di Manlio Dinucci, su “il manifesto” del 12 febbraio 2019
Il giorno dopo la firma del protocollo di adesione alla Nato della Macedonia del Nord quale 30° membro, l‘Ucraina ha compiuto un atto senza precedenti: ha incluso nella propria Costituzione l’impegno a entrare ufficialmente nella Nato e allo stesso tempo nell’Unione europea.
Il 7 febbraio, su proposta del presidente Petro Poroshenko – l’oligarca arricchitosi col saccheggio delle proprietà statali, che si ricandida alla presidenza – il parlamento di Kiev ha approvato (con 334 voti contro 35 e 16 assenti) gli emendamenti in tal senso della Costituzione.
Il Preambolo enuncia «il corso irreversibile dell’Ucraina verso l’integrazione euro-atlantica»; gli Articoli 85 e 116 decretano che compito fondamentale del parlamento e del governo è «ottenere la piena appartenza dell’Ucraina alla Nato e alla Ue»; l’Articolo 102 stabilisce che «il presidente dell’Ucraina è il garante del corso strategico dello Stato per ottenere la piena appartenenza alla Nato e alla Ue». L’inclusione nella Costituzione ucraina dell’impegno a entrare ufficialmente nella Nato comporta conseguenze gravissime.
Sul piano interno, vincola a tale scelta il futuro dell’Ucraina, escludendo qualsiasi alternativa, e mette di fatto fuorilegge qualsiasi partito o persona si opponga al «corso strategico dello Stato». Già oggi la Commissione elettorale centrale impedisce a Petro Simonenko, esponente del PC di Ucraina, di partecipare alle elezioni presidenziali di marzo.
Il merito di aver introdotto nella Costituzione l’impegno a far entrare ufficialmente l’Ucraina nella Nato va in particolare al presidente del parlamento Andriy Parubiy. Cofondatore nel 1991 del Partito nazionalsociale ucraino, sul modello del Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler; capo delle formazioni paramilitari neonaziste, usate nel 2014 nel putsch di Piazza Maidan, sotto regia Usa/Nato, e nel massacro di Odessa; capo del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale che, con il Battaglione Azov e altre unità neonaziste, attacca i civili ucraini di nazionalità russa nella parte orientale del paese ed effettua con apposite squadracce feroci pestaggi, devastazioni di sedi politiche e roghi di libri in perfetto stile nazista.
Sul piano internaziionale, va tenuto presente che l’Ucraina è già di fatto nella Nato, di cui è paese partner: ad esempio il battaglione Azov, la cui impronta nazista è rappresentata dall’emblema ricalcato da quello delle SS Das Reich, è stato trasformato in reggimento operazioni speciali, dotato di mezzi corazzati e addestrato da istruttori Usa della 173a Divisione aviotrasportata, trasferiti da Vicenza in Ucraina, affiancati da altri della Nato.
Poiché la Russia viene accusata dalla Nato di aver annesso illegalmente la Crimea e di condurre azioni militari contro l’Ucraina, se questa entrasse ufficialmente nella Nato, gli altri 30 membri della Alleanza, in base all’Art. 5, dovrebbero «assistere la parte attaccata intraprendendo l’azione giudicata necessaria, compreso l’uso della forza armata». In altre parole, dovrebbero andare in guerra contro la Russia.
Su queste pericolose implicazioni della modifica della Costituzione ucraina – dietro cui vi sono certamente le lunghe mani degli strateghi Usa/Nato – è calato, in Europa, il silenzio politico e mediatico.
Tace anche il parlamento italiano, che nel 2017 ha concordato un memorandum d’intesa con quello ucraino, sottoscritto da Laura Boldrini e Andriy Parubiy, rafforzando la cooperazione tra la Repubblica italiana, nata dalla Resistenza contro il nazi-fascismo, e un regime che ha creato in Ucraina una situazione analoga a quella che portò all’avvento del fascismo negli anni Venti e del nazismo negli anni Trenta.