CUBA: L’EMBARGO INFINITO. PER LA LIBERTÀ E L’AUTODETERMINAZIONE DEL POPOLO CUBANO

Sandro Scardigli (Segreteria Regionale PCI Toscana – Dipartimento Nazionale Esteri PCI)

Gli anni Cinquanta furono il decennio che determinò, di fatto, il destino di Cuba. Nel 1952 il colonnello Fulgencio Batista prese il potere con un colpo di Stato ed instaurò una feroce e corrotta dittatura foraggiata dagli Stati Uniti d’America. In quel momento storico sull’isola quasi la metà del territorio arabile era di proprietà di pochissimi e ricchissimi possidenti, ma anche delle multinazionali statunitensi; il tasso di alfabetizzazione non superava il 40%, i laureati erano poco meno del 10% ed esisteva un enorme divario economico e sociale tra i pochi ricchi e i tanti poveri dell’isola. Cuba era diventata il luogo dove le mafie di mezzo mondo tenevano i loro dorati summit e riscuotevano le percentuali degli introiti dei locali casinò col beneplacito di Batista e degli USA.


È proprio questo lo scenario che spinse Fidel Castro e il Movimento 26 Luglio ad intraprendere la lotta armata rivoluzionaria contro la dittatura filostatunitense di Batista. La storia la conosciamo: dal Granma che salpa dalle coste messicane con a bordo Fidel Castro, Ernesto Guevara e una ottantina di guerriglieri, fino all’entrata trionfale all’Avana l’8 gennaio 1959, dopo la fuga del dittatore su un aereo, il 1° gennaio 1959.
Negli anni ’60 l’impatto della Rivoluzione cubana, del suo socialismo in costruzione e soprattutto del suo internazionalismo, simboleggiato dalla figura del “Che” Guevara, fu enorme in tutto il mondo e anche in Italia.


Ebbe un’importanza fondamentale nel ’68 italiano e divise il PCI non tanto nel sostegno a Cuba contro l’imperialismo ma nel giudizio sulla posizione del Che e di Cuba rispetto all’internazionalismo e alla lotta rivoluzionaria nel Terzo Mondo, posizione diversa da quella tradizionale dei Partiti Comunisti più o meno filosovietici.


All’attenzione dialogante di Luigi Longo e di buona parte del gruppo dirigente comunista italiano e della FGCI verso le nuove teorie e pratiche dell’internazionalismo cubano si contrapponeva l’aperta diffidenza che sfociava in contrarietà, da parte di Amendola, Napolitano, Pajetta e altri dirigenti.
Nel corso degli anni ’70, anche per effetto del venir meno di quei gruppi estremisti che pensavano di poter applicare le teorie di Guevara alla realtà dei paesi occidentali, queste controversie vennero gradualmente meno.


D’altra parte questo problema esisteva con molti partiti comunisti, anche dell’America Latina, il cui esempio più eclatante fu il Partito Comunista Boliviano, il cui mancato sostegno all’ELN di “Che” Guevara contribuì all’isolamento e alla rapida sconfitta militare di quest’ultimo.
Con la fine dell’impegno politico di massa si è cercato di ridurre la figura del “Che” a un santino, sfruttandolo talvolta anche a livello commerciale. Si è insomma cercato di renderlo innocuo per il capitale, per l’imperialismo.


Ma le nuove generazioni di comunisti, soprattutto dopo il crollo dell’URSS e del campo socialista, hanno capito veramente il valore politico dell’esperienza socialista cubana, che ha continuato a resistere a 90 miglia dagli USA, nonostante il 1989 dell’Est Europa.
Associazioni come Italia-Cuba, soprattutto, ma non solo: movimenti, collettivi, gruppi di solidarietà hanno dato un apporto fondamentale alla conoscenza della realtà di Cuba, rendendola scevra dalla mitizzazione, e quindi effettivamente utile alla ricostruzione di un nuovo e vero internazionalismo proletario dei comunisti.


Da almeno 30 anni la maggior parte della cosiddetta sinistra nostrana ha abbandonato Cuba. Non parlo tanto del PD, che non ha niente a che vedere con la sinistra, ma dei vari filoni politici cosiddetti alternativi o antagonisti.


Queste realtà hanno nel proprio DNA un anticomunismo culturale inconfessato e spesso nemmeno consapevole. La loro cultura libertaria individualista, che parla sempre di “persona”, di “donna e uomo” e mai di “lavoratrice e lavoratore”, fa mettere loro al primo posto un concetto di libertà che è proprio del pensiero liberale, in antitesi con quello marxista. È una cultura che parte dal singolo “corpo” che interagisce individualmente con la realtà esterna, e non dalla collocazione del singolo in una classe o ceto sociale, che ne influenza in modo determinante il pensiero e il comportamento.
Di conseguenza queste culture di “sinistra” non possono concepire che per affermare veramente la libertà e la realizzazione individuale, in collaborazione con gli altri componenti della società, possa essere necessaria l’organizzazione di uno Stato che esercita il diritto di difendersi da una controrivoluzione che, se vincente, riconoscerebbe nei fatti la libertà soltanto a coloro che hanno i soldi per comprarsela grazie al sudore e al sangue di quella maggioranza che non avrebbe più alcuna libertà.


Le cubane e i cubani stanno difendendo la loro Patria così come hanno fatto durante il tentativo di invasione alla Baia dei Porci sessant’anni fa e nei decenni seguenti costellati di provocazioni, attentati terroristici, attacchi all’indipendenza e alla sovranità di Cuba, un blocco economico che è un assedio in piena regola che vuole strangolare un Paese pacifico. La grande partecipazione di popolo alle manifestazioni in appoggio al governo e di fedeltà alla rivoluzione, dimostrano che Cuba non si arrende.
Il PCI è a fianco del popolo, del PCC e del Governo cubani ai quali esprime fratellanza e solidarietà. Senza “se” e senza “ma”. Il PCI si impegna a diffondere le informazioni e la verità che, con ogni probabilità, continueranno a venire manipolate dalla “grande informazione” italiana e occidentale che, come sempre avviene in questi casi, partecipa all’accerchiamento mediatico di Cuba nascondendo la verità.
Il PCI chiede a tutte le forze politiche e sociali che hanno a cuore la sovranità e la libertà dei popoli di appoggiare concretamente la lotta che Cuba sta portando avanti da decenni. Chiede che venga cancellato l’embargo imposto dagli Stati Uniti così come deliberato dall’ONU con voto praticamente unanime (hanno votato contro solo USA e Israele). È intollerabile considerare Cuba, un Paese che si dimostra sempre solidale con tutti i popoli del mondo (e la mobilitazione del personale medico cubano anche in Italia durante la pandemia, senza chiedere né ottenere niente in cambio, ne è dimostrazione), una dittatura mentre USA, NATO, Unione Europea che promuovono guerre, invadono paesi sovrani, bombardano popolazioni civili, le strangolano con sanzioni e blocchi economici, siano definite “democrazie”.

One Comment

  1. Francesco

    Condivido in toto sia l’analisi che la conclusione, soprattutto quando si evidenzia il comportamento Usa e dei suoi paesi servitori. Prima della Pandemia ho visitato il Paese e, compatibilmente con il tempo di due settimane, ho potuto rendermi conto che vi è un’altra vita possibile anche se non avevo bisogno di conferme. Ho convissuto nelle case “particular” dialogando con i proprietari i quali mi hanno risposto senza alcuna remora: stesso discorso con i taxisti di cui mi sono servito per spostarmi. Spero di poter ritornarvi ancora e lo consiglio a tutti di fare questo viaggio, tra l’altro molto istruttivo!

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