Uno sguardo di genere sulla strage di Capaci del 23 Maggio 1992.

Da ADoC

Nel giorno del ricordo della strage di Capaci, per mano della Mafia, il nostro sguardo di donne vuole porre l’attenzione sulla figura di Francesca Morvillo, che nell’immaginario collettivo viene indicata in primis come la moglie del Giudice Giovanni Falcone e solo in un secondo momento, che la stessa era una magistrata senza però mai sottolineare quale fosse il suo ruolo nella magistratura.

Francesca Morvillo è stata una eccellente magistrata, che ha attraversato tutte le giurisdizioni e che si è distinta in tutte le sedi per il suo rigore intellettuale, per la sua preparazione giuridica, per la sua tensione verso una giustizia attenta ai diritti delle persone, e che ha  dedicato la sua breve vita professionale e la sua passione ad una giustizia più vicina ai deboli, al fine di rendere migliore la società e la sua terra in nome della legalità, con particolare riferimento all’esigenza di aiutare i giovani a non essere catturati dalle logiche dei clan e di elaborare strumenti per il loro reinserimento nella società, facendoli tornare liberi di scegliere il loro futuro.

Pur evidenziando l’enorme sacrificio che Francesca Morvillo ha dovuto sopportare nella scelta di vivere accanto ad un uomo tanto noto, importante e per la sua vita blindata, rievocarla solo come la consorte del Giudice Falcone, come tuttora accade, è un errore fuorviante in quanto limita in misura inaccettabile la percezione della sua personalità e professionalità, riflettendo lo stereotipo che fa attribuire solo al mondo maschile il valore di una morte eroica nell’adempimento del proprio dovere.

Appiattire il suo ruolo a quello di moglie legata al suo uomo da un amore totalmente incondizionato determina la negazione della sua figura pubblica, relegandola ad una funzione ancillare.

E’ necessario ribaltare tale prospettiva e far uscire Francesca dal cono d’ombra in cui la strage di Capaci l’ha confinata, strappandola dal ruolo subalterno che le è stato cucito indosso anche per effetto di quel radicato pregiudizio e facendo emergere la sua vera personalità, consegnando alle nuove generazioni il ricordo di una magistrata che non è stata solo accanto a Giovanni Falcone, nella lotta alla mafia, ma che ha incarnato con pienezza i valori della legalità e della giustizia esercitando la sua professione con autonomia e indipendenza e a servizio della collettività.

Con tale riflessione che prende spunto da un convegno del 24 maggio 2023 promosso dalla Fondazione Giovanni Falcone si vuole sottolineare che ancora oggi la figura della donna viene in ogni contesto relegata a quella di moglie e di madre, assegnandole un ruolo subalterno, che è inaccettabile e va superato con la lotta al patriarcato ed ad ogni forma di pregiudizio.

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