Soffocare proteste, aumentare il controllo, scaricare la colpa sui comportamenti individuali e i costi dell’emergenza sulle masse popolari anziché sulla gestione criminosa della sanità.

di PCI Varese

Il dramma della situazione è sotto gli occhi di tutti, impossibile non levare alte grida di protesta sulla gestione della sanità lombarda. Da anni noi comunisti denunciamo il malaffare, la corruzione e la speculazione sulla salute e la vita dei cittadini. Le tragicità del passaggio da pubblica a privata ora risulta nella sua drammatica evidenza. La Lega persegue comunque ottusamente il lavoro iniziato da Comunione e Liberazione con Formigoni, seguito da Maroni e ora Fontana con il suo attendismo e le continue richieste di inasprimento dei protocolli di contenimento al governo, richieste che possono essere soddisfatte ampiamente dalle sue prerogative di presidente della Regione, perché questo? Il gioco è chiaro, attendendo le decisioni della segreteria del suo partito caratterizzata dal disturbo bipolare, come ampiamente dimostrato nelle settimane scorse dalle vergognose giravolte del segretario Salvini, potranno dare la colpa al governo se qualcosa va storto, pronti alla fine della crisi a farsi carico degli onori, lasciando ad altri gli oneri.

Ci vorrebbe non una pagina di giornale, ma un volume da Enciclopedia Britannica per raccontare i mille scandali nella sanità scoppiati in Lombardia. Ogni volta il politico di turno promette che sarà l’ultima, assicura che la mela marcia è stata isolata, che il sistema sarà riformato; poi le cronache s’incaricano di smentirlo.

Ogni scandalo della sanità, in Lombardia, è sempre il penultimo. Il motivo sta tutto in due cifre, 18 e 75: 18 miliardi di euro all’anno è la spesa pubblica sanitaria in Lombardia, il 75 per cento del bilancio della Regione. Un bottino che fa gola.

In 10 anni sono stati tagliati 37 miliardi dalla sanità pubblica. E così il sistema, spiega l’Agi, in trincea contro il coronavirus, arriva all’appuntamento debilitato: malgrado le risorse recuperate negli ultimi anni, il trend è rimasto discendente, tanto che, stando al report della Fondazione Gimbe del settembre 2019, il finanziamento pubblico è stato decurtato di oltre 37 miliardi in dieci anni, di cui circa 25 miliardi nel 2010-2015 per tagli conseguenti a varie manovre finanziarie ed oltre 12 miliardi nel 2015-2019, quando alla sanità sono state destinate meno risorse di quelle programmate per esigenze di finanza pubblica.

In termini assoluti il finanziamento pubblico in 10 anni è aumentato di 8,8 miliardi, crescendo però in media dello 0,9% annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua. Un taglio che si traduce inevitabilmente in un calo nel livello di assistenza: viene stimata una perdita di oltre 70.000 posti letto negli ultimi 10 anni, con 359 reparti chiusi, oltre ai numerosi piccoli ospedali riconvertiti o abbandonati.

Non a caso i dati OCSE aggiornati al luglio 2019 dimostrano che l’Italia si attesta sotto la media, sia per la spesa sanitaria totale, sia per quella pubblica, precedendo solo i paesi dell’Europa orientale oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. Nel periodo 2009-2018 l’incremento percentuale della spesa sanitaria pubblica si è attestato al 10%, rispetto a una media OCSE del 37%. La metà dei 37 miliardi in meno alla sanità nel decennio, sottolinea Gimbe, riguarda peraltro il personale sanitario. Con il risultato, che oggi preoccupa ancora di più un Paese sotto choc, che siamo arrivati in Italia a 3,2 posti letto per mille abitanti. La Francia ne ha 6, la Germania 8.

Gli sviluppi della vicenda epidemica che avanzano a livello globale, ormai dallo scorso novembre 2019, mostrano come la vera emergenza sanitaria del Coronavirus sia data principalmente dallo smantellamento della sanità pubblica portato avanti in questi decenni dai vari governi delle Larghe Intese e dai poteri forti del nostro paese.

La Lombardia dell’“eccellenza sanitaria” è la regione capofila di questa politica, che ingrassa i grandi gruppi della sanità privata come il San Donato, proprietario del San Raffaele, o gli ospedali degli orrori come il Santa Rita, che prendevano rimborsi per inutili operazioni che causeranno decessi e lesioni spesso a persone sane. Queste cliniche operano infatti per profitto e non per il bene collettivo: investono quindi sulle cure da cui possono trarre maggiori ricavi. Tra queste non rientrano certo la prevenzione (più ammalati ci sono, più prosperano), i pronto soccorso, le rianimazioni.

Questa politica, inaugurata in grande stile da Formigoni (condannato infatti per corruzione nella sanità e il cui tesoretto di 47 milioni accumulato resta accuratamente ancora nascosto) e continuata da Maroni (Fabio Ricci, suo assessore alla sanità, è stato arrestato per corruzione nel 2016), oggi viene portata avanti dal governatore leghista Fontana: è in progetto ad esempio la chiusura di importanti ospedali in tutta la regione tra i quali a Milano il San Paolo e Il San Carlo, a Busto e Gallarate, a Cittiglio dove il personale sanitario ha da anni portato avanti una strenua lotta contro la sua chiusura, per sostituirli con uno unico e perdere così centinaia di posti letto e prestazioni.

I tentativi da parte della Regione Lombardia di aprire un nuovo ospedale alla Fiera, finanziato da una catena di imprenditori del calibro di Berlusconi, Caprotti, Moncher e Invernizzi, assegnando la gestione a Bertolaso uomo di fiducia del clan delle Larghe Intese (famoso per il suo coinvolgimento nelle speculazioni nelle opere per il G8, della Maddalena e del terremo dell’Aquila) non sono altro che operazioni per trarre profitto, giustificare e spianare la strada alla privatizzazione della sanità a favore delle lobby che la sostengono.

La responsabilità dei governi delle Larghe Intese nel taglio della sanità è estremamente grave e lo è ancora di più il non aver preso in queste settimane misure adeguate per affrontare l’emergenza. Ordinanze e decreti del governo Conte 2 e di quello regionale di Fontana hanno incrementato un clima da “stato speciale” funzionale a soffocare proteste, aumentare il controllo, a scaricare la colpa sui comportamenti individuali e i costi dell’emergenza sulle masse popolari anziché sulla gestione criminosa della sanità.
In questi giorni il presidente della Regione Fontana e l’assessore alla sanità e al welfare Gallera, così come molti altri sindaci, hanno chiesto al governo di ordinare la chiusura di tutti gli esercizi commerciali e che valuteranno anche la chiusura delle attività produttive non necessarie: valuteranno perché Confindustria ha dato il suo ennesimo parere negativo.

Chiudere le attività produttive è urgente e necessario: non è un caso che Bergamo, Brescia e Milano siano le province con più contagiati e decessi. E solo ora i giornali si stanno accorgendo degli operai e dei tanti lavoratori della sanità che risultano contagiati! Basta con questa balla che la colpa è della gente che fa sport o shopping (con tutti i negozi chiusi?!) e dello scaricare la responsabilità sui singoli! Sono le fabbriche i più grandi assembramenti e per questo vanno temporaneamente chiuse! A Codogno come in Cina, dove ora i contagi ora sono pari a 0, le aziende le hanno chiuse! Inoltre la Regione, come anche i sindaci dei Comuni lombardi, non devono limitarsi a chiedere o rivendicare al Governo. Come a inizio emergenza, possono varare ordinanze e misure straordinarie per la salute dei lavoratori e dei loro cittadini: che ordinino ai padroni di chiudere temporaneamente le aziende per le produzioni non necessarie!

La Lega è al governo della nostra Regione: vediamo se attuerà queste misure, che da qualche settimana Salvini e i suoi sodali, Fontana compreso, vanno sbandierando ai quattro venti: se il Governo non fa devono prendere loro l’iniziativa in mano! Che lo facciano!

Chiudere le aziende e potenziare il Servizio Sanitario pubblico sono le misure davvero urgenti e decisive da prendere ora per l’emergenza, coerentemente con la nostra Costituzione, l’articolo 32, che impone la tutela della salute, pubblica e gratuita, come diritto dell’individuo e nell’interesse della collettività! Non farlo significa essere i responsabili del continuo propagarsi di questa emergenza! per riaprire le strutture sanitarie chiuse come ha proposto il sindacato ADL Cobas e come confermato dal consigliere regionale Piccirillo del M5S: l’ospedale di Legnano, chiuso anni fa, potrebbe essere già pronto all’uso. Altri ospedali sono quelli di Vimercate, Giussago, o i vecchi ospedali di Pavia e Bergamo. Perché farli marcire e lasciarli al degrado!

Se non lo fanno le istituzioni, apriamoli noi: queste sono strutture che serviranno anche finita l’emergenza! per tenerli aperti e migliorarli in funzione delle necessità delle masse popolari, come fa a Milano il Comitato in difesa della sanità pubblica contro la chiusura degli ospedali San Paolo e San Carlo o il Comitato Popolare Intercomunale dell’abbiatense che ha lanciato l’appello a potenziare l’ospedale nuovo di Abbiategrasso; verificare che siano adottate tutte le misure di sicurezza per i lavoratori sull’esempio della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia o come hanno fatto i lavoratori dell’Ospedale di Garbagnate Milanese e di Massa-Carrara che hanno scioperato per ottenere i dispositivi di protezione.

Ritorniamo all’inizio. L’emergenza sanitaria non è data dal Virus più di quanto l’emergenza degli sfollati dell’Aquila sia stata data dal terremoto o il dissesto idrogeologico del paese sia stato causato dalla pioggia. La vera emergenza è quindi l’attuale gestione della sanità e di ogni ambito della società. Non possiamo limitarci a combattere la diffusione del virus, dobbiamo fin da subito mobilitarci per una diversa gestione della sanità che metta al centro il benessere delle masse popolari e non i profitti dei privati.

Ci serve un governo, nazionale e regionale, deciso a destinare alla sanità pubblica tutte le risorse (economiche, professionali e organizzative) necessarie a garantire a tutti il diritto alla salute. “E i soldi dove li prendiamo?”, obietterà qualcuno! Tagliando i fondi alla sanità privata, alle spese militari, alle grandi opere inutili, rigettando con forza l’approvazione dell’accordo sul MES, non pagando più gli interessi sul debito pubblico agli speculatori, cominciando fin da subito con il requisire gli ospedali privati, commissariandoli e imponendone la gestione pubblica. Queste sono misure immediate che il governo può prendere!

Questo é il momento che i cittadini si sveglino dal gioco manipolatorio neoliberista delle coscienze, che ha parlato e finanziato a favore della sanità privata e della trasformazione del pubblico in senso privatistico, responsabile di tagli verticali di posti letto in Lombardia e dei presidi ospedalieri. 

Più stato e meno mercato nella sanità pubblica!

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