Vittime della salute e della sicurezza sul lavoro

dedicata alle tragedie del lavoro, troppe per citarle per intero:
Eternit, Ilva, Marlane-Marzotto, ThyssenKrupp, Breda e tutte le altre.

di Giorgio Langella, Responsabile Dipartimento Lavoro PCI

Il 28 aprile è la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro. In particolare, molti organi di informazione, fanno notare come, in questa giornata si ricordano le vittime a causa dell’amianto. A pensarci bene, fa specie che ci sia bisogno di una giornata dedicata a questo massacro che continua, anno dopo anno, ogni giorno (anche se l’amianto è stato messo al bando quasi trent’anni fa nonostante, da tempo, si conoscesse la sua pericolosità) a falciare migliaia di vite.

Lavoratrici e lavoratori, cittadini che abitavano vicino ai siti pericolosi, bambini, giovani, adulti, anziani … siamo tutti coinvolti in quella che è un esempio di come viene considerata la vita di fronte ad altre cose, al profitto, per esempio, all’incuria, alle mancate bonifiche perché costano.

Proviamo a pensare, in Italia, nel 2020, i decessi a causa dell’amianto sono stati stimati in oltre 7.000 (fonte Osservatorio nazionale sull’amianto). Una cifra impressionante che evidenzia come sia pericoloso lavorare e vivere a contatto con materiali di questo tipo. Un numero che si dilata a dismisura se si considerano i morti per malattie professionali e infortuni nel lavoro.

Tragedie che crescono al passare degli anni e che vengono silenziate, censurate, ignorate dall’indifferenza di politicanti e mezzi di informazione. Così ci si aggrappa a una giornata dedicata ai morti per amianto e sul lavoro.
Esce qualche notizia, si sprecano alcuni millilitri di inchiostro (per carità, meglio risparmiare su queste cose, altrimenti si “fa piangere il re”), ci si mette a posto con la coscienza e, poi, si ritorna all’indifferenza e all’oblio.

Il problema della salute e della sicurezza nel lavoro e sul lavoro, così come quello dell’inquinamento, è talmente “sottovalutato” da scomparire, di fatto, nel più che famoso PNRR (o Recovery Plan) che dovrebbe indicare dove investire i miliardi che sono destinati al nostro paese. Nelle oltre 300 pagine del documento si parla di “rimozione di eternit/amianto sui tetti” (pag. 167).

La parola “sicurezza” è, sì, molto usata ma, riferita alle questioni di inquinamento, si trova solo a pag. 19 questa frase “Intervenire per ridurre le emissioni inquinanti, prevenire e contrastare il dissesto del territorio, minimizzare l’impatto delle attività produttive sull’ambiente è necessario per migliorare la qualità della vita e la sicurezza ambientale, oltre che per lasciare un Paese più verde e una economia più sostenibile alle generazioni future.”
Più che altro una promessa e nulla più.
Per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro sembra proprio che non ci sia la consapevolezza del problema, dal momento che ci si focalizza su quantità e qualità (cioè sostanzialmente formazione) ma non delle condizioni che vivono lavoratrici e lavoratori.

Sul problema della salute e della sicurezza nel lavoro bisognerebbe spendersi molto e lottare per soluzioni che riconducano il lavoro ad essere quel diritto inalienabile di ogni cittadino sancito nella Costituzione e non quella “condanna” che è diventato.
Combattere la fatica, l’alienazione, lo sfruttamento prodotti dalle nuove forme di lavoro (dallo smart working, per esempio, o dalle azioni ripetitive e sempre più veloci imposte a chi lavora nella logistica) dovrebbe essere una priorità, non solamente qualcosa di etereo che appare in questa giornata dedicata, sostanzialmente, alla rassegnazione di quello che sta avvenendo per poi scomparire.

È necessario chiedere, anzi esigere, consapevolezza e coscienza che chi lavora non è un numero ma una persona e che l’ambiente non può essere sfruttato in nome del profitto, ma deve essere curato e protetto.
Lavoro e ambiente non possono sono in conflitto tra loro. Il vero conflitto che bisogna affrontare e risolvere è quello tra ambiente e capitale, tra lavoro (salute e sicurezza) e profitto.

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