Tra circa sei mesi le cittadine ed i cittadini dell’Unione Europea saranno chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento Europeo.
Una scadenza assai rilevante, segnata dalla situazione che connota l’Unione Europea, largamente peggiorata nel lasso di tempo intercorso dalla scorsa tornata elettorale.
I molteplici nodi derivanti dalle politiche da essa adottate in ossequio alla cultura liberista imperante, al dogma dell’austerità, nell’interesse delle élite economiche e finanziarie, sono venuti al pettine.
L’esito di tali politiche, delle quali hanno fatto le spese innanzitutto i ceti popolari, il mondo del lavoro, è sotto gli occhi di tutte e tutti: l’Unione Europea è in grande difficoltà, continua ad oscillare tra tassi di crescita insignificanti, stagnazione, recessione.
I progressivi rialzi dei tassi di interesse, messi in atto per combattere un’inflazione mai così alta da decenni, frutto delle speculazioni post Covid 19 su materie prime e risorse energetiche, affrontata con colpevole ritardo, hanno minato e minano ulteriormente le possibilità di ripresa.
Le stesse miopi sanzioni economiche adottate nei confronti della Russia, in ossequio ai desiderata degli USA, hanno concorso e concorrono anch’esse a determinare il quadro di difficoltà dato.
In tale direzione ha giocato e gioca un ruolo sempre più rilevante il crescente aumento della spesa militare volta ad alimentare la guerra in Ucraina, che evidenzia l’Unione Europea, in nome di una rinsaldata alleanza euro atlantica a guida statunitense, sempre più immersa, con la NATO, in una deriva bellicista che ha come oggetto lo scontro tra occidente ed oriente, e la vede rinunciare a qualsiasi ruolo volto alla promozione della pace.
Il liberismo economico, la crescente centralizzazione dei processi decisionali, e la conseguente restrizione degli spazi di intervento in capo ai governi, ai parlamenti, alle cittadine ed ai cittadini europei, il militarismo e l’interventismo nelle relazioni internazionali, hanno svelato l’inganno e mostrano il vero volto dell’Unione Europea.
Il confronto tra i Paesi UE di questi giorni, volto a decidere circa il Patto di Stabilità, sospeso a fronte della pandemia da Covid 19 sino al 31 Dicembre dell’anno in corso, non lascia presagire nulla di buono, anche e soprattutto per un Paese come il nostro, fortemente condizionato dal proprio debito pubblico.
L’Unione Europea continua a proporsi come una sovrastruttura essenzialmente finanziaria, assai poco economica, per nulla sociale, con buona pace della retorica che ha accompagnato ed accompagna il programma Next Generation UE, il PNRR, etc., ed è a fronte di ciò che il nostro giudizio, la nostra posizione nei confronti della stessa non cambia, non può cambiare.
In questo quadro di crisi crescente abbiamo assistito ed assistiamo alla riproposizione dell’estrema destra, che in diversi paesi partecipa al governo, di formazioni politiche manifestamente, dichiaratamente fasciste, di posizioni che rinviano alle pagine più buie della storia del vecchio continente, di politiche che mettono in discussione l’idea stessa di uguaglianza, mentre l’anticomunismo e la falsificazione della storia assumono un carattere istituzionale.
Gli equilibri ad oggi conosciuti nel Parlamento Europeo, anche alla luce dei risultati elettorali determinatisi in diversi paesi, sono messi in discussione, e lo spostamento a destra dello stesso, è tutt’altro che remoto.
La sinistra di alternativa, quella che si è ritrovata nello slogan “un’altra Europa è possibile”, e che si è battuta con determinazione contro le politiche dell’Unione Europea, è chiamata a fare i conti con la situazione determinatasi, a caratterizzarsi sempre più e meglio, nello scorcio di legislatura che resta, proponendo un’alternativa necessaria e possibile assieme.
Servono politiche progressiste, volte alla pace, alla solidarietà internazionale, al progresso, alla giustizia sociale, politiche assai lontane da quelle perseguite e prospettate dall’insieme delle forze che, in una logica bipartisan, portano la responsabilità delle scelte dell’Unione Europea che hanno determinato il precipitare della condizione dei popoli che la compongono.
Un’altra Europa, quella da noi agognata, abbisogna di un cambiamento radicale delle basi sulle quali poggia l’attuale, un cambiamento voluto e deciso dalle lavoratrici e dai lavoratori, dai popoli d’Europa.
Ecco perché sottolineiamo ancora una volta la necessità di operare per il rafforzamento del gruppo The Left al Parlamento Europeo, per riaffermarne il carattere e l’identità di spazio confederale, di cooperazione tra forze anche diverse tra loro, ma accomunate dalla ricerca di un’alternativa.
E’ un obbiettivo, questo, al quale sono chiamate le diverse realtà della sinistra di classe, di alternativa presenti in Italia (che non hanno rappresentanza nel Parlamento Europeo) che si sono misurate e si misurano con le politiche antipopolari portate avanti in questi anni dai diversi governi di centrodestra e di centrosinistra succedutisi alla guida del Paese all’insegna del pensiero unico liberista, e che oggi sono chiamate a costruire un’opposizione, la più ampia possibile, al governo di destra presieduto da Giorgia Meloni.
Insistiamo: ciò di cui vi è bisogno è un approccio frontista che valorizzi la necessaria trasversalità.
Serve mettere in campo un progetto, una proposta, una lista nella quale i comunisti e tutte le diverse realtà interessate possano riconoscersi, anche visivamente.
Per queste ragioni, nelle scorse settimane, abbiamo avanzato la richiesta di un incontro tra tutte le forze interessate (nei prossimi giorni ne trarremo le conclusioni).
Occorre operare per garantire al Parlamento Europeo che verrà una rappresentanza, una voce, realmente alternativa; la posta in gioco è rilevante, ed in tale direzione noi, il PCI, ci sentiamo impegnati.
Roma, 15 Dicembre 2023
Direzione nazionale Partito Comunista Italiano