di Lamberto Lombardi, PCI Brescia
Nella marea montante di fatti, di morti, di commenti, di analisi scientifiche, oggi addì 25 marzo 2020, ci sentiamo di poter confermare solo quel ‘nulla sarà più come prima’ che accompagna tanto le nostre comuni conversazioni al telefono quanto le previsioni in campo economico globale fatte dalla grande finanza.
L’ufficialità espressa dalla grande stampa ci consegna, per ora, solo due binari separati di considerazioni consolidate: quello sulla condizione tragica a cui porta una sanità pubblica smantellata negli anni e quello sulla crisi economica che certamente verrà e sarà profonda.
Sono due binari destinati ad intrecciarsi in futuro, coma logica vorrebbe, ma che per ora raccontano ciascuno una storia a sé, tenuti separati dalle invisibili forze gravitazionali esercitate dai condizionamenti ideologici del recente passato.
Il binario della crisi economica ci racconta di un’Europa che, come il diavolo, si era costruita la sua pentola, fatta del robusto metallo degli interessi economici finanziari, pentola in cui ognuno giocava per sé e a far fuori gli altri, pentola in cui i vincitori prendevano tutto brandendo la minaccia di far cadere gli sconfitti nel fuoco che bruciava sotto.
Di cosa davvero bollisse poi nel recipiente subito se n’è accorto il mondo intero all’arrivo del virus: nessuna empatia con l’Italia, la prima ad esserne colpita, nessun messaggio di incoraggiamento ma anzi l’accaparramento da parte di ciascun paese dei materiali sanitari che ci erano indispensabili per affrontare l’epidemia. E le prime mosse in campo economico tradivano la coazione a ripetere i comportamenti soliti: prestito oneroso con ricatto sul debito e sullo spread come si fosse arrivati alla stretta finale di una procedura fallimentare lungamente attesa.
Ma, come ricorda la saggezza popolare, mancava il coperchio e l’epidemia che toccava tutte le nazioni continentali rischiava di far fallire non solo l’Italia, attivando un effetto domino che coinvolgeva anche gli altri paesi.
Le successive misure di aiuto economico adottate per sostenerci erano chiare solo nell’entità di una cifra finalmente adeguata di finanziamento, mentre i termini di riscossione, per quanto posticipati rimangono ancora minacciosamente fumosi. Questo passaggio ha il sapore di una resipiscenza sull’orlo del baratro. Lo spread si abbassa un po’ ma rimane lì, non crediamo che sia finita, sapendo quanto si possa non perdere il vizio, quando si nasce lupi.
L’altro binario di considerazioni si sviluppa disordinatamente attorno all’evidenza di un sistema sanitario la cui distruzione è la prima causa reale dell’alto numero di decessi riscontrati. E’ un fatto, questo, che ci pare assolutamente indiscutibile e indiscusso e che ormai rimanda le soluzioni al dopo. Senonchè di questo filone entrano fastidiosamente a far parte anche quegli aiuti che, in desolata solitudine, ci giungono, oltre che dalla Russia, da paesi come la Cina e Cuba. Sono aiuti in materiale sanitario ma anche in personale medico ed infermieristico che ci parlano di sistemi socialisti in grado di affrontare queste fasi meglio di chiunque altro.
Sistemi che abbiamo eletto a nostri nemici giurati, a cui abbiamo, quando abbiamo potuto (Cuba, Russia), regalato un embargo economico che li ha ridotti in povertà (Cuba).
E qui lo sguardo dell’italico osservatore si fa meno limpido, il tono malinconico, e mentre nota l’assenza di aiuti dagli uni fa una fatica sovrumana ad apprezzare gli aiuti che vengono dagli altri. “Chissà cosa c’è dietro”, “mica ce li hanno regalati, li abbiamo pagati”, “è una mossa della Cina per l’egemonia mondiale” e centinaia di altri commenti simili a denotare, oltre la leggendaria astuzia nostrana da gente scafata che mica si fa abbindolare, cosa peraltro arcinota, uno strabismo di fondo che oserei definire inelegante, e inguardabile se poi proviene da qualcuno con le pezze al sedere come noi.
Si capisce di essere entrati così definitivamente nel contesto del mondo reale, in cui noiosamente le azioni hanno il loro peso sugli eventi, in cui le scelte comportano conseguenze precise. Non si era più abituati a tanta banalità: ci tieni alla salute pubblica? E allora non privatizzarla. Ti servono medici ed infermieri? E allora non adottare il numero chiuso per i corsi di laurea e di specializzazione. Che palle!
Come faremo a costruire dei succosi talk-show sulla base di questa miseria giornalistica? Come se già ci cogliesse la malinconia al ricordo della vivacità di questa sanità privatizzata, la corruzione, le sue clientele, la sua derisione della salute umana in nome del profitto, le code per gli esami specialistici e i turni infiniti dei medici e degli infermieri sottorganico e sottopagati e che poi diventano eroi, le portentose carriere politiche costruite su questi intrecci malavitosi con i soldi risparmiati su coloro che non venivano curati, gli yacht di Formigoni.
Mica come a Cuba, dove tutti, banalmente, possono diventare medico e di alta professionalità, dove tutti vengono curati bene allo stesso modo a prescindere dal ceto sociale, o in Cina dove, che noia, hanno saputo curare puntualmente ogni ammalato delle decine di migliaia che si erano infettati tutti nello stesso mese e nella stessa città mantenendo una mortalità del 2%. Dovremmo ricordarcelo che esattamente questi sono i motivi per cui abbiamo applicato le sanzioni a Cuba, che esattamente questi sono i motivi per cui la Cina la dipingiamo come il nemico peggiore e più diabolico, anche se oggi, in fondo in fondo, quelle esperienze politiche e sociali a parecchi di noi non sembrano più tanto banali.
Non sappiamo dire oggi se, a crisi sanitaria conclusa, i due binari dell’economia e della società giusta riusciranno finalmente ad incrociarsi, ci lavoreremo su, sempre se ne avremo avuto davvero abbastanza di questo malandrino brivido liberista.