di Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI
Come noto, nei giorni scorsi, sull’onda di quanto stava accadendo nella martoriata terra di Palestina, molteplici organizzazioni sindacali e sociali hanno condiviso un appello dal titolo “Condannare la violenza e dire due stati per due popoli non basta, bisogna riconoscere lo stato di Palestina per disinnescare odio e violenze”.
Lo stesso, successivamente presentato in una conferenza stampa, è stato inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai Presidenti della Commissione Esteri della Camera e del Senato.
Tale appello ripercorre la storia di tale realtà sin dalla nascita dello stato di Israele nel 1948, e rimarcando come sia andato affermandosi nel tempo un quadro giuridico tale da rendere assolutamente praticabile il riconoscimento dello stato di Palestina, entro lo schema “due stati per due popoli”, sottolinea molte delle ragioni che ad oggi non hanno consentito di pervenire a tale risultato.
Da ciò viene fatta discendere la richiesta che l’Italia si faccia promotrice di un’azione diplomatica di pace e di rispetto del diritto internazionale, che investa l’ONU, l’Unione Europea ed i diversi capi di governo, e che le istituzioni del nostro Paese affianchino Svezia e Vaticano nel riconoscimento dello stato palestinese a fianco di quello israeliano, ed operino affinché a ciò pervengano anche gli altri stati europei.
Siamo di fronte ad un appello importante, condivisibile, che tuttavia, come tanti altri succedutisi nel tempo, rischia di non produrre i risultati attesi.
Siamo indubbiamente di fronte ad una questione complessa, problematica, di difficile soluzione.
Essa investe infatti scelte di carattere geopolitico, geostrategico, attori ed interessi diversi, che per tanta parte, come sottolineato da più di un osservatore, fanno leva sul mantenimento del conflitto in medio oriente, alimentano gli opposti estremismi, operano per la non soluzione del dramma palestinese, un popolo privato della propria terra.
Ciò che serve è la massima chiarezza, la massima determinazione.
Troppi tra i soggetti chiamati in causa, infatti, esprimono una sorta di equidistanza tra israeliani e palestinesi, mettono sullo stesso piano occupanti ed occupati, nascondono la matrice sionista progressivamente assunta dallo stato di Israele e minimizzano le politiche discriminatorie che ne derivano, non denunciano le pesanti responsabilità dello stesso circa il non rispetto delle deliberazioni dell’ONU, etc.
Il popolo palestinese ha diritto ad un propria patria.
Occorre pertanto promuovere in tale direzione una crescente iniziativa, che pretendendo il rispetto dei pronunciamenti dell’ONU, degli accordi sottoscritti tra le parti, contempli l’assunzione di ogni utile strumento di pressione, ivi compresa la messa in discussione degli accordi bilaterali che il nostro come altri paesi ha sottoscritto con Israele, ed il riconoscimento unilaterale dello stato di Palestina.
Noi, il PCI, ci siamo!
Come sempre posizioni chiare e coerenti da parte del PCI. Dubito fortemente che le massime autorità dello Stato e la classe politica in generale abbiano a cuore le sorti del popolo palestinese. Il loro cuore batte per la salvaguardia di interessi che contrastano strategicamente con questa storica nobile e giusta battaglia.