Vuoi lavorare – produci bombe!

Dipartimento Lavoro PCI Federazione Sulcis Iglesiente

Si legge il titolo: Crisi nel Sulcis, la fabbrica di bombe Rwm: “Pronti a dare lavoro a chi l’ha perso” (sardiniapost.it)  e poi l’articolo e si resta, perlomeno, stupefatti.
O lo si dovrebbe restare.

Chiude la Portovesme e la Rwm, fabbrica che produce bombe (utilizzate anche in Yemen*), assume chi perde il lavoro e dovremmo essere tutti rasserenati?

E condividere una soluzione che, se può essere positiva per quelli che hanno perso (o stanno perdendo) il lavoro, è un altro tassello allo sgretolamento civile e produttivo del nostro paese?

Qua non c’è nulla che vada verso una politica industriale seria, qualcosa che dovrebbe essere compito del governo regionale e territoriale. No, si approfitta del licenziamento di centinaia di lavoratori, di una congiuntura e di un “mercato” (quello della guerra) che chiede sempre più armi, per favorire, grazie al ricatto occupazionale, l’espansione dell’industria bellica. Così la Sardegna verrà sempre più schiacciata dalla servitù militare.

Non c’è nulla nelle bombe che possa favorire il benessere collettivo. Niente, a meno di non credere che la morte di esseri umani effetto del “prodotto richiesto da un mercato in espansione” possa diventare un profitto per noi.
In questa notizia c’è tutta la brutalità del sistema attuale: un’assenza totale di prospettiva industriale unita all’idea che sia solo l’inseguimento del profitto “tanto, maledetto e subito” a dettare la vita e il futuro delle persone.

Un poco alla volta si farà credere che la guerra sia la soluzione dei problemi, di tutti i problemi anche del singolo lavoratore in un sostanziale ribaltamento del concetto stesso di civiltà.

Nell’articolo si legge un concetto al quale ci si deve opporre con la logica: “Gli antimilitaristi ragionano diversamente: pensano che, una dopo l’altra, tutte le fabbriche belliche possano essere chiuse dalle proteste. Ma non funziona così. Né in Italia né in nessun altro Paese al mondo. Si combatte a prescindere da dove si producono bombe e munizioni, missili e aerei da guerra.” L’insegnamento che se ne trae è che le armi si producono perché ci sono le guerre. Noi affermiamo che le guerre si fanno perché si producono le armi e che spesso (se non sempre) esse scoppiano per svuotare i vecchi arsenali e riempirli di nuovo.

Ribelliamoci all’idea che la guerra sia motore dello sviluppo e che possa essere considerata accettabile. Si investa in tecnologia e ricerca che vada in direzione opposta, che serva alla Pace, a vivere e lavorare meglio, che garantisca istruzione, salute e sicurezza a tutte e tutti in ogni parte del mondo.
Export di armi . Bombe italiane in Yemen, archiviate le accuse ai funzionari italiani (Avvenire)

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