Il PCI e il voto referendario

di Segreteria Nazionale PCI

L’esito del referendum, impropriamente definito confermativo della legge inerente il taglio dei parlamentari, è inequivocabile: il 69,4% dei votanti si è espresso a favore, e pertanto il prossimo parlamento sarà composto da 400 deputati e 200 senatori.

Il no, attestatosi al 30,6%, rappresenta comunque un risultato importante, tutt’altro che scontato alla vigilia, largamente riconducibile all’azione dei movimenti, dei comitati, delle associazioni che, a partire dall’ANPI, hanno denunciato i pericoli derivanti da tale legge, l’ennesimo attacco alla rappresentanza, alla Costituzione.

Alla vittoria del si, prontamente rivendicata dal M5S, promotore della legge in oggetto, ha contribuito, come noto, un ampio schieramento di forze di centrodestra e di centrosinistra.
Come da più parti sottolineato tale risultato rinsalda la maggioranza di governo.
Chi come noi si è pronunciato contro non può che prenderne atto, pur restando convinto che all’affermazione del si, più che le motivazioni di merito, ha concorso il carattere demagogico, populista proprio della proposta, il clima da antipolitica che in tanti in questi anni hanno alimentato a piene mani.

E’ un dato di fatto che relativamente ai correttivi che gli stessi promotori hanno sin dall’inizio sottolineato necessari a fronte del taglio dei parlamentari, nulla è stato definito e quanto si prefigura, a partire dalla nuova legge elettorale, non può che preoccupare.
Ciò che si evidenzia, infatti, è un orientamento assai diverso tra una forza politica e l’altra, tutte comunque protese a fare prevalere l’interesse di parte di contro a quello generale.

Non è un caso, ad esempio, che il centrodestra abbia rilanciato la richiesta di dare vita ad un’Italia federale, al presidenzialismo, che altri spingano per affermare definitivamente il bipolarismo e quindi per una legge elettorale maggioritaria, etc.
Ad oggi l’unica cosa certa è che si è operata una riforma costituzionale che modifica grandemente il rapporto tra eletti e cittadini, che riduce la rappresentanza e per quella via gli spazi di democrazia.
Una riforma pericolosa, che si inserisce in un processo, da tempo in atto, di progressivo svuotamento delle prerogative proprie del Parlamento, sempre più chiamato a ratificare quanto definito altrove, innanzitutto a livello europeo, nonché ad approvare di tutto ricorrendo sistematicamente al voto di fiducia, nonostante l’evidente mancanza del previsto carattere d’urgenza, etc.

Ciò a cui da tempo assistiamo non è soltanto il prodotto della crisi della politica nella quale si dibatte il nostro Paese, in un rapporto di causa/effetto con la crisi etica e morale da tanto tempo presente, è il frutto di un processo che viene da lontano, che sacrifica tutto, ivi compresa la democrazia, sull’altare delle compatibilità imposte dai poteri forti.

Anche per questo confermiamo il nostro no ed il nostro impegno in difesa della Costituzione.

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