In margine ad un articolo indecente
di Patrizio Andreoli, segreteria nazionale PCI
Immagine di Niccolò Caranti – Opera propria, CC BY-SA 3.0
Parte della crisi che da anni salda impoverimento economico, privazione dei diritti, depotenziamento dello sguardo critico sulla realtà, perdita d’identità sociale (da cui lo smarrimento dello stesso orizzonte del cambiamento), è il procedere “trionfale” di un relativismo politico e storico da salotto che nel mentre si pretende educato e à la page, mostra in pieno i segni della propria pochezza culturale, dello strappo via via operato nei confronti della storia e cultura migliori del Paese di cui la lunga pagina dell’Antifascismo e la stagione della Lotta di Liberazione sono solida parte. Ne è segno, tra gli altri, l’articolo pubblicato martedì 12 aprile dal Corriere della Sera Il fattore P a firma di Massimo Gramellini, la cui cifra narrativa è riassumibile in un unico giudizio: indecente! Un attacco all’ ANPI di rara povertà, colto quale pretesto per confermare in via servile la propria fedeltà allo zeitgeist dettato dai poteri dominanti e dalla cultura che di questi è espressione. Un’invettiva frontale che fiuta con “bava alla bocca” l’onda greve della fase, la voglia di dare una spallata alla credibilità politica dell’Associazione Nazionale dei Partigiani, quale baluardo morale e civile del Paese, soggetto vivo della nostra memoria collettiva; nel solco del tentativo -a dire il vero non nuovo- di chiudere i conti con la feconda alterità rappresentata dalla formidabile pagina resistenziale, liquidandone il patrimonio. Un patrimonio che per densità e significato non è concesso ridurre a libello polemico o a caricatura, la cui dignità si staglia da sola quale contrappasso alle miserie del nostro presente e di molti suoi protagonisti piccoli piccoli e interessati le cui grida sono inversamente proporzionali alla pochezza culturale del proprio sguardo sul mondo. Un patrimonio che in oltre settanta anni di vita repubblicana ha subito urti e tentativi di sradicamento seri, pur tuttavia sin qui falliti a riprova della sua capacità di autorigenerare valori, discussione, memoria attuale e necessaria, riflessione critica. Un patrimonio, insomma, indisponibile alla corrosione e allo smantellamento volgare.
Un articolo, quello di Gramellini, che bene illustra il collasso valoriale e l’involgarimento -appunto- di una borghesia che un tempo si autorappresentava colta, oggi ridotta ad amplificatore della dittatura della visione liberaldemocratica della società, a zerbino propagandistico che nel mentre si annuncia insofferente nei confronti del potere dando segno apparente di autonomia di giudizio, di quel potere conferma in pieno i caposaldi. È la trasgressione che si risolve in innocua protesta divenendo posa intellettuale, producendo ogni giorno nuovo conformismo e consenso passivo. Si scrive, mettendo la giubba e parlando il linguaggio del popolo (populismo) per dare, nei fatti, ragione dell’esistenza e sussistenza dei poteri al comando. Ai tempi della società liquida, la crisi e il suo precipitare hanno trasformato, così, molti intellettuali (e giornalisti) in semplici tecnici pubblicitari e rumorosi “tamburini” dell’ordine di cose presente. Non è un caso che nel commentare la tragedia Ucraina e i suoi sviluppi, tale articolo si allinei non solo al vociare scomposto di parte larga della pubblicistica nazionale che oggi trova a destra e nella cultura della destra fascista e leghista una sensibile sponda che si spella le mani se si decide di colpire insistentemente l’ANPI; ma anche in quella di un progressismo normalizzato che in tal modo ha deciso di mettere l’elmetto sposando -con l’entusiasmo di chi è giunto per ultimo al banchetto- la lettura e prospettiva di un’Europa militarizzata, braccio operativo e politico della Nato. Un’Europa, che nel mentre distrugge welfare, depreda certezze sociali e lavoro impoverendo i propri popoli, aumenta le spese militari e decide con tragica levità di inviare armi. In merito, lo sforamento del 2% delle spese per gli armamenti in Italia in relazione al PIL è non solo una vergogna sul terreno politico; è una scelta immorale! Dove sono in questo caso le anime belle del nostro tempo, gli intellettuali che inneggiano alla pace? Dove, i Gramellini di turno che non trovano di meglio -tra banalizzazioni e torsioni strumentali- che attaccare spirito e parola d’ordine del manifesto prodotto dall’Anpi in occasione del XXV Aprile, puntando alla demolizione di quest’ultima? Forse, avevano terminato l’inchiostro in cui intingere la propria penna ispirata… A seguire, il Parlamento ha deciso di inviare armi al governo Ucraino. Due esempi concreti della capitolazione alle ragioni dei circoli finanziari, agli interessi geopolitici degli Stati Uniti in Europa e alla logica della guerra, che hanno colpito sostanza e spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione. Scelta, quest’ultima, gravissima che ha operato una cesura nella politica nazionale, determinando un prima ed un poi. Per la prima volta nella storia repubblicana, il nostro Paese ha deciso l’invio diretto di armamenti ad uno Stato che peraltro non è membro dell’Unione Europea (l’Ucraina), in guerra contro un altro Stato (la Russia) a sua volta estraneo all’Unione!
Il cerchio si chiude. Ciò che brucia e risulta scomodo nella melassa europeista segnata da una deriva militarista che al momento appare priva di freni, sta qui. Da qui e da non altro, il livore e il reiterarsi di attacchi d’ogni tipo all’ ANPI laddove l’Associazione dei Partigiani ha detto due cose semplici: no alla decisione di inviare armi; sì all’intervento di una commissione ONU al fine di accertare fatti e responsabilità circa lo scempio perpetrato a Bucha. Due pronunciamenti insopportabili per chi pretende in via diretta un atto di fede verso la politica espansionistica della Nato, la sua lettura della guerra, della crisi geopolitica che questa ha prodotto in tutta quell’area e più in generale sul fronte delle relazioni est/ovest. In verità, se esiste un fattore a cui riferirsi non è quello “P” (putinismo) a cui si tenta in maniera impudica di ricondurre un’opzione dell’ANPI che non esiste nei fatti. Ma quello “S”, dove tale lettera sta ad indicare l’atteggiamento di volenteroso servilismo di alcuni verso i dettami prevalenti, quelli politici e quelli culturali. Come ha scritto l’accademica francese Camille Bordas La gente più orribile non è quella che la maggioranza considera tale… i peggiori, sono quelli che ammirano gente effettivamente orribile. Anche da ciò la nostra moderna barbarie.
Massimo Gramellini, Il fattore P, articolo del 12/04/2022 pubblicato sul Corriere della Sera: https://www.corriere.it/il-fattore-p