IL PCI ALLA “FESTA DO AVANTE”

di Emiliano Alessandroni, Comitato Centrale PCI

Dal 1 al 3 settembre scorsi si è svolta a Lisbona l’edizione 2023 della “Festa do Avante!”, organo del Partito comunista portoghese. Il Partito Comunista Italiano è stato presente con stand, ristorante e libreria, grazie all’impegno di compagne compagni di Ancona, delle Marche e di altre regioni. Il compagno Emiliano Alessandroni ha rappresentato la Delegazione politica nei vari incontri e dibattiti che si sono svolti. E’ stata per lui la prima partecipazione, un’esperienza di arricchimento entusiasmante che racconta ampiamente nell’articolo che segue.

Una partecipazione di pubblico oltremodo inusuale per una festa organizzata, a oltre quattro decenni dalla caduta del Muro di Berlino, da un partito comunista europeo: oltre 100 mila persone hanno gremito a Lisbona la “Festa do Avante” del PCP, dove una vasta gamma di attività ha consentito di soddisfare le esigenze e gli interessi di un ampio ventaglio di pubblico: giochi, competizioni sportive, concerti, dibattiti politici, esibizioni artistiche, ristorazione, mostre fotografiche, proiezioni di film, letture, panel storiografici e molto altro ancora.

Dentro l’enorme spazio della festa, fitta di stand era anche l’area internazionale che, oltre ad ospitare la rappresentanza dei partiti comunisti di tutta Europa, ospitava anche quella di molte organizzazioni politiche extra-europee: dall’Africa (Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola, Partito Africano dell’Indipendenza di Capo Verde, Mozambico, Fronte Polisario) all’Asia (Partito Comunista del Vietnam, Partito Comunista Cinese), dal Medio Oriente (OLP, Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Partito Iraniano del Tudeh) all’America Latina (Partito Comunista della Bolivia, Partito Comunista Peruviano, Partito Comunista del Cile).

Per questioni relative all’interpretariato, nel corso dei tre giorni, come delegato internazionale del PCI, mi sono trovato a contatto con il responsabile esteri di Rifondazione Comunista Vincenzo Colaprice, dottorando studioso di storia, con cui ho riscontrato un’inaspettata affinità di idee, anche intorno a problemi che ritenevo meno condivisi fra i nostri due partiti.

L’incontro bilaterale che ho avuto con Vladimiro Vale, membro del Comitato Centrale del PCP, è andato perlopiù incentrandosi sulla situazione sociale e politica dei nostri due paesi. Egli ha voluto sottolineare una condizione economica del Portogallo sempre più polarizzata, a detrimento dei ceti meno abbienti e del mondo del lavoro. Non soltanto la disoccupazione accresce le fila dei senzatetto, ma l’occupazione non riesce in molti casi a garantire al lavoratore la semplice sussistenza (il salario minimo in Portogallo ammonta ad appena 4,25 euro all’ora, mentre il costo della vita, grosso modo pari a quello dell’Italia, lievita anno dopo anno). Di questa condizione, egli afferma, un’enorme responsabilità ha il Partito Socialista che anziché contrastare la destra anche sul piano economico, ne ricalca in qualche modo la linea, promuovendo smantellamento del welfare e processi di privatizzazione. Le masse popolari sono quindi anche in Portogallo sempre più estranee ai processi decisionali e allo stesso mondo politico, che avvertono ad ogni tornata elettorale sempre più distante. Anche lì, come in Italia, il partito più grande, quello che attrae il maggior numero di consensi, è il partito dell’astensionismo.

D’altro canto, il Partito Socialista è stato anche accusato da Vladimiro Vale di avere ingaggiato una lunga lotta per la manomissione e lo stravolgimento della Costituzione, che, particolarmente avanzata sul piano sociale e con un impianto teorico d’ispirazione socialista, viene percepita come un intralcio alle liberalizzazioni di cui il governo si rende promotore.

Un momento importante della Festa è stata la conferenza tenuta, di fronte a un nutrito numero di persone, assieme ai delegati del Partito del Lavoro del Belgio, del Partito Comunista della Bielorussia e a Valter Pomar, rappresentante brasiliano del pensiero filocomunista interno al Partito dei Lavoratori di Lula. Dopo avere confutato la narrazione liberal-occidentale della guerra in Ucraina, che postula una presunta brama espansionistica della Russia (narrazione a cui non credono non solo i principali rappresentanti del mondo extraoccidentale, ma neppure le più importanti figure del Dipartimento di Stato americano), ho indicato, riprendendo le categorie di Tucidide relative alla guerra del Peloponneso, le “cause occasionali” e le “cause

profonde” del conflitto. Le prime individuandole nel processo di allargamento territoriale della Nato e nella volontà degli Usa di circondare militarmente la Russia di basi militari e arsenali nucleari in grado, a comando, di polverizzare Mosca nel giro di pochi minuti. Le seconde, di portata più storico-epocale, indicandole in un più ampio conflitto tra “grande divergenza” e “grande convergenza”, tra forze che tendono a preservare o a ripristinare il divario tra l’Occidente e il resto del mondo e forze che premono invece verso una sua riduzione. Si tratta di un conflitto che non si consuma unicamente tra il mondo euroamericano e il resto del pianeta, ma che attraversa in profondità il tessuto politico dell’Occidente stesso, all’interno del quale convivono un’anima più esile, ma anche più cooperativa (quella che timidamente aveva dato avvio al Nord Stream 1, al Nord Stream 2, alla Via della Seta, ecc.) e un’anima più robusta, suprematista e aggressiva, che negli Stati Uniti si rivela molto più marcata e che ha finito per condizionare, o meglio per determinare, la politica estera della stessa Unione Europea. Compito dei comunisti in Occidente è combattere e isolare la seconda per promuovere e far prevalere la prima. È il compito che essi hanno per mantenere la pace e impedire lo scoppio di una Terza guerra mondiale, ovvero di un olocausto nucleare dalle proporzioni planetarie. Il pubblico numeroso è rimasto ad ascoltare fino all’ultimo minuto, intervenendo con considerazioni e domande che hanno senz’altro contribuito ad arricchire il dibattito.

Il mattino seguente tutte le delegazioni internazionali delle diverse forze politiche hanno assistito alla relazione di Pedro Guerreiro, rappresentante della Commissione Internazionale del PCP, che nella sua lunga disamina delle questioni geopolitiche ha posto l’accento sulla necessità di coniugare in maniera viva e dialettica patriottismo e internazionalismo. Al termine del discorso numerosi sono stati gli interventi delle diverse delegazioni. Cuba ha voluto ricordare che, se anche si volesse parlare di imperialismi al plurale, i comunisti non dovrebbero mai dimenticare che l’imperialismo più feroce, quello contro il quale dovrebbero compattare le energie, è l’imperialismo americano.

Come delegato del PCI ho chiuso la serie degli interventi riprendendo il tema della guerra in Ucraina: una guerra per procura che Washington combatte contro la Russia, ma anche un banco di prova per gli Usa, in vista di un nuovo fronte da aprire a Taiwan contro Pechino analogo a quello aperto a Kiev contro Mosca. Eppure non è tutto. Essa è anche una guerra che gli Usa stanno combattendo contro l’Europa, violando il diritto internazionale e boicottando con ogni mezzo ogni timido tentativo da parte del Vecchio Continente di allacciare relazioni con Paesi che si trovano fuori dalla sfera d’influenza di Washington. Ma se ciò è vero, se si tratta di una guerra che gli Usa combattono anche contro il continente europeo, i comunisti dovrebbero allora impegnarsi a coordinare le forze su scala più ampia, mettendo in piedi iniziative comuni che premano in direzione di un’Europa indipendente e libera dalle influenze aggressive e dalle mire espansionistiche degli Stati Uniti. I comunisti nel nostro spazio continentale sono chiamati in sostanza considerare seriamente e porre all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della sovranità europea.

L’intervento ha ricevuto gli applausi dei delegati in ascolto, e mi sono venuti incontro complimentandosi Elier Ramírez Cañedo, Vicedirettore del “Centro Fidel Castro Ruz” e Belskys Lay Rodríguez, del Comitato Centrale del Partito Comunista Cubano, i quali mi hanno gentilmente lasciato i loro biglietti da visita.

Nel pomeriggio, di fronte a una folla oceanica di persone di tutte le età, che sembrava non avvertire minimamente la pioggia torrenziale che stava cadendo sulle loro teste, il nuovo Segretario del PCP, Paulo Raimundo, ha concluso i lavori con un lungo discorso, intriso in ogni sua frase di passione e acume politico.

Durante tutta la festa, nel grande stand del PCI disposto nell’area internazionale, una squadra infaticabile di compagne e di compagni (Alessandro, Barbara, Manuela, Remo, Salvatore, e l’eccellente cuoco Fabio) con la regia del militante di lunga data Paolo Tomassoni (sempre l’ultimo ad abbandonare lo stand la notte e il primo a svegliarsi la mattina), ha soddisfatto il pubblico della festa con vendita di libri, bevande e pietanze della cucina italiana particolarmente gradite. La squadra si è sobbarcata un lavoro fisicamente estenuante, traendone tuttavia soddisfazione. Un lavoro pratico che resta spesso nell’ombra, ma senza il quale nessuna organizzazione politica degna di questo nome potrebbe mai realmente vivere.

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