità organica di tutti i sindacati”, dichiarando la disponibilità del PCI sulla questione dell’incompatibilità “anche fra cariche sindacali e cariche di partito” 27 . È il contributo del PCI al processo di unità sindacale. Nel 1967, si susseguono anche lo scandalo dei fascicoli segreti del SIFAR, le rivelazioni sull’esistenza di un progetto di golpe durante la crisi del luglio 1964, il colpo di Stato dei colonnelli in Grecia. Si pone dunque con urgenza la questione democratica. Longo avanza la richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti del luglio ’64, e dà alla Direzione indicazioni precise: C’è il problema della preparazione del partito a svolte brusche, in cui non c’è tempo per comunicati. Se si dovesse arrivare a delle strette, avremo misure molto difficili anche se non si tratterà di una ripetizione della Grecia. Cioè [c’è] la necessità che il movimento abbia la sua spinta, anche se non ci sarà il giornale o il comunicato. [Occorre] creare una preparazione politica per cui ognuno sappia quello che deve fare per sviluppare il movimento in quelle condizioni. […] Dobbiamo anche pensare che non sempre potremo utilizzare telefoni o macchine. Non si tratta di creare organizzazioni fantasma, ma di sapere come comportarsi in certe evenienze 28 .

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Quando emergono i particolari del “piano Solo”, Longo commenta: “Quel che risulta è estremamente grave”; “tutte le cose più delicate sono infestate di agenti americani che possono mettere in moto questi strumenti, anche all’insaputa delle autorità politiche”. La conclusione è tutta politica: occorre “una campagna contro la NATO” e “l’interferenza americana”. Successivamente, osserva: “Non credo che ci sia oggi un pericolo di colpo di Stato alla greca. Ma ci sono pericoli autoritari che possono avanzare anche in modo indolore, su spinta di forze esterne. […] Possono esserci pericoli di interventi autoritari, anche già in marcia: infiltrazioni poliziesche, organi NATO, interventi interni che nascano da provocazioni […]”. Pertanto, occorre “mirare a un certo schieramento di massa nei confronti di questi pericoli”, poiché “cercheranno certo di colpirci in qualche modo” 29 . Per certi versi, Longo intuisce ed anticipa quella che sarà la “strategia della tensione”, prefigurando anche la risposta da darle, ossia appunto la costruzione di uno schieramento democratico il più possibile ampio ed unitario.

  1. Ma ormai c’è un altro elemento nuovo nella vita politica e sociale: il movimento studentesco. Già in uno dei primi confronti in Direzione, Longo gli dedica un’analisi acuta. Il movimento va collegato a un fenomeno più generale […], che si esprime su molti piani (famiglia, scuola, società, ecc.) e che investe anche noi. […] Se facciamo nostra solo una posizione critica degli aspetti più stravaganti del movimento in corso non otterremo un gran costrutto. Se guardiamo invece cosa c’è sotto queste spinte il discorso diventa più concreto. […] anche noi dobbiamo superare una certa posizione di diffidenza 30 . In effetti le diffidenze ci sono, e sono reciproche, ma il Segretario comunista fa di tutto per superarle. Parlando al CC, collega la mobilitazione studentesca alla più complessiva battaglia per la democrazia, e si mostra molto sensibile alle tematiche del movimento, affermando che “l’istituto universitario deve essere democratizzato attraverso forme di autogoverno […] che sappiano raccogliere e rendere permanenti le esperienze nuove […] di vita democratica che scaturiscono dalla lotta in corso” 31 . Per Longo, il movimento studentesco matura in una direzione non certo estranea alla nostra lotta ed alla nostra strategia. Matura, è vero, ancora con incertezze, contraddizioni e confusioni […]. Ma è proprio qui che il discorso ci chiama in causa […]. È per questi motivi che io concordo con quei compagni che hanno posto l’accento […] sulla necessità di rimuovere ogni mentalità di routine, ogni tentazione di guardare i fatti attraverso schemi precostituiti. Dobbiamo invece incoraggiare […] un atteggiamento di apertura, di intelligente comprensione del nuovo […] 32 . Alla vigilia delle elezioni, Longo “getta tutto il suo peso a favore di una posizione più dialettica tra Partito e movimento studentesco” 33 . L’incontro che ha con alcuni esponenti del movimento studentesco romano (ma interni o vicini al PCI) segna forse il momento più importante nel rapporto PCI/movimento: “Longo parlava in modo bonario, senza formalismi e con – almeno apparente – apertura. […] L’impressione che ne avemmo fu quella di un politico che parlava fuori da schemi preconcetti e con grande sensibilità per le forze in campo” – ricorderà Scalzone 34 . L’incontro con gli studenti, secondo Trentin, “sembrò segnare una svolta nell’orientamento […] del PCI”; ma, aggiunge Tortorella, “nell’immediato, quel gesto servirà a poco, perché ormai era tardi e il dialogo era quasi impossibile”, “anche perché Longo rimane solo in questo esempio” 35 . Da quell’incontro ha origine l’articolo di Longo Il movimento studentesco nella lotta anticapitalistica. Per il Segretario del PCI, quello studentesco non può essere considerato come un movimento ‘settoriale’ […]. È vero che esso pone anche ‘rivendicazioni’ […] ma come aspetti di problemi più generali della società, cioè come momenti di lotta contro l’autoritarismo scolastico e capitalistico […]. […] È così che il movimento studentesco si incontra con tutta la tematica e con tutti i problemi del movimento rivoluzionario italiano di cui viene ad essere un aspetto e un momento. Dunque bisogna “trovare il legame politico e di azione tra le rivendicazioni studentesche […] e i problemi del movimento operaio”; occorre una “unità d’azione”, nella reciproca autonomia 36 . L’articolo di Longo è volto a “legittimare il movimento agli occhi di un partito diffidente […], e convincere gli studenti, ancor più diffidenti, della serietà ‘rivoluzionaria’ dei comunisti italiani”. Con la sua iniziativa, “sblocca dall’impasse un rapporto che rischia la deriva: soprattutto mostra di avere […] compreso l’esigenza del movimento di avere un referente politico” 37 .

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La situazione, peraltro, non aiuta. Il 1° maggio, gli studenti romani contestano il comizio sindacale, e qualche settimana dopo Amendola riapre il dibattito, parlando della Necessità della lotta sui due fronti 38 . Longo allora torna con un altro articolo sul tema dell’atteggiamento verso il movimento: con esso vanno stabiliti rapporti “di dialogo”, intervenendo “con il patrimonio della nostra ideologia e della nostra esperienza, senza nessuna presunzione […] di essere gli esclusivi depositari della verità ma con spirito aperto”, e “traendo magari dalle critiche stesse la necessità di […] ulteriori adeguamenti” 39 . Nel CC, Longo si sofferma sulla “costruzione di una nuova democrazia”, con “nuove forme di partecipazione e di potere dal basso”, vedendovi “un punto di incontro decisivo tra le lotte che, da vari anni, conduce la classe operaia, e le istanze nuove” del movimento 40 . Nel dibattito, la linea seguita verso il movimento riceve ampi consensi, soprattutto dalla sinistra del Partito, per cui ora è Amendola a rimanere abbastanza isolato. Si tratta, in effetti, di “una scelta di linea”, che segna un elemento di parziale discontinuità con l’impostazione togliattiana.

  1. Intanto si sono tenute quelle elezioni del 1968 che hanno rappresentato un importante fatto politico. Il PCI vi è giunto con un accordo elettorale col PSIUP, che Longo ha voluto esteso a “tutte le forze che possono portare un contributo”, a cominciare da quelle raccolte attorno a Parri 41 . L’idea del Segretario è quella di avere la presenza nelle liste comuniste di numerosi indipendenti, che tali resteranno anche dopo l’eventuale elezione 42 . E in effetti, è proprio dalle elezioni del 1968 che l’esperienza degli indipendenti di sinistra acquista spessore, caratterizzandosi come una delle novità del panorama politico italiano. Al tempo stesso, Longo cerca di utilizzare il momento elettorale anche per proseguire nell’opera di rinnovamento del gruppo dirigente. Allorché la Direzione inizia a discutere delle candidature, insiste perché siano candidati Berlinguer e Napolitano, “compagni che possono aspirare alle massime responsabilità” 43 . Essi, dunque, devono essere entrambi deputati, e posti su un piano di parità in modo che, al momento opportuno, la Direzione possa scegliere il nuovo Segretario senza condizionamenti. Nel Rapporto al CC che prepara la campagna elettorale, Longo sottolinea l’esistenza del “doppio binario” su cui si muove “una parte importante della classe dirigente”, e dunque la necessità di una “alternativa al centro-sinistra”. Sul piano internazionale, la prospettiva del “superamento dei blocchi”, poiché “solo una tale politica permetterà, all’interno di ogni paese, la ricerca di equilibri nuovi”, e di qui la richiesta di non rinnovare l’adesione al Patto atlantico e smantellare le basi militari in Italia. Sul piano interno, la proposta di fondo è quella di una democratizzazione a tutti i livelli: dalla “liquidazione dei ‘corpi speciali’ che agiscono al di fuori della legge” e che “sono collegati ad organismi atlantici”, all’inchiesta sui fatti del ’64; dal diritto di voto a 18 anni, alla necessità di “assicurare ai sindacati modi […] di intervento nelle questioni decisive del Paese”; dall’Ente Regione, alla “programmazione democratica” 44 . La parola d’ordine con cui il PCI di Longo si presenta alle elezioni è che Si può e si deve cambiare, e il centrosinistra non è senza alternative 45 . Il voto del 19 maggio, di fatto, segna l’avanzata del PCI, che alla Camera passa dal 25.3 al 26.9%, col PSIUP al 4.5% e un notevole calo dei socialisti unificati, mentre al Senato le liste unitarie di sinistra raggiungono il 30% 46 . Dopo il voto, Longo ribadisce che occorre “abbattere […] gli artificiosi steccati, con cui per 20 anni si è tenuta divisa l’Italia e […] si sono tenute divise le forze di sinistra”, sottolineando che la prospettiva socialista è tornata attuale 47 . La risposta governativa è invece un monocolore DC. E tuttavia, ben presto De Martino proporrà
    “equilibri più avanzati” che coinvolgano il PCI nella maggioranza, mentre Moro lancerà la “strategia dell’attenzione” 48 . A determinare questi sviluppi è anche il fatto che la mobilitazione operaia e bracciantile si fa più impetuosa, e le avanguardie studentesche si incontrano con le lotte operaie: sono i prodromi dell’Autunno caldo 49 . Longo enfatizza le “rivendicazioni […] più avanzate di natura politica, che mirano a conquistare nei luoghi di lavoro […] posizioni di forza, e a dar vita a nuove forme di […] partecipazione sempre più diretta delle ‘masse lavoratrici’ e […] della ‘base’ delle varie organizzazioni”; le stesse nuove modalità della lotta “hanno contribuito molto a fare acquistare ampiezza e vigore alle lotte stesse”, per cui occorre “essere aperti” anche su questo, “evitando […] tutto quanto possa restringere il movimento”: Battendoci […] in questo senso, noi raccoglieremo la volontà di profondo rinnovamento […] che anima in questo momento grandi masse […]; sperimenteremo […] obiettivi intermedi nel quadro della strategia […] di avanzata democratica

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verso il socialismo. […] Ma si tratta, anche di battersi per la conquista di nuove […] forme di partecipazione diretta […], di nuove forme di controllo, dal basso, delle molteplici attività che […] costituiscono la fitta rete del potere […] 50 . Dalla libertà in fabbrica alla gestione da parte dei lavoratori di collocamento ed enti previdenziali, alle “forme di partecipazione popolare” a livello locale, che può giungere fino ai “consigli di quartiere e di frazione”, quella che Longo rilancia è la tradizionale strategia di “via democratica”, arricchita di quel – sia pure non esplicito – riferimento alla strategia gramsciana delle “casematte”, citata da vari esponenti della sinistra interna. In questo modo, il tema del controllo operaio e della democrazia sindacale viene sì accolto, ma viene anche assorbito in una concezione molto più generale.

  1. Veniamo infine al “nuovo internazionalismo” di Longo, che è stato dei tratti principali della sua Segreteria. Già all’XI Congresso, egli sottolinea la necessità di un rapporto più stretto con “le forze democratiche e di sinistra dell’Europa occidentale”, con l’obiettivo di costruire nel Vecchio Continente un “patto di sicurezza collettiva”, che sia anche uno strumento per superare la divisione dell’Europa in due e la logica dei blocchi 51 . Ma è soprattutto la Conferenza di Karlovy Vary dei Partiti comunisti e operai, nell’aprile ’67, a segnare un momento importante. Longo è incaricato di tenere il discorso conclusivo 52 , e nel documento finale sono accolte molte delle posizioni sostenute dal PCI, dal nuovo dialogo con le forze socialiste e socialdemocratiche, all’apertura al mondo cattolico. Nei mesi seguenti – attraverso innanzitutto Sergio Segre, tra i responsabili della sezione Esteri e segretario di Longo – si avviano i contatti con la SPD di Brandt, la quale è impegnata nella sua Ostpolitik, che il PCI appoggia anche a Mosca e nei confronti della SED di Ulbricht 53 . Come dice Longo al CC, “gli stessi dirigenti socialdemocratici di importanti paesi europei ricercano con noi […] non solo il colloquio, ma […] scambi di vedute per appurare l’esistenza di possibili punti di convergenza e di intesa sui problemi della pace e della sicurezza europea” 54 . In sostanza, il ‘nuovo internazionalismo’ che si sviluppa con Longo Segretario va dal sostegno al Vietnam alla campagna per il riconoscimento di Cina e RDT, dalla lotta per la distensione e la riduzione degli armamenti alla revisione dei giudizio e dell’atteggiamento verso la Comunità europea, fino appunto all’appoggio alla Ostpolitik 55 . Questa “revisione strategica”, che si inserisce nella crisi del movimento comunista internazionale, non può non riguardare anche l’atteggiamento verso l’URSS e il blocco socialista. E i “fatti di Cecoslovacchia” comportano un’accelerazione di non poco conto 56 . Il PCI “seguì con attenzione” il “nuovo corso” cecoslovacco, mostrando “fin dall’inizio” una certa
    “simpatia” per l’operato di Dubcek e del gruppo dirigente a lui vicino 57 . Dice Longo al CC: “Noi pensiamo che bene hanno fatto i compagni che dirigono ora il Partito comunista cecoslovacco a prendere essi stessi l’iniziativa e la direzione del movimento, adottando precise misure di rinnovamento e di democratizzazione”. E nelle conclusioni aggiunge che “la realizzazione di una più avanzata democrazia socialista rappresenterebbe non soltanto un grande contributo alla lotta della classe operaia e delle forze di sinistra nei paesi capitalisti, ma […] anche uno stimolo a superare con più coraggio […] le remore che ancora si frappongono ad uno sviluppo pieno della democrazia socialista”; rispetto a ciò, il PCI “si trova preparato e maturo” grazie alla “linea che ha elaborato e condotto avanti in tutti questi anni” 58 . Fin da subito, dunque, Longo, pur nella diversità di contesti, fa sua l’esperienza cecoslovacca, rivendicandone la coerenza col patrimonio teorico e storico del comunisti italiani, ma anche l’utilità che può avere per il movimento operaio internazionale. In sostanza, scrive Longo, “gli avvenimenti della Cecoslovacchia ci aiutano a dare più forza di persuasione alla nostra argomentazione a favore di quella via italiana al socialismo che noi intendiamo percorrere in piena libertà e autonomia” 59 . A fine aprile 1968, l’Ufficio politico del PCI vara un viaggio di Longo in Cecoslovacchia. Secondo Boffa, vi sono “pressioni su Longo prima della sua partenza”, ma egli decide comunque di andare, in quella che è “una aperta manifestazione di solidarietà politica […] nei confronti della nuova direzione cecoslovacca”. Dunque, la condanna del successivo intervento sovietico è “già implicita nell’atteggiamento preso da Longo e dal PCI […] sin dagli albori della ‘primavera di Praga’” 60 . Secondo varie fonti, Longo espresse la convinzione “che una volta andati a Praga, […] non si sarebbe più potuti tornare indietro”, e nulla sarebbe stato ‘più come prima, per il PCI’ 61 . Nel colloquio con Dubcek, Longo ribadisce il sostegno del PCI, e sottolinea la vicinanza dei due partiti sulle concezioni di fondo 62 . Nel comunicato conclusivo, Longo esprime “la solidarietà dei

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comunisti italiani con la coraggiosa lotta dei comunisti cecoslovacchi per la difesa e il potenziamento del socialismo nel loro paese, per un pieno sviluppo della democrazia socialista”. Su queste basi, “al socialismo si aprono ora nuove possibilità di sviluppo” 63 . Si tratta, dunque, di una presa di posizione molto impegnativa, in cui si può leggere quasi una sorta di “autocandidatura” dei due partiti ad avviare una nuova fase della stessa affermazione storica del socialismo. Dunque, ciò che soprattutto interessava a Longo era “il valore più generale da attribuire agli avvenimenti cecoslovacchi” 64 . Allorché la situazione si fa più tesa, e la Direzione del PCI discute di una presa di posizione ufficiale, emergono comprensibili cautele. Per Longo, occorre invitare i paesi socialisti ad andare adagio […]. Se viene qualcosa da quella parte può darsi che si salvi il socialismo (io non credo che sia oggi in pericolo) ma viene danneggiata tutta la nostra posizione. Si può influire anche dicendo a Dubcek che vi sono pericoli contro cui lottare. […] Togliere anche la fiducia in bianco. […] Quel che più mi preoccupa è la linea nostra, ed è questa che dobbiamo difendere […]. Le conseguenze [altrimenti] sarebbero non meno gravi di un contrasto con il PCUS. Riconosciamo la funzione dell’URSS, e anche le sue preoccupazioni. Ci differenziamo sul modo di affrontare i pericoli 65 . Dunque, la posizione da esprimere ai sovietici è chiara: “Non vogliamo che capiti il peggio, se capita dovremo confermare le nostre posizioni” 66 . E infatti, quando la situazione precipita, l’Ufficio politico emette un comunicato, in cui si giudica “ingiustificato” l’intervento sovietico esprimendo un “grave dissenso”. Longo, che è in vacanza URSS, interpellato per telefono, dà il suo assenso 67 . Tornato dall’URSS, dice alla Direzione di aver ribadito “che quel che è successo rischia di colpire a fondo la nostra politica”. Occorre dunque rivendicare “il diritto e il dovere di esprimere chiaramente la nostra posizione”, confermando la posizione presa, anche per le sue ricadute politiche, ossia per tenere aperti canali di dialogo, “strappare alla reazione le forze socialiste e democratiche e ad impedire che si faccia un blocco di forze antisocialiste con la partecipazione di queste
forze” 68 . Davanti a CC e CCC, Longo ribadisce che vi sono alcune “questioni di principio” alla base della posizione del PCI, a partire dal “principio irrinunciabile della autonomia, indipendenza e sovranità nazionale di ogni Stato, e dell’autonomia e sovranità di ogni partito comunista”. D’altra parte, va rilanciata la lotta contro “la politica dei blocchi”, poiché “a questa logica devono essere in larga misura ricondotte le difficoltà dello stesso processo di sviluppo e di rinnovamento delle società socialiste, e la stessa crisi cecoslovacca”. Infine, “la discriminante tra socialismo e capitalismo resta per noi ben ferma”: Il problema reale non può essere quello di essere o di non essere parte di un movimento internazionale, come quello operaio e comunista. Il problema vero […] è quello del modo e del senso della nostra presenza e della nostra azione in uno schieramento che non si limita certo nei confini del sistema degli stati socialisti […] ma che abbraccia […] un complesso poderoso di forze antimperialistiche, rivoluzionarie, comuniste e socialiste. Si tratta non di estraniarsi da queste forze, ma di esserne parte attiva. In questo senso, ribadendo “una concezione nuova dell’internazionalismo proletario”, Longo evita sia il rischio di una chiusura nazionale del PCI, sia quello di un suo essere “schiacciato” sul blocco socialista. “Autonomia e diversità nell’unità” sono i due principi fondamentali affermati, sulla scia dell’elaborazione di Togliatti, che viene ripresa anche sul tema della “responsabilità che incombe sul movimento operaio dei paesi capitalisti avanzati”. D’altra parte, Longo invita i dirigenti del Partito alla “distinzione tra la critica ad un atto pur così grave ed il rapporto fraterno che continua ad unirci all’URSS e a tutti i paesi socialisti” 69 . E nelle conclusioni, cerca di frenare l’ondata di critica antisovietica emersa nel dibattito, correggendo il tiro: Per svolgere un’azione proficua […] è indispensabile […] che siano ben precise e ferme la collocazione e le posizioni internazionali del nostro Partito. Qualsiasi forma di chiusura o di isolamento nazionale, qualsiasi gesto di allentamento dei nostri rapporti internazionali […] sarebbero un errore profondo, un colpo per la stessa linea politica che vogliamo
difendere 70 . Come ha scritto Tamburrano, “il PCI, appoggiando Dubcek, sosteneva il diritto di un partito membro della ‘comunità socialista’ di fare nel suo paese il socialismo a modo suo, restando alleato militare dell’URSS”. Il punto, dunque, era come mantenere le proprie posizioni “senza arrivare ad una rottura con l’URSS” 71 . Longo, ricorderà Tortorella, è “avverso alla rottura”, e agisce per “ritessere un rapporto con il gruppo dirigente sovietico”, verso cui non intende rinunciare a “esercitare una qualche influenza”. Conferma Cossutta: “Dissenso sì, diceva Longo, rottura mai” 72 .

8

Intervistato dall’“Astrolabio”, Longo definisce l’intervento sovietico “un tragico errore”, e conferma: Noi non riconosciamo nessuno Stato e nessun partito guida. L’impostazione bipolare della politica internazionale regge sempre meno […]. Proprio per fare andare avanti la distensione […] è necessario che ogni paese […] dia un contributo autonomo, originale, sia alla costruzione di nuovi rapporti su scala internazionale sia al raggiungimento, al proprio interno, di più avanzati equilibri politici. […] le vie nazionali al socialismo sono una realtà dell’epoca presente 73 . Anche a “Rinascita”, Longo ribadisce che tra sostegno al “nuovo corso” cecoslovacco e conferma della collocazione internazionale del PCI non esiste alcuna contraddizione. Al contrario. Noi ci lasciamo sempre guidare da una precisa valutazione del grande scontro che è in atto nel mondo tra socialismo e capitalismo […]. La nostra collocazione è perciò del tutto chiara, irrinunciabile. Noi staremo sempre dalla parte del socialismo, dei paesi e dei partiti che hanno realizzato il socialismo e che intendono salvaguardarlo e portarlo avanti; […] dei paesi e dei popoli che si battono contro l’imperialismo […]. […] Con eguale chiarezza noi sosteniamo che il movimento operaio dell’Occidente capitalistico […] non si trova oggi nelle condizioni di dover solo applicare i princìpi generali del leninismo alle particolarità nazionali […], ma deve al contrario muoversi con l’intento creativo di promuovere lo sviluppo stesso della nostra dottrina […] 74 .

  1. Qualche settimana dopo, Longo è colpito da un malore. Il gruppo dirigente comincia quindi a valutare la riduzione del carico di lavoro per il Segretario, e al XII Congresso, che si tiene nel febbraio 1969, con Longo ancora non del tutto guarito, Berlinguer è designato a fare le conclusioni e ad assumere la carica di vicesegretario. Inizia così un periodo diverso nella storia del PCI, benché Longo mantenga la carica di Segretario generale, svolgendo una funzione decisiva, fino al XIII Congresso. Introducendo il XII Congresso, Longo sottolinea ancora una volta il nesso strettissimo tra ruolo del Partito, mobilitazione dei movimenti e coinvolgimento delle masse. Dice Longo: […] la nostra capacità e la capacità di tutte le forze di sinistra deve essere, sempre di più, quella di collegare i movimenti più avanzati e le posizioni più radicali con i più larghi strati del popolo italiano. Dare sbocco politico alla crisi in atto non è compito che può essere svolto solo da avanguardie e nemmeno da un solo partito. […] a fare uscire l’Italia dalla crisi e a farla avanzare sulla via della democrazia e del socialismo saranno forze diverse, operanti in una stessa direzione, con il sostegno di tutto il popolo. Se questo non si verificasse, se dovessero prevalere coloro che vogliono staccare le avanguardie dalle più larghe masse popolari, allora veramente diventerebbe più difficile ogni progressi verso la trasformazione socialista della società. E ancora:
    […] nella nostra repubblica le assemblee rappresentative debbono poggiare – se si vuole che siano davvero vive, funzionanti e democratiche – sulla organizzazione e permanente mobilitazione delle masse, sui partiti e sui sindacati, sulle autonomie locali, su organi democratici di base.
    […]
    Noi dobbiamo lottare, al tempo stesso, per un rinnovamento profondo degli istituti democratici rappresentativi e per conquistare, con nuove forme di democrazia diretta, nuove posizioni e possibilità di direzione per i lavoratori e per tutti i cittadini. Senza la lotta delle masse organizzate, senza la pressione democratica del paese, la vita delle assemblee elettive inevitabilmente degrada nel parlamentarismo e nel trasformismo. Ma è del tutto errato non vedere come la lotta delle masse, l’azione democratica del paese possono provocare spostamenti e crisi all’interno dei partiti […] e all’interno delle assemblee elettive 75 . In queste parole Longo sintetizzava il senso della “via italiana”, e al tempo stesso la sua impostazione profondamente democratica, fortemente attenta ai movimenti e al protagonismo delle masse, nel quadro di un’avanzata unitaria e organizzata al socialismo. Una concezione e una prospettiva che solo l’offensiva violenta della strategia della tensione è stata in grado di frenare; ma che ancora oggi hanno molto da insegnare a chi crede nell’attualità e nelle necessità di una trasformazione socialista.

1 G. Boffa, Memorie dal comunismo, Firenze, Ponte alle Grazie, 1998, p. 131.
2 Cfr. A. Agosti, Palmiro Togliatti, Torino, Utet, 1996, p. 546. La lettera di Togliatti a Longo e i due progetti di comunicato
della Direzione sono in Appendice ad A. Natta, Le ore di Yalta, Roma, Editori Riuniti, 1970, pp. 79-81.

3 Fondazione Istituto Gramsci (d’ora in poi IG), Archivio del Partito comunista italiano (d’ora in poi APC), Direzione, 22
agosto 1964.
4 L. Longo, L’eredità di Togliatti, orazione funebre pronunciata a piazza S. Giovanni, a Roma, il 25 agosto 1964, in L. Longo,
M. Scoccimarro, P. Ingrao, U. Terracini, Palmiro Togliatti, Roma, Editori Riuniti, 1964, p. 21.
5 L. Longo, Intervista con E. Bettiza, “Corriere della Sera”, 23 gennaio 1969.
6 A. Tortorella, Tra rinnovamento e continuità, in AA.VV., Luigi Longo. La politica e l’azione, Premessa di G. Vacca, Roma, Editori
Riuniti, 1992, pp. 263-264.
7 Luigi Longo eletto segretario generale, comunicato di CC e CCC del PCI, 27 agosto 1964, in Documenti politici dal X all’XI
Congresso del PCI, Roma, 1966, pp. 381-382. Dice Longo: “Non presumo certamente di poter fare tutto quello che egli faceva
e come egli lo faceva. Nessuno di noi, credo, lo potrebbe presumere. Sarà perciò solo con l’impegno e il contributo solidale
di tutto il Partito, che potremo colmare il grande vuoto scavato dalla scomparsa del compagno Togliatti”.
8 IG, APC, Direzione, 17 settembre 1964.
9 E. Macaluso, 50 anni nel PCI, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, p. 165.
10 P. Togliatti, Il destino dell’uomo, conferenza tenuta a Bergamo il 20 marzo 1963, in Id., Opere scelte, a cura di G.
Santomassimo, Roma, Editori Riuniti, 1981, pp. 1123-1135.
11 L. Longo, Le elezioni e la lotta dei comunisti per una maggioranza democratica, Rapporto alla sessione del CC del PCI del 7-8
ottobre 1964, “l’Unità”, 8 ottobre 1964 (corsivi miei).
12 Cfr. G. Amendola, Il socialismo in Occidente, “Rinascita”, 7 novembre 1964.
13 IG, APC, Direzione, 3 dicembre 1964 (corsivo mio).
14 L. Longo, La nostra lotta per l’unità politica della classe operaia e delle forze socialiste, “Rinascita”, 19 dicembre 1964.
15 IG, APC, Direzione, 27 settembre 1965.
16 L. Longo, Alternativa di lotta al rilancio monopolistico e al centrosinistra, Rapporto alla sessione di CC e CCC del PCI del 26-30
ottobre 1965, “l’Unità”, 27 ottobre 1965 (corsivi miei).
17 Le conclusioni di Longo, “l’Unità”, 31 ottobre 1965.
18 IG, APC, Direzione, 9 e 24 novembre 1965.
19 L. Longo, Per la pace, per avanzare sulla via italiana al socialismo, per una nuova maggioranza democratica e l’unità delle forze operaie e
socialiste, Rapporto all’XI Congresso del PCI, Roma, 25-31 gennaio 1966, in Da Gramsci a Berlinguer. Storia del Pci attraverso i
congressi, Edizioni del Calendario, 1985, vol. IV, pp. 12-56 (corsivi miei).
20 Cfr. E. Macaluso, Togliatti e i suoi eredi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1988, pp. 91-92.
21 Cfr. A. Illuminati, C. Di Toro, Prima e dopo il centrosinistra, Roma, Edizioni di Ideologie, 1970, p. 194.
22 IG, APC, Direzione, 10-11 marzo 1966.
23 L. Longo, L’azione unitaria dei comunisti di fronte agli sviluppi della situazione politica, Rapporto alla sessione di CC e CCC del
PCI dell’11-13 ottobre 1966, “l’Unità”, 12 ottobre 1966.
24 IG, APC, Direzione, 5 e 29-30 maggio 1967 (corsivo mio).
25 IG, APC, Direzione, 25 ottobre 1967 (corsivo mio).
26 Longo, L’azione unitaria dei comunisti di fronte agli sviluppi della situazione politica, cit.; “l’Unità”, 13 e 14 ottobre 1966.
27 IG, APC, Direzione, 26 luglio 1967; Longo, L’azione unitaria dei comunisti di fronte agli sviluppi della situazione politica, cit.
28 IG, APC, Direzione, 29-30 maggio 1967 (corsivi miei).
29 IG, APC, Direzione, 21 dicembre 1967 e 2 febbraio 1968 (corsivi miei).
30 IG, APC, Direzione, 23 febbraio 1968 (corsivi miei).
31 L. Longo, È l’ora di cambiare, Rapporto alla sessione di CC e CCC del PCI del 27-28 marzo 1968, “l’Unità”, 27 marzo
1968.
32 L. Longo, Conclusioni della sessione di CC e CCC del PCI del 27-28 marzo 1968, “l’Unità”, 29 marzo 1968 (corsivi
miei).
33 M. Revelli, Movimenti sociali e spazio politico, in AA.VV., Storia dell’Italia repubblicana, a cura di F. Barbagallo, Torino, Einaudi,
1994-1997, vol. 2**, p. 427.
34 O. Scalzone, Biennio rosso. Figure e passaggi di una stagione rivoluzionaria, a cura di U.M. Tassinari, Milano, 1988, p. 63.
35 Trentin, Autunno caldo. Il secondo biennio rosso 1968-1969, cit., p. 120; Tortorella, Tra rinnovamento e continuità, cit., pp. 268-271.
Tuttavia, secondo Tortorella, “forse la vera dimensione della segreteria di Longo dovrebbe innanzitutto essere ricercata […]
nel costrutto che egli e il suo gruppo dirigente cercano di ricavare da una grande stagione di movimenti di massa”.
36 L. Longo Il movimento studentesco nella lotta anticapitalistica, “Il Contemporaneo – Rinascita”, 3 maggio 1968 (corsivi miei).
37 A. Ballone, L’anno degli studenti e l’autunno caldo, in AA.VV., Luigi Longo. La politica e l’azione, cit., pp. 294, 299.
38 G. Amendola, Necessità della lotta sui due fronti, “Rinascita”, 7 giugno 1968.
39 Riflessioni sugli avvenimenti di Francia. Colloquio con Luigi Longo, “Rinascita”, 14 giugno 1968.
40 L. Longo, L’agonia del centro-sinistra non deve essere pagata dai lavoratori, Rapporto alla sessione di CC e CCC del PCI del 20-21
giugno 1968, “l’Unità”, 21 giugno 1968 (corsivo mio).
41 IG, APC, Direzione, 6 ottobre 1967.
42 Cfr. Longo, È l’ora di cambiare, cit. A tutti i candidati non iscritti al PCI, dice Longo, sarà garantita “la più assoluta
indipendenza dai gruppi e dall’azione parlamentare del Partito comunista”.
43 IG, APC, Direzione, 21 dicembre 1967 (corsivo mio).
44 Longo, È l’ora di cambiare, cit. (corsivi miei).
45 L. Longo, Si può e si deve cambiare, “Rinascita”, 19 aprile 1968.

46 Cfr. “Rinascita”, 24 maggio 1968.
47 Longo, L’agonia del centro-sinistra non deve essere pagata dai lavoratori, cit. (corsivo mio).
48 Cfr. P. Scoppola, La repubblica dei partiti. Evoluzione e crisi di un sistema politico 1945-1996, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 380;
A. Coppola, Moro, Milano, Feltrinelli, 1976, pp. 130-132.
49 Cfr. Revelli, Movimenti sociali e spazio politico, cit., pp. 445-449.
50 “l’Unità”, 25 giugno 1968 (corsivo mio).
51 Longo, Per la pace, per avanzare sulla via italiana al socialismo, per una nuova maggioranza democratica…, cit.
52 L. Longo, Per la costruzione di un sistema di sicurezza collettivo in Europa, discorso alla Conferenza dei partiti comunisti e operai
di Karlovy Vary (24-26 aprile 1967), estratti in Il Partito comunista italiano e il movimento operaio internazionale 1956-1968, a cura di
R. Bonchio, P. Bufalini, L. Gruppi, A. Natta, Roma, Editori Riuniti, 1968.
53 Cfr. S. Segre, Luigi Longo nell’Europa della guerra fredda e della distensione, in AA.VV., Luigi Longo…, cit., pp. 129, 132; H.
Timmermann, I comunisti italiani. Considerazioni di un socialdemocratico tedesco sul Partito comunista italiano, Bari, De Donato, 1974,
pp. 69, 85-86.
54 “l’Unità”, 15 febbraio 1968.
55 A. Natta, per un profilo di Luigi Longo, in AA.VV., Luigi Longo…, cit., p. 42.
56 Cfr. A. Höbel, Il PCI, il ’68 cecoslovacco e il rapporto col PCUS, “Studi storici”, 2001, n. 4.
57 G. Marini, La repressione della primavera cecoslovacca: dal “grave dissenso” alla “riprovazione”, in AA.VV., Luigi Longo…, cit., p.
120.
58 Longo, È ora di cambiare, cit.; “l’Unità”, 29 marzo 1968.
59 L. Longo, Su alcuni aspetti della campagna elettorale, “Rinascita”, 12 aprile 1968 (corsivo mio).
60 G. Boffa, Il programma del nuovo corso nella prima intervista all’Unità, in Primavera indimenticata. Alexander Dubcek ieri e oggi,
Roma, l’Unità Editrice, 1988, pp. 13-14.
61 Cfr. Marini, La repressione della primavera cecoslovacca: dal “grave dissenso” alla “riprovazione”, cit., p. 120; G. Boffa, La crisi
cecoslovacca, in AA.VV., Luigi Longo…, cit., p. 114; Natta, Per un profilo di Luigi Longo, cit., p. 41.
62 G. Boffa, I fogli inediti dell’incontro Dubcek-Longo, in Primavera indimenticata…, cit., pp. 28-44.
63 Al socialismo si aprono ora nuove possibilità di sviluppo, comunicato congiunto sui colloqui a Praga tra i compagni L. Longo e A.
Dubcek, 7 maggio 1968, in Documenti dall’XI al XII Congresso, cit., pp. 461-463 (corsivo mio).
64 Marini, La repressione della primavera cecoslovacca…, cit., p. 120 (corsivo mio).
65 IG, APC, Direzione, 17 luglio 1968 (corsivi miei).
66 IG, APC, Direzione, 26 luglio 1968.
67 I comunisti italiani giudicano ingiustificato ed esprimono il loro grave dissenso per l’intervento militare in Cecoslovacchia, comunicato
dell’Ufficio politico del PCI, 21 agosto 1968, in Documenti…, cit., pp. 499-500 (corsivi miei); Marini, La repressione…, cit., pp.
122-123.
68 IG, APC, Direzione, 23 agosto 1968 (corsivi miei).
69 L. Longo, Sulla Cecoslovacchia, Rapporto alla sessione di CC e CCC del PCI del 27-28 agosto 1968, “l’Unità”, 28 agosto
1968 (corsivi miei).
70 “l’Unità”, 31 agosto 1968.
71 G. Tamburrano, PCI e PSI nel sistema democristiano, Roma-Bari, Laterza, 1978, p. 101 (corsivo mio); Marini, La repressione…,
cit., p. 126.
72 Tortorella, Tra rinnovamento e continuità, cit., pp. 264-265; A. Cossutta, Longo internazionalista, “Il Calendario del popolo”,
settembre 1980, ora in Id., Lo strappo, Milano, Mondadori, 1982, pp. 177-181.
73 Intervista a Luigi Longo, “L’Astrolabio”, 8 settembre 1968, in Documenti…, cit., pp. 507-519 (corsivi miei).
74 L. Longo, Risposte a tre domande, “Rinascita”, 13 settembre 1968 (corsivi miei).
75 L. Longo, Il Partito comunista italiano di fronte ai problemi nuovi della lotta democratica e socialista in Italia e dell’internazionalismo
proletario, relazione introduttiva, in XII Congresso del Partito comunista italiano. Atti e risoluzioni, Roma, Editori Riuniti, 1969, pp.
36-39, 45.

One Comment

  1. Vito Fernando ROSA

    E’ un buon contributo che non fate scaricare, perché .
    I comunisti sono stati sempre a favore della DIFFUSIONE della Cultura .
    Volevo copiarlo ed ingrandire il testo per poterlo leggere meglio, MA …
    MODIFICATELO .

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