Anche nell’entroterra siciliano il lavoro è dignità, non un optional

di Salvo Crucillà, Segretario della Sez. PCI “P. Rizzotto” – Serradifalco (CL)

Il PCI di Serradifalco non è solamente solidale, ma si schiera a fianco di tutti quei lavoratori che stanno attraversando la triste realtà di una chiusura senza alternative, che rischia di far chiudere definitivamente i battenti a tutte quelle categorie che comprendono i settori della ristorazione, bar, palestre, teatri e centri estetici.

Il PCI serradifalchese si trova a dover denunciare le varie ragioni per le quali questa chiusura, del tutto imposta, è una minaccia ed appare “sospetta” per una provincia che già si trova martoriata fin dai tempi
antecedenti all’emergenza sanitaria, con i DPCM prima e la dichiarazione dell’Isola a zona arancione dopo, si evince non solo come sia ingiusto chiudere le attività che portano avanti l’economia della provincia e delle comunità sotto di essa – dunque Serradifalco inclusa – ma anche dare il colpo di grazia ad una provincia che già si trovava a dover fare i
conti con un altissimo tasso di disoccupazione e lavoro sottopagato, per favorire “altri”: ci riferiamo chiaramente alle catene di multinazionali e mercato globalizzato protette sotto il mantello di Confindustria, tanto care ai governi nazionali, regionali e locali che, nella realtà dei fatti, non hanno mai chiuso per tutto il tempo dell’emergenza sanitaria e che registrano
adesso un incremento del 30% in ricchezza, al contrario delle partite Iva, di piccoli ristoranti, bar e di tutte quelle categorie che corrispondono ad attività lavorative autonome che invece hanno perso molto e stanno gettando la spugna.

Non serve solo dare dei contentini di 600 euro o raccogliere fondi per distribuire voucher – tra l’altro distribuiti categorizzando chi ne fa richiesta, creando così delle disuguaglianze.

Ricordiamoci che non tutti hanno percepito questa misera somma che non basta a chi ha una famiglia numerosa ed altri, invece, aspettano ancora le casse integrazioni del primo lockdown. È giusto chiudere per tutelare la salute dei lavoratori e quella delle utenze, ma sicuramente non in questo modo. Che i governi nazionali, regionali e locali la smettano di
prenderci in giro facendo gli spocchiosi sotto i riflettori. È necessario prima di tutto garantire ai lavoratori ciò che perdono chiudendo o restando a casa, perché se il Governo ha deciso di chiudere, il Governo deve elaborare anche il piano di risarcimento.

Il PCI Serradifalco, in sintonia con i sindacati, invita a valutare tre punti fondamentali da realizzare immediatamente:

  1. Adottare misure economiche di protezione effettiva di tutta la popolazione, un reddito che copra tutta la fase della crisi e dell’emergenza sanitaria.
  2. Lockdown veri, capaci di isolare e sconfiggere il virus, senza continuare a subire le pressioni di Confindustria che tiene in ostaggio il paese perché le multinazionali devono continuare a produrre.
  3. Mezzi e personale nella sanità pubblica sufficienti a fare fronte all’emergenza pandemica e dare la certezza che tutte e tutti avremo la possibilità di essere curati.

Questa, secondo il PCI, sarebbe la giusta via da seguire per salvare e tutelare i lavoratori.

È probabile che “qualcuno”, a questo punto, sarebbe già pronto ad obiettare qualsiasi cosa pur di ostacolare il giusto percorso da intraprendere, tergiversando e dicendo magari che mancano i fondi per attuare queste fondamentali proposte. Siamo tuttavia pronti a rispondere che ciò non è assolutamente vero, e che basterebbe contrastare il lavoro nero, l’evasione e tassare i grandi patrimoni per risolvere almeno alcune questioni.

Caltanissetta come tutto il suo territorio di pertinenza – ha già dato: il nisseno è stanco di essere guardato dall’alto in basso, in una terra dove ci vuole più coraggio a restare che ad andarsene.

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