Fin da quando ho frequentato gli ambienti forensi ed ancor prima, durante i miei studi universitari di Giurisprudenza (in oltre cinquant’anni!), ho sempre sentito dire, dalla stragrande maggioranza di magistrati, avvocati ed operatori di diritto, “politicamente corretti”, che le sentenze non si commentano, ma si accettano.
Tuttavia io ho sempre pensato, sia da avvocato che da giurista costituzionalista (e comunista), che le sentenze si accettano, ma si possono e si debbono commentare, soprattutto quando sono oggettivamente sconcertanti ed incomprensibili, come quella che in questi giorni sta creando entusiasmi sguaiati a destra e profondo sconcerto nelle coscienze democratiche.
Questa scandalosa sentenza sull’operato dell’ex Sindaco di Riace, Mimmo Lucano, non solo appare “ictu oculi” esagerata e drammaticamente “bizzarra”, se si considera che reati di stupro, di mafia, di violenza sulle donne e di omicidi colposi, vengono sanzionati con meno di 13 anni!
Ma, soprattutto, se si considera che lo stesso PM (che rappresenta l’interesse dello Stato ad una giusta pena, proporzionata al reato) aveva chiesto una condanna a 6 anni, cioè a circa la metà della pena irrorata!
Verrebbe da pensare, ad essere maligni, che sia una condanna contro la solidarietà umana e contro la pìetas che qualche rappresentante delle Istituzioni ancora prova verso i più emarginati, i più miseri, verso chi chiede aiuto perché disperato; e, quindi, una condanna contro chi, anziché girarsi dall’altra parte, ha il coraggio di tendere la mano, di “dasse da fà” (come dice perfino Papa Francesco), in una società che è sempre più intrisa di egoismo.
Una sentenza che irrompe, in piena campagna elettorale, come uno tsunami nell’opinione pubblica e nella coscienza popolare, quasi a compensare altri guai giudiziari che incombono su chi ha fatto della guerra all’accoglienza ed all’integrazione delle culture una bandiera ideologica.
Certo, già sento il coro di chi si arroga la facoltà di ragionare in “punta di diritto” e invoca sicuramente l’attesa delle motivazioni, per esprimere qualsiasi parere.
Ma, a mio avviso, il danno è comunque fatto, perché tale decisione contribuisce ad aumentare la crescente sfiducia nella Giustizia e nella magistratura, con il suo carico distruttivo verso un’esperienza che ha suscitato l’interesse e l’apprezzamento di tutto il mondo, per un modello di convivenza operosa e di rilancio demografico di una comunità in estinzione.
E’ una sentenza che, comunque sarà motivata, lascia le persone di buon senso attonite e sbigottite e spaventa il mondo del volontariato e di tutti i sinceri democratici che profondono generosamente le loro energie per sollevare i più bisognosi.
A maggior ragione lascia noi comunisti (e penso di parlare per l’intero Partito) increduli, preoccupati e, perfino, incazzati, perché potrebbe costituire una “prova generale” della legalizzazione della cultura dell’emarginazione razzista e del rifiuto dell’estraneo, per soffocare nella culla la cultura dell’accoglienza, dell’integrazione culturale e della solidarietà umana, che Mimmo Lucano, qualsiasi errore o irregolarità burocratica possa aver commesso, ha saputo rendere concreta.
In un Paese, dunque, in cui la solidarietà e la tutela del più debole sono principi posti dalla Costituzione a fondamento della nostra democrazia e della nostra convivenza civile, insieme con la tutela della salute, del lavoro, della pluralità delle opinioni, delle culture e delle religioni, proprio chi dovrebbe interpretare la legge nel quadro di questi principi, ha, invece, con questa discutibile sentenza, individuato in un’attività a favore degli ultimi e in una finalità altruistica di una persona per bene, una condotta criminale a scopi di lucro.
In sostanza possiamo ben dire che, al di là dell’evidente necessità e dell’auspicio che la magistratura stessa corregga, nei prossimi gradi di giudizio, il suo errore, il Tribunale di Locri ha indubbiamente introdotto uno sconcertante e pericoloso precedente nell’ordinamento giudiziario: il reato di accoglienza.
Certamente l’accoglienza non è e non deve essere un reato ma può stupire, ed in parte anche allarmate, il fatto che un sindaco si sostituisca allo Stato. Cosa potrebbe accadere nel caso di un sindaco leghista che decidesse di autorizzare, in via preventiva, l’ uso delle armi in caso di supposta rapina? Non è veramente con accomodamenti di spuria natura che si combattono le leggi contro l’ accoglienza
ma organizzando lotte nel segno della politica.