di Redazione PCI
Nella giornata di ieri, diversi organi di stampa e di informazione, hanno dato la notizia che gli USA, su ordine del neo eletto presidente Joe Biden, hanno bombardato alcune infrastrutture utilizzate da gruppi militanti filo iraniani presenti in territorio siriano, ai confini con l’Iraq, dagli stessi accusati di avere colpito obbiettivi americani in quest’ultimo paese provocando il ferimento di alcuni militari.
Per il portavoce del Pentagono “si tratta di una risposta militare proporzionata, condotta assieme a misure diplomatiche, compresa la consultazione con i partner della coalizione”, di un attacco
circoscritto, volto a ridurre il rischio di una escalation nell’area”.
Tale attacco aereo ha provocato, secondo l’osservatorio siriano per i diritti civili, una ONG che ha sede a Londra, 22 morti ed un numero imprecisato di feriti.
Ovviamente, come lo stesso portavoce ha tenuto a precisare, “ciò va inteso come la dimostrazione della volontà della nuova presidenza di volere difendere gli interessi degli USA e dei suoi alleati da ogni minaccia”, nonché come “un messaggio inequivocabile rivolto all’Iran, con il quale l’amministrazione americana resta aperta ad una discussione diplomatica, ma nei confronti del quale non intende allentare le sanzioni in atto”.
Per lo stesso portavoce, “l’avere bombardato in Siria e non in Iraq, concede al governo di Baghdad un po’ di respiro mentre conduce le indagini sugli attacchi subiti dagli americani”.
Siamo alle solite: intanto bombardiamo, poi si vedrà, con buona pace del diritto internazionale, del rispetto dell’integrità territoriale della Siria, etc…
Che soltanto alcuni paesi abbiano criticato tale attacco, sottolineando che esso finirà con il pregiudicare gli sforzi di pace in atto, con l’acuire le tensioni in un paese dilaniato dalla guerra, peraltro voluta, innescata da quegli stessi paesi che oggi si ergono a paladini della democrazia e
degli interessi di una presunta superiorità morale occidentale, dice molto, così come molto dice il silenzio assordante dell’Unione Europea, soprattutto del nostro paese.
Non c’è da meravigliarsi, del resto il governo Draghi è stato imposto anche e soprattutto per sancire un rinnovato atlantismo dopo la presunta “sbornia sovranista” che aveva investito gli USA, l’Europa, l’Italia.
Oggi, quindi, l’intero blocco imperialista euro atlantico a guida statunitense è di nuovo in campo, con rinnovato vigore, all’insegna del: dove eravamo rimasti?
Noi, i comunisti, continuiamo nella lotta contro la guerra, contro la Nato, perché vinca la pace.