di Giorgio Langella, Responsabile Dipartimento Lavoro PCI
e Dennis Vincent Klapwijk, Responsabile Dipartimento Lavoro FGCI
A scorrere i giornali oggi si leggono notizie sulle elezioni USA e sulla
pandemia di Covid-19. L’Italia divisa in zone gialla, arancione, rossa. I
telegiornali (e le televisioni in genere) sono sostanzialmente dedicati alle
stesse notizie.
Della (mancanza di) sicurezza nel mondo del lavoro sembra importare poco.
E’, in definitiva, quello che denunciamo da tantissimo tempo. Infortuni,
malattie, morte sono diventate cose “accettabili” per chi lavora, non fanno più notizia.
Si, qualche trafiletto lo si trova, qualche rammarico pure, ma la sensazione è che non si voglia affrontare il problema della mancanza di sicurezza nei
luoghi di lavoro in maniera seria e propositiva. E questo è qualcosa di
inaccettabile per un paese civile.
Ma cosa è successo? Niente, direbbero tanti saccenti opinionisti. Le solite
cose che bisogna accettare per essere competitivi, abbattere i costi,
guadagnare di più. E poi, se vogliamo essere “moderni”, ci dicono, bisogna
fare un patto sociale, firmare “contratti rivoluzionari” (ovvero ripristinare il
cottimo come principale rapporto di lavoro), credere al triste racconto che il
lavoro sia in conflitto con la salute e l’ambiente e, soprattutto, non protestare … siamo o no tutti sulla stessa barca?
No, signori, non siamo sulla stessa barca siamo su due lati opposti della
barricata. Noi difendiamo i diritti, voi, signori, difendete il vostro profitto, le
disuguaglianze. Siamo profondamente diversi perché sappiamo che il
capitale è nemico del lavoro, della salute, dell’ambiente.
Così, nell’indifferenza generale, ieri 4 novembre 2020 (si ricordi questa data) non è stato l’anniversario della “vittoria” nella grande guerra. No, è stata una disfatta. Ieri 9 lavoratori sono morti nei luoghi di lavoro (fonte Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro che riporta “Una giornata funesta questo mercoledì con 9 lavoratori morti sul lavoro. Due sono morti in Veneto: in provincia di Venezia, in una fonderia un 52enne è stato schiacciato da un portellone.
Nella provincia di Verona ha perso la vita un edile di 60 anni caduto dall’alto, era in trasferta dalla Lombardia. perde la vita, schiacciato da
un muletto a Figline Valdarno di Firenze un operaio di 52 anni. Un boscaiolo perde la vita nel savonese. Due i morti anche in Lombardia, con ancora poco chiare le casistiche delle morti. Perde la vita sulla A1 in Umbria un autotrasportatore. Un metronotte perde la vita nel porto di Ancona investito da un tir”).
Da inizio ottobre la media giornaliera è di oltre due morti per infortunio nei
luoghi di lavoro. Nei 31 giorni di ottobre sono stati 63 e ni primi 4 giorni di
novembre 10.
Non ci stancheremo mai di dirlo.
Questa situazione è intollerabile. Ingenti risorse devono essere destinate a impedire che questa carneficina continui.
Se ci dicono che non ci sono le risorse, bisogna rispondere che i soldi ci
sono. Che si possono ricavare dalle spese militari (dagli F35 alle missioni “di
pace”), dalle grandi ricchezze con una patrimoniale (la ricchezza complessiva dei 40 più ricchi d’Italia, da aprile a luglio di quest’anno è aumentata da 125,6 miliardi a 165 miliardi di dollari – il che significa che durante il lockdown le loro ricchezze sono aumentate del 31% – fonte www.affaritaliani.it), dalle retribuzioni spropositate soprattutto in questo periodo dove ai lavoratori si chiedono enormi sacrifici, dall’evasione fiscale, dalla lotta alla corruzione, dalle tasse mai pagate – per esempio – dalla Chiesa Cattolica (ma non solo), dalle risorse elargite alla sanità e all’istruzione privata … i soldi ci sono e dovrebbero essere distribuiti in maniera equa e giusta.
Quindi esigiamo da chi governa (le regioni e lo Stato) di dedicarsi a risolvere i problemi reali, a garantire che le risorse vadano impiegate anche nel rendere il lavoro meno precario, ben retribuito, meno faticoso e sicuro. Che si impegni a far si che i settori strategici dell’economia e della finanza siano pubblici; che non sia ammessa la chiusura di imprese e il licenziamento di lavoratrici e lavoratori perché si vuole soltanto avere sempre maggiori profitti.
Quelli che vivono del proprio lavoro (siano essi dipendenti, partite iva vere o false, artigiani o piccoli imprenditori) sono persone che devono diventare
protagonisti, non possono essere ridotti a “capitale umano”. Se venissero
abbandonati a se stessi si avrebbe non solo la loro sconfitta ma sarebbe un
disastro per tutto il paese.
PS: oggi c’è stato lo sciopero generale, indetto dai sindacati confederali, delle lavoratrici e dei lavoratori metalmeccanici per il rinnovo del contratto. Ebbene, gli organi di informazione di cui si accennava all’inizio di questa riflessione, riportano pochissime notizie … eppure lo sciopero è riuscito (fonti attendibili indicano una partecipazione dell’80% o maggiore). Certo i lavoratori non hanno fatto disordini, sono consapevoli del ruolo che dovrebbero avere in una società giusta e civile . Non hanno rotto vetrine o bruciato auto, non hanno lanciato sassi o bottiglie incendiarie.
Non sono violenti … quindi non “fanno notizia”.