Cosa ci dice la grande vittoria dei comunisti cileni.

di Luca Cangemi, Segreteria Nazionale PCI

Il risultato delle elezioni cilene (comprendenti le consultazioni per l’Assemblea Costituente e un diffuso turno elettorale amministrativo) che si sono concluse poche ore fa dovrà essere attentamente valutato in tutti i suoi aspetti ma già oggi può essere considerato di enorme valore politico e persino storico.

Le enormi mobilitazioni degli ultimi due anni , inserite in un ciclo di lotte sociali assai più lungo, hanno non solo imposto la fine della costituzione pinochetista ma hanno cambiato radicalmente gli equilibri politici di un paese ancora governato- è bene ricordarlo- da una destra diretta erede della dittatura nata con l’assassinio di Allende e oppresso da apparati repressivi- a partire dai famigerati “carabineros” – ferocemente antipopolari, un paese che è stato, fin dagli anni ’70, laboratorio del neoliberismo più selvaggio, producendo livelli di diseguaglianza che hanno pochi eguali nel globo.

Oggi la destra è costretta nell’Assemblea Costituente in una condizione di minoranza, è indebolito lo stesso centrosinistra democristiano e socialdemocratico che ha enormi responsabilità nell’aver permesso la continuità del modello sociale nato negli anni della dittatura, avanza invece uno schieramento popolare composto ma deciso a imporre una svolta.
Il voto amministrativo sembra non solo confermare ma persino accentuare questa lettura politica: una trentenne comunista, Iraci Hassler, intellettuale femminista, conquista il municipio simbolicamente più importante del paese a Santiago, Daniel Jadue sindaco di Recoleta (e candidato del Partito Comunista alle prossime presidenziali) viene confermato con oltre il 60% dei voti, da Valparaíso a Vina del Mar a molte altre località si affermano candidati alternativi, provenienti dalle esperienze di lotte sociali e ambientaliste.

Emerge – pur in un quadro molto articolato di organizzazioni e movimenti del fronte alternativo – la straordinaria esperienza dei comunisti cileni.

Il Partito Comunista del Cile è un partito dalla forte identità marxista e leninista, una identità che non è mai stata dimenticata. Come non ricordare che i comunisti hanno ospitato fino alla morte Erich Honecker (così come migliaia di antifascisti cileni trovarono rifugio nella DDR dopo il golpe di Pinochet), non facendosi certo impressionare dalle polemiche strumentali, provenienti da più parti. Fortissimi sono i rapporti con Cuba e con il Venezuela, netta la collocazione antimperialista.
Questa forte identità aliena da mode nuoviste è stata sempre coniugata con la costruzione tenace di una politica delle alleanze, sociali e politiche. I diritti sociali, la democratizzazione dello stato e l’Assemblea Costituente sono stati posti al centro di una piattaforma mai agitata in modo propagandistico o settario.

Questo ha permesso prima di rompere l’isolamento- pianificato dalla destra ma anche dai democristiani e socialisti -e poi di fare avanzare le proprie proposte, a partire, appunto, dalla Costituente.
Autonomia e unità hanno ispirato non solo la proposta politica ma anche il rafforzamento dell’insediamento sociale. I comunisti sono presenti con ruoli dirigenti in un vasto tessuto sindacale e associativo (non solo i sindacati operai ma anche le associazioni di insegnanti e giornalisti, le organizzazioni indigene) che è stato protagonista di lunghe e articolate lotte sociali. Straordinario è stato il ruolo della gioventù comunista nelle mobilitazioni studentesche, che in un paese in cui l’istruzione è stata violentemente privatizzata sono diventate un punto riferimento politico nazionale.

Dalle lotte studentesche viene una parte importante del gruppo dirigente comunista come le deputate Camila Vallejo e Karol Cariola e la stessa nuova sindaca di Santiago. E questo ci parla anche di una capacità particolare del partito cileno di far lavorare insieme generazioni diverse e di ascoltare ciò che viene dalla società. Il pensiero e le pratiche delle donne, in particolare, sono sempre più al centro di una forte attenzione.

I prossimi mesi saranno decisivi e non certo facili: le contraddizioni nel seno delle forze popolari non vanno sottovalutate, nel paese rimangono larghe aree di passivizzazione sociale, le forze reazionarie sono storicamente forti e strettamente collegate con i settori più retrivi dell’imperialismo USA, gli apparati dello stato sono quelli forgiati dalla dittatura e capaci di ogni provocazione. Rimane il fatto che oggi registriamo un altro segnale importante in America Latina dopo la riscossa popolare in Bolivia, le lotte in Colombia e persino le elezioni peruviane e sottolineiamo l’esperienza di una forza comunista capace di reggere sfide di straordinario impegno.

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