PERCHE’ LOTTO MARZO PERCHE’ LOTTO SEMPRE

di Maria Carla Baroni, Responsabile A.Do.C. – Assemblea delle Donne Comuniste

L’8 marzo come giornata di lotta viene da lontano, da oltre un secolo, ed è più che mai necessaria, in quanto la condizione delle donne in Italia è la peggiore in Europa (dopo di noi solo la Grecia, Malta e Cipro), e anche in quanto la pandemia l’ha ulteriormente aggravata: come perdita di posti di lavoro ( su 900.000 posti persi il 70 % ha colpito le donne) e come aggravamento della violenza domestica, a partire dai femminicidi.

L’8 marzo viene da lontano: la Giornata internazionale della donna venne decisa, su proposta di Clara Zetkin, nella seconda Conferenza internazionale delle Donne Socialiste nell’ agosto del 1910. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale la giornata si tenne in vari Paesi europei e negli Stati Uniti in date molto diverse, dedicate ovunque ai diritti delle donne e al suffragio femminile, allora praticato solo in Nuova Zelanda. Venne interrotta negli anni del conflitto finchè l’8 marzo 1917 a Pietrogrado le donne del popolo guidarono una grande manifestazione che rivendicava la fine della guerra e che rappresentò l’inizio del crollo dell’impero zarista, culminato poi con la Rivoluzione d’Ottobre.

Secondo un’altra tradizione venne scelta tale data perché l’8 marzo 1848 le donne di New York manifestarono per ottenere i diritti politici e perché l’8 marzo 1908 129 operaie morirono bruciate vive in una filanda della stessa città, in quanto erano state chiuse dentro la fabbrica per evitare che uscissero in sciopero.
Questi avvenimenti ci mostrano da un lato l’intraprendenza e la forza delle donne e dall’altro il fatto che, in quanto lavoratrici, sono vittime di un sistema capitalistico feroce, che considera gli esseri umani arnesi da buttare o da distruggere quando sono avariati o anche prima, se osano rivendicare i loro diritti. Operaie bruciate nelle loro fabbriche si ebbero anche dopo, anche abbastanza recentemente, sia in Italia, sia in altri Paesi.

In Italia un 8 marzo organizzato si tenne solo nel 1921 per iniziativa del neonato Partito Comunista Italiano.

Fu in sostanza scarsamente considerato fino all’ondata femminista degli anni ’70: memorabile fu la manifestazione romana dell’8 marzo 1972, in cui furono rivendicate la liberalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale.
Nell’ 8 marzo 2008 – considerato anno del centenario – una grande manifestazione fu organizzata dalle donne di CGIL, CISL e UIL. Ritornerò sull’importanza di questi 3 soggetti – Partito Comunista Italiano, movimento femminista e movimento sindacale – per la lotta delle donne. Intanto ricordo che quest’anno ricorre, oltre al centenario della nascita del P.C.I., il cinquantenario del Manifesto delle 343, scritto da Simone De Beauvoir nel 1971, in cui 343 francesi, molte delle quali celebri, ammettevano di aver abortito, esponendosi alle relative conseguenze penali allora in vigore: manifesto che ebbe larga risonanza, ben oltre la Francia.
Dal 2017, da quando è nato il movimento Non Una Di Meno – femminista, anticapitalista e ambientalista – l’8 marzo è caratterizzato anche in Italia dallo sciopero femminista globale. Globale in un doppio significato: perché coinvolge moltissime donne in 70 Paesi di vari continenti, potenzialmente tutte le donne del pianeta, in quanto è questo l’obiettivo a cui bisognerà arrivare, e nel senso che riguarda sia il lavoro retribuito -cosiddetto produttivo o per il mercato -, sia il lavoro domestico e di cura, cioè il lavoro per la riproduzione sociale.

Sciopero a cui le compagne dell’A.Do.C. – Assemblea delle Donne del Partito Comunista Italiano – aderiscono. Sciopero che è contro la violenza sulle donne: non solo la violenza domestica, del compagno o ex compagno di vita o altro familiare, ma la violenza del sistema capitalistico e patriarcale, l’oppressione e la violenza che da millenni il genere maschile esercita in varie forme sul genere femminile. Poiché in base alla legislazione italiana il movimento Non Una Di Meno non è abilitato a proclamare scioperi nei luoghi di lavoro, a ciò provvedono i sindacati di base. Bisognerà che con il tempo anche la CGIL arrivi a proclamare uno sciopero tanto politico come è quello femminista globale, ponendosi all’avanguardia del movimento di liberazione delle donne in Italia.
I motivi per cui lottare – per cui lottare sempre, tutti i giorni dell’anno e non solo l’8 marzo – sono innumerevoli: lottare in primo luogo per rimanere vive, per non essere uccise quando si agiscono scelte autonome nella vita affettiva e sessuale, per contrastare una violenza perpetrata da uomini di tutte le classi sociali, che va sradicata a partire dall’educazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Lotta che va sostenuta anche con finanziamenti adeguati, continuativi e certi ai centri antiviolenza sia pubblici sia autogestiti.

Lottare per la propria liberazione di donne, per riacquistare il completo controllo sul proprio corpo e sulla propria sessualità, per poter effettivamente e liberamente scegliere – da parte delle donne di ogni condizione socioeconomica – se e quando e come essere madri, per poter essere contemporaneamente lavoratrici e madri, per poter essere concretamente e contemporaneamente lavoratrici, madri e soggetti attivi nella vita pubblica, politica e culturale. Solo le donne benestanti – oggi – godono di questa libertà.

Libertà che richiede ovunque: servizi sociosanitari ed educativi pubblici e gratuiti, a partire dai consultori e
dagli asili nido; lavoro adeguato come quantità e qualità (piena occupazione, modalità e condizioni di
lavoro, sicurezza e salute, orari, diritti, retribuzione e parità retributiva con gli uomini); lotta politica contro
i pregiudizi, gli stereotipi e gli attacchi ai luoghi delle donne che l’integralismo cattolico, la destra politica e,
talora, anche governi locali sedicenti di centrosinistra continuano a portare avanti, come avviene ad es.
contro la Casa Internazionale delle Donne a Roma e contro la Casa delle Donne a Milano.
Lottare anche per affermare sempre e ovunque il doppio linguaggio di genere, perché nelle relazioni umane
e sociali ciò che non viene nominato non esiste: il linguaggio è elemento non simbolico e immateriale, ma
costituente.

Tutti questi obiettivi a cui ho accennato sono difficili da ottenere in una società capitalistica e patriarcale, cioè in una società strutturalmente ingiusta e violenta, fondata sul profitto d’impresa e quindi – per ridurre i costi di produzione – fondata sullo sfruttamento degli esseri umani e della natura: suolo, aria, acque, esseri viventi non umani. Per ottenere questi obiettivi e per salvare la vita sul pianeta, seriamente compromessa dalla distruzione delle risorse naturali, dagli inquinamenti e dai cambiamenti climatici, è indispensabile che le donne delle varie forme della politica – partiti anticapitalisti, sindacato, movimento femminista – superino differenze di origine storica e diffidenze dannose per tutte; è indispensabile che realizzino un’ unità d’azione sia su obiettivi individuati congiuntamente e quindi totalmente condivisi, sia su tappe concrete a breve, medio e lungo termine; è indispensabile che sostengano a vicenda le rispettive
lotte, compreso lo sciopero femminista globale.

Per questo noi donne del Partito Comunista Italiano, rinato a Bologna nel giugno 2016, ci rivolgiamo alle donne delle varie forme della politica, e in particolare alle donne della CGIL e di Non Una Di Meno, per costruire un’alleanza tra noi che ci faccia diventare libere tutte: come scrisse Camilla Ravera giusto un secolo fa, nel mitico 1921: la donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal capitale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *