A venti anni dai fatti di Genova

di Segreteria Nazionale PCI

Genova e il G8 restano una ferita aperta nella coscienza democratica del Paese, rappresentano la più grave e duratura sospensione dei diritti costituzionali mai verificatasi nella storia repubblicana.

Venti anni fa, infatti, in occasione della riunione dei capi di Governo dei Paesi maggiormente industrializzati, la città di Genova fu teatro di forti manifestazioni di dissenso promosse dal movimento no-global e dalle associazioni pacifiste, sostenute con accenti diversi da una platea composita di soggetti e forze politiche democratiche e sindacali.

Una mobilitazione che tra il 19 e il 22 luglio, in un clima di forte tensione, la cui responsabilità politica e regia restano direttamente in capo all’allora governo di centrodestra (Berlusconi II), veniva fatta oggetto di provocazioni, di ripetuti e gravissimi comportamenti repressivi da parte delle forze dell’ordine, sino a sfociare nei violenti scontri di piazza e nell’uccisione di Carlo Giuliani.
Immediatamente dopo il G8, così come nei mesi seguenti, vennero alla luce prove certe circa la violazione dei diritti umani perpetrata da parte di rappresentanti della polizia, agenti penitenziari e personale medico nei confronti di cittadini italiani e stranieri, sia nel corso della manifestazione che nella scuola Diaz, usata dai manifestanti come dormitorio e centro stampa del Genoa Social Forum, nonché nella caserma militare di Bolzaneto che le autorità avevano adibito a carcere provvisorio.

Alla fine del summit, si poterono contare oltre a Carlo Giuliani, ucciso dal colpo di pistola sparato da un carabiniere, diverse centinaia di persone a vario titolo ferite, di cui una cospicua parte era stata fatta oggetto di intollerabili violenze gratuite quanto feroci.

Gli episodi furono talmente gravi da spingere nel 2015 la Corte Europea dei diritti dell’uomo a dichiarare all’unanimità come durante l’irruzione alla Diaz fosse stato violato l’articolo 3 relativo al “divieto di tortura e di trattamenti inumani o degradanti”.

Dalla fine della seconda guerra mondiale, era la prima volta che in occidente, un Paese democratico veniva fatto oggetto di una condanna politica e morale di tale rilevanza e severità.
I Fatti di Genova rappresentano una pagina oscura della nostra vita collettiva, uno dei passaggi più vergognosi della storia repubblicana.

Il Pci non dimentica il sacrificio ed il valore generale di quella mobilitazione, di quella protesta, e partecipando alle manifestazioni volte a ricordare, sottolinea la necessità di una riflessione collettiva circa la stessa, da cui ripartire per sviluppare la lotta contro l’imperante cultura liberista, cifra politica ed orizzonte entro cui si realizzano le scelte di fondo dell’attuale Unione Europea ed i processi di globalizzazione affermatisi all’insegna della concentrazione del capitale finanziario, con tutto ciò che ne consegue.

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