di Antonio Gramsci
Da “L’Ordine nuovo “, 8 maggio 1920
1) La fisionomia della lotta delle classi è in Italia caratterizzata nel momento attuale dal fatto che gli operai industriali e agricoli sono incoercibilmente determinati, su tutto il territorio nazionale, a porre in modo esplicito e violento la questione della proprietà sui mezzi di produzione. L’imperversare delle crisi nazionali e internazionali che annientano progressivamente il valore della moneta dimostra che il capitale è stremato; l’ordine attuale di produzione e di distribuzione non riesce più a soddisfare neppure le elementari esigenze della vita umana e sussiste solo perché ferocemente difeso dalla forza armata dello Stato borghese; tutti i movimenti del popolo lavoratore italiano tendono
irresistibilmente ad attuare una gigantesca rivoluzione economica, che introduca nuovi modi di produzione, un nuovo ordine nel processo produttivo e distributivo, che dia alla classe degli operai industriali e agricoli il potere di iniziativa nella produzione, strappandolo dalle mani dei capitalisti e dei terrieri.
2) Gli industriali e i terrieri hanno realizzato il massimo concentramento
della disciplina e della potenza di classe: una parola d’ordine lanciata dalla
Confederazione Generale dell’Industria italiana trova immediata attuazione in ogni singola fabbrica. Lo Stato borghese ha creato un corpo armato mercenario predisposto a funzionare da strumento esecutivo della volontà di questa nuova organizzazione della classe proprietaria che tende, attraverso la serrata applicata su vasta scala e il terrorismo, a restaurare il suo potere sui mezzi di produzione, costringendo gli operai e i contadini a lasciarsi espropriare di una moltiplicata quantità di lavoro non pagato. La serrata ultima negli stabilimenti metallurgici torinesi è stato un episodio di questa volontà degli industriali di mettere il tallone sulla nuca della classe operaia: gli industriali hanno approfittato della mancanza di coordinamento e di concentrazione rivoluzionaria nelle forze operaie italiane per tentare di spezzare la compagine del proletariato torinese e annientare nella coscienza degli operai il prestigio e l’autorità delle istituzioni di fabbrica (Consigli e commissari di reparto) che avevano iniziato la lotta per il controllo operaio. Il prolungarsi degli scioperi agricoli nel Novarese e in Lomellina dimostra come i proprietari terrieri siano disposti ad annientare la produzione per ridurre alla disperazione e alla fame il proletariato agricolo e soggiogarlo implacabilmente alle più dure e umilianti condizioni di lavoro e di esistenza.
3) La fase attuale della lotta di classe in Italia è la fase che precede: o la
conquista del potere politico da parte del proletariato rivoluzionario per il
passaggio a nuovi modi di produzione e di distribuzione che permettano una ripresa della produttività; o una tremenda reazione da parte della classe proprietaria e della casta governativa. Nessuna violenza sarà trascurata per soggiogare il proletariato industriale e agricolo a un lavoro servile: si cercherà di spezzare inesorabilmente gli organismi di lotta politica della classe operaia (Partito socialista) e di incorporare gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) negli ingranaggi dello Stato borghese.
4) Le forze operaie e contadine mancano di coordinamento e di
concentrazione rivoluzionaria perché gli organismi direttivi del Partito socialista hanno rivelato di non comprendere assolutamente nulla della fase di sviluppo che la storia nazionale e internazionale attraversa nell’attuale periodo, e di non comprendere nulla della missione che incombe agli organismi di lotta del proletariato rivoluzionario. Il Partito socialista assiste da spettatore allo svolgersi degli eventi, non ha mai una opinione sua da esprimere, che sia in dipendenza delle tesi rivoluzionarie del marxismo e della Internazionale comunista, non lancia parole d’ordine che possano essere raccolte dalle masse, dare un indirizzo generale, unificare e concentrare l’azione rivoluzionaria. Il Partito socialista, come organizzazione politica della parte d’avanguardia della classe operaia,
dovrebbe sviluppare un’azione d’insieme atta a porre tutta la classe operaia in grado di vincere la rivoluzione e di vincere in modo duraturo. Il Partito
socialista, essendo costituito da quella parte di classe proletaria che non si è
lasciata avvilire e prostrare dall’oppressione fisica e spirituale del sistema
capitalistico, ma è riuscita a salvare la propria autonomia e lo spirito di iniziativa cosciente e disciplinata, dovrebbe incarnare la vigile coscienza rivoluzionaria di tutta la classe sfruttata. Il suo compito è quello di accentrare in sé l’attenzione di tutta la massa, di ottenere che le sue direttive diventino le direttive di tutta la massa, di conquistare la fiducia permanente di tutta la massa in modo di diventarne la guida e la testa pensante. Perciò è necessario che il Partito viva sempre immerso nella realtà effettiva della lotta di classe combattuta dal proletariato industriale e agricolo, che ne sappia comprendere le diverse fasi, i diversi episodi, le molteplici manifestazioni, per trarre l’unità dalla diversità molteplice, per essere in grado di dare una direttiva reale all’insieme dei movimenti e infondere la persuasione nelle folle che un ordine è imminente nello spaventoso attuale disordine, un ordine che, sistemandosi, rigenererà la
società degli uomini e renderà lo strumento di lavoro idoneo a soddisfare le esigenze della vita elementare e del progresso civile. Il Partito socialista è
rimasto, anche dopo il Congresso di Bologna, un mero partito parlamentare, che si mantiene immobile entro i limiti angusti della democrazia borghese, che si preoccupa solo delle superficiali affermazioni politiche della casta governativa; esso non ha acquistato una sua figura autonoma di partito caratteristico del proletariato rivoluzionario e solo del proletariato rivoluzionario.
5) Dopo il Congresso di Bologna gli organismi centrali del Partito avrebbero
immediatamente dovuto iniziare a svolgere fino in fondo una energica azione per rendere omogenea e coesa la compagine rivoluzionaria del Partito, per dargli la fisionomia specifica e distinta di Partito comunista aderente alla III Internazionale. La polemica coi riformisti e cogli opportunisti non fu neppure iniziata; né la direzione del Partito né l'”Avanti!” contrapposero una propria concezione rivoluzionaria alla propaganda incessante che i riformisti e gli opportunisti andavano svolgendo in Parlamento e negli organismi sindacali.
Nulla si fece da parte degli organi centrali del Partito per dare alle masse una educazione politica in senso comunista; per indurre le masse a eliminare i riformisti e gli opportunisti dalla direzione delle istituzioni sindacali e cooperative, per dare alle singole sezioni e ai gruppi di compagni più attivi un indirizzo e una tattica unificati. Così è avvenuto che mentre la maggioranza rivoluzionaria del Partito non ha avuto una espressione del suo pensiero e un esecutore della sua volontà nella direzione e nel giornale, gli elementi opportunisti invece si sono fortemente organizzati e hanno sfruttato il loro prestigio e l’autorità del Partito per consolidare le loro posizioni parlamentari e sindacali. La direzione ha permesso loro di concentrarsi e di votare risoluzioni contraddittorie con i principi e la tattica della III Internazionale: la direzione del Partito è stata assente sistematicamente dalla vita e dall’attività delle sezioni, degli organismi, dei singoli compagni. La confusione che esisteva nel Partito
prima del Congresso di Bologna e che poteva spiegarsi col regime di guerra, non è sparita, ma si è anzi accresciuta in modo spaventoso; è naturale che in tali condizioni il Partito sia scaduto nella fiducia delle masse e che in molti luoghi le tendenze anarchiche abbiano tentato di prendere il sopravvento. Il Partito politico della classe operaia è giustificato solo in quanto, accentrando e coordinando fortemente l’azione proletaria, contrappone un potere rivoluzionario di fatto al potere legale dello Stato borghese e ne limita la libertà di iniziativa e di manovra: se il Partito non realizza l’unità e la simultaneità degli sforzi, se il Partito si rivela un mero organismo burocratico, senza anima e senza volontà, la classe operaia istintivamente tende a costituirsi un altro partito e si sposta verso le tendenze anarchiche che appunto aspramente e incessantemente
criticano l’accentramento e il funzionarismo dei partiti politici.
6) Il Partito è stato assente dal movimento internazionale. La lotta di classe
va assumendo in tutti i paesi del mondo forme gigantesche; i proletari sono
spinti da per tutto a rinnovare i metodi di lotta, e spesso, come in Germania
dopo il colpo di forza militarista, a insorgere con le armi in pugno. Il Partito non si cura di spiegare al popolo lavoratore italiano questi avvenimenti, di giustificarli alla luce della concezione della Internazionale comunista, non si cura di svolgere tutta un’azione educativa rivolta a rendere consapevole il popolo lavoratore italiano della verità che la rivoluzione proletaria è un fenomeno mondiale e che ogni singolo avvenimento deve essere considerato e giudicato in un quadro mondiale. La III Internazionale si è riunita già due volte nell’Europa occidentale, nel dicembre 1919 in una città tedesca, nel febbraio 1920 ad Amsterdam: il Partito italiano non era rappresentato in nessuna delle due riunioni: i militanti del Partito non sono stati neppure informati dagli organismi centrali delle discussioni avvenute e delle deliberazioni prese nelle due conferenze. Nel campo della III Internazionale fervono le polemiche sulla dottrina e sulla tattica della Internazionale comunista: esse (come in Germania) hanno condotto persino a scissioni interne. Il Partito italiano è completamente tagliato fuori da questo rigoglioso dibattito ideale in cui si temperano le coscienze rivoluzionarie e si costruisce l’unità spirituale e d’azione dei proletari
di tutti i paesi. L’organo centrale del Partito non ha corrispondenti propri né in Francia, né in Inghilterra, né in Germania e neppure in Isvizzera: strana
condizione per il giornale del Partito socialista che in Italia rappresenta gli
interessi del proletariato internazionale e strana condizione fatta alla classe
operaia italiana che deve informarsi attraverso le notizie delle agenzie e dei
giornali borghesi, monche e tendenziose. L’ “Avanti!”, come organo del Partito, dovrebbe essere organo della III Internazionale: nell’ “Avanti!” dovrebbero trovare posto tutte le notizie, le polemiche, le trattazioni di problemi proletari che interessano la III Internazionale; nell’ “Avanti!” dovrebbe essere condotta, con spirito unitario, una polemica incessante contro tutte le deviazioni e i compromessi opportunistici: invece l’ “Avanti!” mette in valore manifestazioni del pensiero opportunista, come il recente discorso parlamentare dell’on. Treves, che era intessuto su una concezione dei rapporti internazionali piccolo-borghese e svolgeva una teoria controrivoluzionaria e disfattista delle energie proletarie.
Questa assenza, negli organi centrali, di ogni preoccupazione di informare il proletariato sugli avvenimenti e sulle discussioni teoriche che si svolgono in seno alla III Internazionale si può osservare anche nell’attività della Libreria Editrice.
La Libreria continua a pubblicare opuscoli senza importanza o scritti per
diffondere concezioni e opinioni proprie della II Internazionale, mentre trascura le pubblicazioni della III Internazionale. Scritti di compagni russi, indispensabili per comprendere la rivoluzione bolscevica, sono stati tradotti in Svizzera, In Inghilterra, in Germania e sono stati ignorati in Italia: valga per tutti il volume di Lenin Stato e Rivoluzione; gli opuscoli tradotti sono poi tradotti pessimamente, spesso incomprensibili per le storture grammaticali e di senso comune.
7) Dall’analisi precedente risulta quale sia l’opera di rinnovamento e di
organizzazione che noi riteniamo indispensabile venga attuata nella compagine del Partito. Il Partito deve acquistare una sua figura precisa e distinta; da partito parlamentare piccolo-borghese deve diventare il partito del proletariato rivoluzionario che lotta per l’avvenire della società comunista attraverso lo Stato operaio, un partito omogeneo, coeso, con una sua propria dottrina, una sua tattica, una sua disciplina rigida e implacabile. I non comunisti rivoluzionari devono essere eliminati dal Partito e la direzione, liberata dalla preoccupazione di conservare l’unità e l’equilibrio tra le diverse tendenze e tra i diversi leaders, deve rivolgere tutta la sua energia per organizzare le forze operaie sul piede di guerra. Ogni avvenimento della vita proletaria nazionale e internazionale deve
essere immediatamente commentato in manifesti circolari della direzione per trarne argomenti di propaganda comunista e di educazione delle coscienze rivoluzionarie. La direzione, mantenendosi sempre a contatto con le sezioni, deve diventare il centro motore dell’azione proletaria in tutte le sue applicazioni.
La sezione deve promuovere in tutte le fabbriche, nei sindacati, nelle
cooperative, nelle caserme la costituzione di gruppi comunisti che diffondano incessantemente in seno alle masse le concezioni e la tattica del Partito, che organizzino la creazione dei Consigli di fabbrica per l’esercizio del controllo sulla produzione industriale e agricola, che svolgano la propaganda necessaria per conquistare in modo organico i sindacati, le Camere del Lavoro e la Confederazione Generale del Lavoro, per diventare gli elementi di fiducia che la massa delegherà per la formazione dei Soviet politici e per l’esercizio della dittatura proletaria. L’esistenza di un Partito comunista coeso e fortemente disciplinato, che attraverso i suoi nuclei di fabbrica, di sindacato, di cooperativa coordini e accentri nel suo comitato esecutivo centrale tutta l’azione rivoluzionaria del proletariato, è la condizione fondamentale e indispensabile per tentare qualsiasi esperimento di Soviet; nell’assenza di una tale condizione ogni proposta di esperimento deve essere rigettata come assurda e utile solo ai diffamatori dell’idea soviettista. Allo stesso modo deve essere rigettata la proposta del parlamentino socialista, che diventerebbe rapidamente uno strumento in mano alla maggioranza riformista e opportunista del gruppo parlamentare per diffondere utopie democratiche e progetti controrivoluzionari.
8) La direzione deve immediatamente studiare, compilare e diffondere un
programma di governo rivoluzionario del Partito socialista, nel quale siano
prospettate le soluzioni reali che il proletariato, divenuto classe dominante, darà a tutti i problemi essenziali – economici, politici, religiosi, scolastici ecc. – che assillano i diversi strati della popolazione lavoratrice italiana. Basandosi sulla concezione che il Partito fonda la sua potenza e la sua azione solo sulla classe degli operai industriali e agricola che non hanno nessuna proprietà privata e considera gli altri strati del popolo lavoratore come ausiliari della classe schiettamente proletaria, il Partito deve lanciare un manifesto nel quale la conquista rivoluzionaria del potere politico sia posta in modo esplicito, nel quale il proletariato industriale e agricolo sia invitato a prepararsi e ad armarsi e nel quale siano accennati gli elementi delle soluzioni comuniste per i problemi attuali: controllo proletario sulla produzione e sulla distribuzione, disarmo dei corpi armati mercenari, controllo dei municipi esercitato dalle organizzazioni operaie.
9) La sezione socialista torinese propone, sulla base di queste considerazioni, di promuovere un’intesa, coi gruppi di compagni che in tutte le sezioni vorranno costituirsi per discuterle e approvarle; intesa organizzata che prepari a breve scadenza un congresso dedicato a discutere i problemi di tattica e di organizzazione proletaria e nel frattempo controlli l’attività degli organismi esecutivi del Partito.