di Francesco Maringiò, Esperto di Cina contemporanea e politica cinese
Di Via della Seta della Salute si parla almeno dal 2017, quando è diventato un tema che è entrato nell’agenda stessa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Recentemente è ritornata all’attenzione del nostro paese quando il presidente cinese Xi Jinping ha proposto al Premier italiano Giuseppe Conte di “lavorare con l’Italia per contribuire alla cooperazione internazionale nella lotta all’epidemia e per la costruzione di una Health Silk Road”, tema poi ribadito dall’Ambasciatore Li Junhua in un’intervista a Il Messaggero.
È il tema attorno a cui è ruotato un convegno che si è tenuto oggi a Pechino e che ha coinvolto (in cloud) politici e studiosi della Cina contemporanea, su iniziativa dell’Istituto per gli Studi di Finanza della Renmin University di Pechino, il China Centre for Contemporary World Studies ed il dipartimento internazionale del Pcc.
Ci dica intanto qualcosa su questo convegno.
Il forum si è articolato in due panel: al primo hanno partecipato eminenti figure politiche, chiamate dal Silk Road Think Tank Association, e che si è aperto con un intervento del ministro Song Tao, capo del Dipartimento Interazionale del Pcc. Hanno preso parte importanti figure politiche europee ed internazionali, come gli ex primi ministri di Francia, Grecia ed Italia: de Villepin, Papandreu e Massimo D’Alema. Nel secondo panel sono intervenuti prevalentemente studiosi della Cina contemporanea ed accademici cinesi ed internazionali. È in questo secondo panel che, molto più modestamente, sono intervenuto anche io.
Di cosa si è discusso?
Di come arrivare subito ad un mondo post Covid-19, nel quale riprendano in sicurezza gli scambi e lo spostamento di persone da una parte all’altra del globo. Per fare questo, la Cina propone una piattaforma di scambi ed azioni congiunte a livello internazionale e chiama tutti i paesi a fare la propria parte per debellare il virus. Lo stesso progetto della Belt and Road Initiative si arricchisce quindi di una nuova rotta, quella della salute, con la Via della Seta della Salute, già lanciata nel 2017 e che ora, in piena emergenza da pandemia, acquisisce un significato particolare. Se pensiamo che all’inizio di febbraio il Wall Street Journal titolava a piena pagina come la Cina fosse “il vero malato d’Asia” e se guardiamo alla situazione completamente capovolta che viviamo in queste settimane, ci rendiamo conto di come ci sia bisogno di approfondire la conoscenza della Cina e fissare delle linee guida per governare il fenomeno.
Resta il fatto che il virus sia nato in Cina e da lì propagato nel resto del mondo…
Certo, ma la ragione della diffusione del contagio è contenuta nell’analisi statistica dei dati, che ci dice che il fattore determinante nella forza di propagazione del virus, risiede nella strategia per combatterlo. Il modello cinese (adottato negli ultimi 40 giorni anche in Italia) si è basato sull’eliminazione del virus attraverso una sua progressiva estinzione accentuata dal distanziamento sociale e quindi dal decadimento del suo coefficiente di riproduzione di base. In molti paesi occidentali si è scelto invece un modello basato sull’immunità di gregge e quindi sul solo rallentamento della velocità del contagio. Questo ha portato la Cina a risolvere il problema prima degli altri ed in modo più efficace ed altri a pagare un prezzo molto alto, nonostante sapessero per tempo dell’esistenza di questo nuovo virus.
Cosa accadrà all’economia cinese adesso?
I dati di inizio 2020, in piena emergenza da Covid-19, hanno mostrato una severa flessione, soprattutto nei settori del manifatturiero e dei servizi. Nei primi messi dell’anno sono crollate le esportazioni (-17,2%) ed il Pil (-6,8% rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso). Tuttavia le misure di contenimento hanno funzionato ed ora, quasi dappertutto, si sta rientrando alla normalità. A questo si sono aggiunte alcune decisioni che produrranno effetti positivi nel breve e medio periodo, come la decisione dei governi locali di investire oltre 3.000 mld di RMB (circa 430 mld di $) in progetti infrastrutturali e l’invito che il governo centrale ha rivolto a tutte le province cinesi affinché aumentino gli interscambi con l’Hubei, la provincia più seriamente colpita dal virus. È come se in Europa la discussione fosse quella di spingere tutti i paesi ad aiutare l’economia di Spagna ed Italia, perché più colpiti dal contagio. Ma il vero volano sarà la trasformazione tecnologica della Cina che accelera il processo di transizione da fabbrica del mondo a pioniera delle nuove tecnologie. Big data, intelligenza artificiale, robotica e device connessi hanno rappresentato prima un’arma usata nella lotta al virus, ed oggi un fattore di trasformazione tecnologia dell’economia del paese.
Cosa cambia rispetto agli altri paesi?
La ripresa economica della Cina è legata anche alla ripresa della domanda dei paesi esteri. Per questa ragione l’investimento che la Cina sta compiendo anche per il contenimento del virus all’estero ha una importante valenza e, se posso permettermi, sbagliano coloro che vedono in ciò una nuova forma di soft power per rifarsi dell’immagine negativa che il virus le aveva lasciato. La classe dirigente cinese è convinta che solo affrontando in maniera globale (ed in modo risoluto) il virus, si potrà sconfiggerlo e questa è la condizione per tornare a crescere. Non bisogna infatti dimenticarsi che nel corso di questo anno la Cina ha come obiettivo quello di eradicare l’ultima sacca della povertà rimasta (circa 60 milioni di persone) e che questo traguardo viene portato avanti mentre si investono risorse per far ripartire il paese e si offre assistenza a più di 82 paesi stranieri.
Pare che la Cina sia diventata molto popolare nel nostro paese, grazie agli aiuti forniti. Cosa ne pensa al riguardo?
La Cina ha fornito assistenza all’Italia nel momento più delicato quando, colpiti dal virus, ci siamo scoperti fragili e non perfettamente organizzati. Ciò è avvenuto sia con la donazione di materiale indispensabile al contrasto del virus, che con l’invio dell’equipe medica e la vendita di dpi ed altro materiale. Cosa, quest’ultima, molto criticata o sottovalutata. Vorrei però dire al riguardo che in quel momento c’era una difficoltà enorme a reperire in tempi brevi quel materiale sul mercato internazionale e, quindi, aver chiuso un accordo commerciale che ci ha permesso di averlo in esclusiva, si è rivelato fondamentale per l’approvvigionamento dei nostri ospedali. Tutto questo ha sicuramente colpito il nostro paese ed ha aperto la strada ad una incredibile catena della solidarietà internazionale che ha infine coinvolto più di 22 paesi da tutto il mondo.