Domenica 31 Ottobre, a Roma, il Comitato Centrale del Partito Comunista Italiano, al termine di un’ampia ed articolata discussione, ha approvato il documento politico che sarà posto alla base del proprio percorso congressuale, che si concluderà a Livorno, nelle giornate del 25, 26, 27 marzo 2022, con la celebrazione del 2° Congresso Nazionale.
Il titolo dato al documento, al congresso “Ricostruire il PCI, unire i comunisti entro un fronte della sinistra di classe per uscire dalla crisi” esplicita in maniera chiara, inequivocabile l’obiettivo perseguito.
Nei prossimi giorni, sulla base del Regolamento Congressuale definito dal Comitato Centrale del 10 Ottobre, le compagne ed i compagni del PCI si misureranno, nei congressi di cellula, di sezione, di federazione e regionali, con la situazione, oltremodo complessa, problematica, aperta a molteplici sbocchi, che sta vivendo il nostro Paese nel quadro internazionale ed europeo dato, proponendo una possibile e necessaria alternativa, nell’interesse del mondo del lavoro, dei ceti popolari.
L’esito delle politiche affermatesi nel nostro Paese in questi ultimi decenni, all’insegna della cultura liberista, dell’austerità, politiche alle quali si sono assoggettati il centrodestra ed il centrosinistra, infatti, è sotto gli occhi di tutti: sempre più poveri, insicuri, soli.
Le speranze di cambiamento che in tanti, anche nel mondo del lavoro, avevano in ultimo riposto nei confronti del Movimento Cinque Stelle, sono state disattese, e lo stesso ha finito con il proporsi come la “stampella” di un sistema che dichiarava di volere cambiare profondamente.
Non casualmente gli uni e gli altri (con l’opposizione sostanzialmente formale di Fratelli d’Italia), quindi, si ritrovano oggi ad appoggiare il governo Draghi, espressione delle élite finanziarie ed economiche, italiane ed europee.
Gli equilibri politici che vanno affermandosi, sempre più orientati a destra, le politiche antipopolari definite, che si prospettano, al di la della propaganda di un sistema mass mediatico largamente asservito che le accompagna, gettano una pesante ipoteca, da tanti punti di vista, sul futuro del nostro Paese, che è e resta profondamente immerso in una grave crisi finanziaria ed economica, che amplificata dalla pandemia da Covid 19, affrontata da un SSN largamente impoverito e che per tanta parte è alla base del drammatico prezzo pagato in termini di vite umane, si è trasformata in crisi sociale.
Una crisi che su tale piano, pur con rilevanti differenze, ha investito tanta parte dell’Europa, che nell’ambito della conclamata crisi strutturale del sistema capitalista, nella ridefinizione degli equilibri geopolitici determinatisi a seguito del processo di globalizzazione affermatosi all’insegna della concentrazione del capitale finanziario, paga il prezzo più alto.
Un Paese, il nostro, che evidenzia anche una profonda crisi etico/morale e, in un evidente rapporto di causa/effetto, una altrettanto profonda crisi politica, alla quale ancora una volta i poteri forti si propongono di rispondere con un restringimento degli spazi di democrazia, con proposte di riassetto istituzionale che confliggono con la Costituzione.
Le forze comuniste, le forze della sinistra di classe, di alternativa, hanno registrato nel tempo, segnatamente in questi ultimi anni, emblematiche le recenti elezioni amministrative, il proprio progressivo arretramento, la propria crescente marginalità e da oltre un decennio sono assenti da un Parlamento nel quale gli interessi dei ceti popolari assunti a riferimento non sono rappresentati.
La questione è quella del chi paga la crisi.
Serve voltare pagina, è tempo di ricostruire, è tempo di unità.
Come PCI siamo fermamente convinti della necessità di un soggetto comunista capace di tenere assieme la critica agli assetti fondanti del capitalismo, di prospettare un’alternativa di sistema, che per noi è e resta quello di una moderna società socialista, e contemporaneamente di promuovere una opposizione di classe, la più ampia ed unitaria possibile.
Una opposizione che ponendo al centro la questione della pace e del disarmo, di un diverso modello di sviluppo, della rottura con questa Unione Europea, dell’affermazione della Carta Costituzionale, all’insegna di “Più Stato meno mercato”, promuovendo un lungo ciclo di lotte volto a cambiare i rapporti di forza esistenti, si riproponga come alternativa possibile, credibile, agli occhi del blocco sociale assunto come riferimento, a partire dal mondo del lavoro, determinando in tal modo le condizioni per il superamento della propria crisi e più in generale di quella del Paese.
Siamo convinti della necessità di una opposizione condotta unitariamente dalle forze comuniste, che debbono e possono ritrovare la propria unità, il superamento delle proprie divisioni, sulla base di una cultura politica omogenea, quantomeno affine, capace di consegnare alla storia ciò che alla storia appartiene, e dalle forze della sinistra di classe, di alternativa.
L’unità dei comunisti entro un ampio fronte della sinistra di classe, è e resta l’obiettivo del PCI, che in funzione di ciò lancia un appello a tutte le forze interessate, a tutte le comuniste ed i comunisti che non si rassegnano alle condizioni date, consapevole che oggi più che mai è di ciò che c’è bisogno.
L’unità nella diversità è la risposta possibile e necessaria assieme.
Noi ci siamo!
Il Segretario del Partito Comunista Italiano
Mauro Alboresi
Unica reale scelta di lotta è l’unità dei comunisti in una organizzazione della sinistra antagonista al capitalismo. È una scelta che i comunisti hanno da sempre persrgiuto. Spero che gonalmente i mei ultimi anni mi regalino la possibilità di viverla.
Caro Segretario, nella nostra Città (Monterotondo-Roma) abbiamo costituito, tra ex RC, ex PCdL ed ex PdCI la “Costituente Comunista Mpnterotondo” per cercare di approdare, un giorno, ad un nuovo Partito Comunista Italiano che racchiuda TUTTI i Comunisti e Comuniste, che non hanno più voglia di definirsi “Stalinisti”, “Trostkisti”, “di Secchia” ecc. La meravigliosa e spesso difficile Storia dei Comunisti è stata quella del “vecchio” P.C.I. guidato da Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer e Natta! aspettiamo che i “gruppi dirigenti” di tutti voi che, come noi, ci definiamo Comunisti, la si smetta di bisticciare e ci si riunisca sempre più spesso e si cerchi la soluzione e non la divisione! un fraterno saluto, vi seguiremo ben volentieri e farò in modo che si raffrontino le linee uscite dai congressi del PCI e di RC.
Concordo! Finché saremo pochi e pure divisi….
La sezione Nelson Mandela Rotondella (MT), crede che sia fondamentale disfarci totalmente dei fantasmi ideologici che da sempre ci attanagliano. MAOISTI,TROTSKISTI,STALINISTI ; è ora di fare basta. Siamo sempre pronti a dividerci per le piccole differenze all’interno dell’ideologia comunista e mai ad unirci per le cose che ci accomunano,” le quali sono tante”. Uniamoci, per formare una componente importante con tanti parlamentari, con i quali si possa tornare a fare la politica del lavoro e non quella liberista dei mercati e delle banche.
oggi credo sia necessario lavorare, oltre che per unire i comunisti, fatto indispensabile se vogliamo avere un minimo di ruolo nella difesa delle classi meno abbienti e del mondo del lavoro rispetto al massacro sociale perpretato fino ad oggi e che continuerà ad acuirsi, anche a lavorare per costruire un fronte antifascista. Il fascismo nelle sue varie forme e declinazioni sta diventando sempre più forte. Forse ancora siamo in tempo a fermarlo
Prendiamo come programma economico e sociale quello della Costituzione antifascista che si esprime ad alto livello nei suoi articoli 2,3 e 53 dove diritti e doveri sociali collettivi stanno in perfetto equilibrio! Perchè venne dettoalla Costituente che ” il diritto senza il dovere fa il padrone e il dovere senza il diritto fa il servo.L’equilibrio di diritti e doveri fa l’uomo veramente libero.Questo è il compito che ci aspetta in questa metà di secolo!ggi questo compito vale non meno di 30 milioni di consensi,economici,sociali,culturali,politici ed elettorali.Inoltre in tema di supersfruttamento delle ultinazionali dobbiamo rivendicare l’applicazione dell’articolo 43 della Costituzione. Sta in questo progetto la Rivoluzione Sociale Democratica e la via italiana al socialismo autogestito dai lavoratori..
Cari compagni, per continuare in un percorso di unificazione dei Comunisti serve attivismo sui territori, nelle realtà di crisi, nelle piazze. L’unico traino possibile è veicolare il nostro simbolo che diviene non solo remake di un simbolo del passato, ma attivo e concreto. Quindi ritengo che il PCI stia percorrendo la strada giusta, sapendo che, unificare significa trainare. Essere traino a sinistra delle molteplici galassie delle formazioni che si riconoscono comuniste richiama inevitabilmente all’unità nel PCI.
Purtroppo il capitalismo non ha mai smesso di fare lotta di classe, con i mezzi propri e con la servitù politica parlamentare, sia di centrodestra che di centrosinistra, sapendo bene che il “dividi et impera” vecchio di oltre duemila anni funziona molto bene e ha colpito duramente la politica sia a sinistra che nel centro che a destra.
Il lavoro sarà lungo e credo anche pesante, ma il PCI, con tutta la sua storia politica nel paese, deve intestarsi il percorso trainante delle molteplici formazioni Comuniste contrastanti e personalizzate.
Nella provincia di Cuneo siamo due compagni e 5 simpatizzanti, in una provincia che è definita “Granda” non casualmente. Ci crediamo e vogliamo crederci fino a quando resteremo “esseri pensanti”.
D’altra parte necessità è imposta per la natura degli eventi nelle nostre realtà locali e per la deflagrazione politica in atto anche nella “Granda”.
A Voi tutti Compagni.
Massimo Elia
Ma davvero si pensa che le differenze siano poche? Per fare un esempio, noi ci siamo trovato da soli a contestare l’espansionismo NATO che ha creato le condizioni per un intervento nella fascista Ucraina. Gli altri “compagni” (PRC, Potere al Popolo e Anarchici) hanno organizzato a 50 metri da noi una contestazione alla Russia in cui venivano contestato anche i “dittatori” latino americani, guarda caso comunisti. Poi c’è il discorso dell’accettazione del capitalismo che noi rifiutiamo totalmente nelle sue accezioni più barbare. Poi poi poi. Se uno è comunista viene nel PCI, se non lo è non faccia il buonista dei comunisto tutti insieme.
Mentre il 1968 era finito, prima e dopo l’irruzione del 77, a Marghera gli studenti e gli operai lottavano insieme negli organismi di massa dell’Autonomia Operaia Organizzata dalla componente veneziana dei Collettivi Politici Veneti per il potere operaio ossia di ciò che si chiamava MOVIMENTO COMUNISTA VENETO proprio quando nel 1979 il “pci” avviò il 7 aprile tristemente noto.
Dai quartieri proletari di villaggio San Marco alla Cita, dal Petrolchimico alla Breda, dalle scuole superiori al sabotaggio delle obliteratrici, dalle ronde proletarie all’antifascismo, non esistevano più né i gruppi né avanguardie estranee al rapporto politico e militante con la autonomia operaia organizzata.
Esistevano anche realtà non parte dell’ autonomia ma vicine, vissute dai proletari emarginati di Ca’Emiliani. All’epoca del finire degli anni 70 poi, la vita dei giovani di allora era stretta tra condizione operaia, droga, e militanza. Il rifiuto della droga era combattuto dalla stessa polizia che proteggeva gli spacciatori. Non c’erano ancora i diseducativi Pink Floyd.
Di questo movimento di massa si tace anche un importante passaggio con la manifestazione contro i missili di Comiso che avvenne nel 1984 a Mestre e che culminò con alcuni arresti dopo le cariche in piazza Erminio Ferretto.
La nostra storia è sempre stata sepolta e combattuta sia dagli inutili e fallimentari tentativi di repressione, sia dall’ influenza di Padova, sia dagli omicidi dei compagni delle br, sia dal foglio padronale azzeccagarbugli del gazz…, e dalle sue infelici e distorte cronache.
Il primo nemico e poliziotto che combatteva questo ampissimo movimento di massa era il revisionismo dei dirigenti PCI e CGIL e i katanga di importazione del MLS. Dopo di loro, i professori e professorini verdi che si scandalizzavano se le ronde armate proletarie bruciavano i registri di scuola.
Ricostruire il PCI significa per prima cosa stare nella storia del movimento operaio e studentesco non dei burocrati venduti.
Franco Bellotto non era un nostro “capo” era un lavoratore ed avanguardia operaia del consiglio di fabbrica del Petrolchimico che stava nella nostra organizzazione figlia di ciò che era stato “potere operaio”.
Suo padre era un partigiano comunista dell’ Arsenale di Venezia.
Per i fantasiosi magistrati e carabinieri dell’ epoca Franco era una “talpa” brigatista.
Brigatisti lo si diventa a causa delle porcate del padronato e dei revisionisti.
Ma dal 1962 al 1981 Franco era con noi.
Dai quaderni rossi a classe operaia da potere operaio a lavoro zero da controlavoro ad Autonomia
E dopo, pure.
Chi pensa di seppellire la nostra storia farà i conti con noi, gli operai dell’ autonomia sono quelli che non ci stanno.
E che impareranno dalla storia vera, non dalle storie di comodo.
Per questo sia i contributi durante gli anni di questa società cieca post-1982 di Franco Bellotto in particolare contro la amianto sia miei e nostri nella costruzione del sindacato proletario fuori e contro ogni comoda moda, sono basi di ricostruzione di un autentico partito comunista in cui i suoi militanti non abbiamo il problema di tracciare i confini del presente ma di costruire il futuro.
Saluti trasparenti da Slai Prol Cobas al vs congresso
Paolo Dorigo