Perché essere Pro Palestina è Rischioso?

di Nathan Bernet, per PCI Federazione di Modena

Il 26 febbraio 2024, 142esimo giorno del genocidio a Gaza, il mondo intero è stato scosso dall’atto estremo ed eroico del compagno Aaron Bushnell, soldato della US Air Force che, con il telefono in una mano, e la borraccia piena di liquido infiammabile nell’altra, ha pronunciato un discorso davanti all’ambasciata israeliana a Washington, per poi immolarsi. Nel suo discorso Aaron ha rivendicato di non voler essere più complice del genocidio a Gaza, e di essere conscio della natura sì estrema, ma per lui anche necessaria, del gesto che stava per compiere. Aaron è deceduto in ospedale poche ore dopo i fatti. Le sue ultime parole sono state “Palestina libera!”. Aveva 25 anni.

Chi studia la Storia sa che non è la prima volta che succede un episodio del genere. Per citarne uno vicino a noi nel tempo: il 17 dicembre del 2010, Mohamed Bouazizi, un attivista e venditore di prodotti ortofrutticoli tunisino, si diede fuoco per protestare contro il sequestro dei suoi prodotti da parte della polizia, che lo stava maltrattando da tempo. Il suo gesto fu la miccia che innescò un enorme movimento di protesta in tutto il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Il governo tunisino fu rapidamente rovesciato e il presidente costretto a fuggire dal Paese. Due anni dopo la morte di Bouazizi erano già caduti quattro governi, e le conseguenze di tutto questo marcarono profondamente gli anni Dieci per il mondo arabo. Le guerre civili in Siria e Libia sono ancora in corso, ormai da quasi quindici anni, e penso che ognun* di noi abbia visto le immagini scioccanti dai primi anni di queste guerre.

C’è chi, quando subisce un’ingiustizia, come prima reazione fugge, si piega, si arrende, cambia casacca, in una reazione cieca di autodifesa. C’è invece anche chi rifiuta di piegarsi e decide di mandare un messaggio al mondo, sacrificando la cosa più preziosa che possiede: la vita – per salvare quelle di tante altre persone, vicine o lontane. Queste persone sono le sentinelle e i guardiani dell’Umanità. La potenza mediatica e politica di un tale gesto è ineguagliabile, tale da imporsi come un fulmine all’ordine del giorno, e costringere persino i peggiori propagandisti a guardare la realtà negli occhi, anche solo per 5 secondi, trasmettendo le gesta e le motivazioni che ci stanno dietro alla popolazione. La CNN ha trasmesso per intero le sue dichiarazioni, così come altre reti.

Questo effetto viene amplificato tantissimo anche dall’impatto dei social media – Aaron si è registrato, e mentre bruciava gli è stata scattata una foto, diventata subito virale. Se così non fosse stato, forse oggi sarebbe già stato dimenticato, o senza poter ascoltare direttamente le sue parole e vederlo bruciare, molte persone avrebbero potuto subito liquidato come un pazzo – come in realtà alcuni sionisti stanno già facendo.

Il sacrificio di Aaron è l’ennesimo colpo al cuore alla narrazione occidentale, che ormai ha perso quasi tutta la legittimità che era riuscita ancora a conservare. Come la Primavera araba di tredici anni fa, sembra che pian pianino il vento stia cambiando, e la situazione politica stia diventando lentamente insostenibile per tutti i governi occidentali.

Nonostante il governo Biden abbia riaffermato il suo sostegno a Israele, ormai sia lui che i vari leader europei sono costretti ad ammettere che Israele forse sta sbagliando e sta usando troppa violenza, mentre continuano le deposizioni di vari Stati presso la Corte internazionale di Giustizia, tra i quali citerei l’intervento cinese, che ha ribadito il diritto dei popoli oppressi a intraprendere la resistenza armata.

Gli Stati Uniti stanno screditando in modo estremamente disonesto i procedimenti presso la CIG, per provare a mantenere lo status quo anche quando è palesemente insostenibile. Stanno mettendo in dubbio la veridicità di migliaia di prove, portate da decine di Stati diversi da tutto il mondo, solo per difendere Israele dalle accuse di genocidio.

Anche dentro la politica israeliana sta avvenendo un fenomeno simile, con i moderati come Yair Lapid (leader dell’opposizione nel parlamento Israeliano n.d.r.) che vorrebbero scaricare Netanyahu e l’estrema destra, incolpando esclusivamente loro della violenza, per salvarsi la pelle e la faccia nel caso la situazione cambi a sfavore di Israele.

Il movimento per la liberazione della Palestina è visto come pericolosissimo dall’élite occidentale. Mette in dubbio ogni singolo punto ideologico su cui si fonda il sistema, smaschera la finta “democrazia” e “libertà di espressione” come delle farse che ti vengono concesse solo se la pensi come la classe dirigente e non fai le domande scomode, mette a nudo la VERA faccia dell’Occidente, quella che diede origine al fascismo: appena non riesce a cooptare o neutralizzare un movimento, passa alla criminalizzazione, alla violenza, a ogni tipo di propaganda disonesta, a una marea di menzogne vergognose.

Lo stesso Stato che professa di appoggiare questi diritti e questi principi democratici, come fa a giustificare il suo supporto ad Israele? Abbandonando completamente qualsiasi pretesa di onestà nell’informazione, e riproponendo sulle reti domestiche la peggiore propaganda sionista, mirata a dissimulare le responsabilità di Israele e accollarle tutte alla popolazione palestinese. Facendo questo, si chiude anche la porta in faccia a qualsiasi voce di dissenso, che sia essa palestinese o italiana.

Questa situazione fa crollare tutto il castello di carte della ‘liberal-democrazia’, mostrando specialmente alle persone più attente che il fine delle nostre cosiddette ‘democrazie’ non è garantirci una vita dignitosa, ma proteggere gli interessi economici e politici di un’èlite ristretta, che ha il monopolio anche su tutti i mezzi di informazione, e che trae enormi guadagni anche dal supporto a Israele, sia dalle lobby che dalle industrie belliche. Pochi giorni fa abbiamo letto sia la notizia delle indagini sui giornalisti di Domani, per aver indagato sui legami tra il ministro Crosetto e le industrie belliche, sia un report dei servizi segreti in cui si considerano le organizzazioni per la Palestina, comuniste, anarchiche, ambientaliste, femministe — in sintesi tutti noi — un pericolo per la sicurezza nazionale. Secondo noi è chi ha scritto questo report ad essere un pericolo per il Paese.

Citerei anche la legge proposta da Salvini in Italia, che andrebbe sostanzialmente a criminalizzare le proteste contro Israele, confondendo come sempre l’antisionismo e l’antisemitismo. La legge si basa sulla definizione di antisemitismo fornita dall’IHRA, un’organizzazione sionista, che considera ogni attacco alle istituzioni dello Stato di Israele come un attacco alla sua popolazione, e dà alle questure il potere di vietare le manifestazioni per “ragioni di moralità”. È come se accusassimo di razzismo contro gli italiani chi contesta il governo Meloni.

Tutte queste notizie, se prese individualmente, ci svelano lo stato preoccupante della libertà di pensiero in Italia, ma se prese insieme, rivelano chiaramente una strategia atta a silenziare l’opposizione a tutti i costi.

Come in passato, il capitalismo sta adoperando tattiche autoritarie e repressive, che le nostre democrazie occidentali non hanno mai rinnegato, ma tenuto nascoste dato che non vi era il bisogno di utilizzarle. Il movimento Occupy del 2011 ha portato una mobilitazione globale, ma nel tempo è stato cooptato dato che non era organizzato in modo efficace, e quindi non vi era bisogno di picchiarli tutti e infangarli coi media.

Il genocidio palestinese invece è forse la sfida più dura al sistema di valori occidentale, dove a scuola ti viene detto che sei fortunat* a vivere in un Paese democratico, dove hai la libertà di parola, di pensiero, di stampa, e ti viene garantita la dignità umana di base. Ma se appena esci dalla scuola, per protestare contro il massacro di migliaia dei tuoi coetanei, la Polizia ti riempie di botte, e tutto il governo lo giustifica, il sistema di valori è una farsa bella e buona, e inizi a farti qualche altra domanda.

Nelle nostre lotte, di oggi e di domani, dovremo tenerci stretta al cuore la memoria di Aaron e di mille altre migliaia di persone come lui vissute negli ultimi secoli, perché ci diano la speranza e la forza per andare avanti e costruire finalmente un mondo migliore. Un mondo in cui un ventenne non deve darsi fuoco per essere ascoltato.

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