Giorgio Langella – Dipartimento Nazionale Lavoro PCI
Tra le omissioni e la nebbia che avvolge qualsiasi notizia che non siano quelle diffuse dai “padroni dell’informazione”, oggi impegnati a darci tutte le dichiarazioni e le veline che siano il più possibile in linea con il pensiero unico occidentale sulla guerra in Ucraina, si viene a sapere di un “blocco dei salari”, un “Patto sociale” che è stato proposto dal governo Draghi. Lo veniamo a saper da un’intervista a Maurizio Landini pubblicata ieri, 11 aprile 2022, da La Repubblica. L’articolo di Roberto Mania inizia con una dichiarazione di Landini che viene riportata tra virgolette: “Tra qualche mese, senza nuove misure di sostegno dell’economia, la situazione sociale rischia di diventare esplosiva. E se qualcuno pensa di proporre un Patto sociale per moderare i salari, fa un errore e sappia che la CGIL non è disponibile a firmarlo. Questo è il momento di adeguare le retribuzioni e le pensioni all’inflazione reale, lavoratori e pensionati non hanno più nulla da dare, hanno già pagato e non si torna indietro”.
Una dichiarazione chiara che esprime una posizione netta che riteniamo non solo giustificata da quello che succede nel nostro paese ma necessaria.
In un momento nel quale il governo e la maggioranza allargata a FDI vuole aumentare la spesa militare al 2% del PIL (in prospettiva sono circa 13 miliardi di euro in più rispetto a quelli stanziati nel 2021), lo stesso governo vuole tagliare gli investimenti sull’istruzione pubblica dal 4 al 3,5% del PIL. Non solo, si tagliano le risorse alla sanità dimostrando un’attenzione prevalente per il profitto privato. Infine, in maniera quasi nascosta si propone un blocco delle retribuzioni già falcidiate dall’inflazione galoppante e, per quanto riguarda il pubblico impiego si afferma che i prossimi rinnovi contrattuali potranno essere finanziati attraverso i tagli alla spesa pubblica. Al solito, l’ideologia capitalista e liberista del governo è chiara, i sacrifici li devono fare i ceti meno garantiti, i pensionati, le lavoratrici e i lavoratori sempre più precari e impoveriti, i profitti li fanno i privati, i grandi monopoli, i costruttori di armi.
A questo stato di cose ci si deve opporre con la massima forza e una grande unità di chi ha obiettivi diversi e antitetici. Bisogna cominciare a legare le retribuzioni all’aumento del costo della vita, una nuova scala mobile, sfatando la narrazione secondo la quale era la scala mobile a far aumentare l’inflazione. Era vero il contrario visto che l’aumento delle retribuzioni seguiva di qualche mese l’aumento dell’inflazione. Bisogna ricominciare la lotta per una riforma fiscale che segua i dettami costituzionali, con una tassazione progressiva anche sui grandi patrimoni, secondo il principio che chi ha di più deve dare di più. Bisogna colpire l’evasione fiscale in maniera seria e puntuale. Bisogna garantire che il lavoro permetta una vita migliore, che sia maggiormente retribuito, più sicuro e che non occupi tutto il tempo della vita di chi deve lavorare per vivere.
Per raggiungere questi obiettivi è necessario (ri)costruire un vasto movimento sindacale e politico che lotti per un cambiamento radicale delle politiche del lavoro. Accettare le inique proposte governative e confindustriali o anche solo “chiamarsi fuori” dal conflitto tra capitale e lavoro significa arrendersi a un futuro sempre più incerto imposto a chi lavora, ai pensionati, ai giovani.
La prima cosa da fare un grande movimento di massa per fare cessare le guerre i
e bloccare la produzione e la esportazioni di armi.Creare i presupposti per una strategia opposta a quellà usa-nato: disinvestire le basi militari produrre un piano mondiale per gestire le risorse energetiche ed industria,frenare il degrado dei sistemi ecologici
Altrimenti non vedo prospettive praticabili per programmare il welfare , sostenere il lavoro eccetera.