Norberto Natali – PCI
Sabato 5 novembre una grande folla (quasi centomila persone) si è radunata a Roma per la pace. La maggior parte dei presenti sono andati spontaneamente, non organizzati con le centinaia di associazioni che l’avevano promossa: quella folla voleva la pace, senza badare agli arzigogoli e alle ipocrisie dei politicanti (sì, nel cosiddetto associazionismo ci sono anche politicanti ed arrivisti quasi come nei partiti più noti!).
Tuttavia, la partecipazione non era neanche la metà della metà di quella che contrassegnò le grandi mobilitazioni di massa per la pace, contro i missili a Comiso (in seguito alle quali furono assassinati i compagni Pio La Torre e Rosario Di Salvo) negli anni ‘80, iniziate con la mastodontica marcia per la pace a Roma del 24 ottobre 1981. Questa è l’ennesima conferma che per avere un forte rilancio dei movimenti, della loro unità e reale autonomia, è necessario un forte, coerente, moderno Partito Comunista Italiano.
Tuttavia, la partecipazione più limitata (benchè imponente) rispetto al passato può forse dipendere anche da una piattaforma che, per diplomazia, mi limito a definire inspiegabile.
Benchè in essa si faccia un vago riferimento ad imprecisati “blocchi militari” non viene mai nominata la NATO, mentre essa stessa rivendica un proprio ruolo nelle tensioni nell’Europa orientale e motiva con queste l’ingresso nei suoi ranghi di altri due stati scandinavi. D’altronde, non si citano neanche l’ONU e la UE, per esempio come soggetti di mediazione o negoziato.
C’è anche un contraddittorio accenno alla necessità della “sicurezza condivisa” puramente ipocrita: come la si vuole ottenere, allargando la NATO e continuando l’invio di armi, cioè partecipando allo scontro bellico?
E ancora. Con chi andrebbe “condivisa” questa sicurezza se tutto si riduce alla lettura per cui la Russia è un invasore (e basta!) mentre il governo ucraino è solo una innocente vittima della “invasione”?
Quel che è più incredibile, però, è che non si fa cenno allo scandaloso aumento di spese militari nel nostro paese, il più alto (13 miliardi di euro in più, quasi 40 complessivi) della storia tra i periodi nei quali l’Italia non era legalmente in guerra. Persino alti ufficiali con simpatie di destra delle nostre forze armate (per esempio l’ex capo di stato maggiore dell’aeronautica militare o il presidente dei paracadutisti) o il noto esperto diplomatico non di sinistra Sergio Romano o giornalisti perfino di destra e pure l’ineffabile Presidente della Campania, hanno espresso -in questo periodo- giudizi e posizioni più sincere ed oneste di quelle della piattaforma “pacifista”.
Non a caso, in un’intervista dello stesso 5 novembre scorso, il vescovo di Altamura Ricchiuto (presidente di Pax Christi) si è distinto dagli altri promotori della manifestazione dichiarando che “in questi otto mesi (…) l’unica risposta è stata quella di fornire armi all’Ucraina” e che la guerra dipende da “interessi politici ed economici, spesso ben mascherati. Nel 2021 l’Italia ha esportato armi per oltre quattro miliardi e mezzo di euro. E poi l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil: ne vogliamo parlare? È un muro di interessi davvero difficile da abbattere”. Evidentemente, il vescovo di Altamura è al corrente di fatti che gli estensori della piattaforma del 5 novembre non conoscono!
Quel che è più inspiegabile, tuttavia, è che molte delle stesse organizzazioni che hanno promosso questa manifestazione, nella loro piattaforma hanno smentito e contraddetto le posizioni per cui avevano manifestato negli anni ‘80.
Per esempio, la già ricordata marcia del 24 ottobre del 1981 (la prima di una lunga serie che si sviluppò negli anni successivi) scaturiva dalla crisi detta degli euromissili: ossia il Patto di Varsavia aveva schierato gli SS20 nell’Europa orientale e la NATO voleva istallare i missili pershing e cruise nel cuore dell’Europa ed anche a Comiso (in Sicilia). Ebbene, quelle manifestazioni erano chiaramente contro “la logica dei blocchi” (ossia le tensioni tra NATO e Patto di Varsavia) ed erano -comunque- contro l’apertura della base di Comiso e l’istallazione dei missili NATO.
Il vescovo di Ivrea, mons. Bettazzi (noto per uno scambio di lettere con il compagno Berlinguer) in un’intervista apparsa il 26 maggio 1982 sull’Unità, rivendicava la partecipazioni dei cattolici a “quel” movimento per la pace e reclamava “lo smantellamento delle basi nucleari all’estero ed il rientro di tutte le truppe nei loro paesi” congiuntamente ad “una più ampia autonomia per gli alleati europei degli Stati Uniti (all’interno della Nato) e per gli alleati est-europei dell’Urss (Patto di Varsavia) come primo passo dell’Europa verso la riconquista del controllo sulla propria politica di difesa”. Dieci giorni più tardi, tutto il movimento pacifista diede vita a Roma ad una gigantesca manifestazione popolare unitaria contro la visita del presidente Reagan.
Dunque, molte sigle che hanno promosso la recente manifestazione, se fossero coerenti con se stesse e la propria storia, oggi dovrebbero chiamare in causa -per una manifestazione veramente di pace- il ruolo della NATO (tanto più che non ci sono né il Patto di Varsavia né l’URSS), rivendicare la sospensione delle forniture di armi e condannare l’aumento delle spese militari ed anche la presenza (si prevede che sarà pure aumentata) di armi atomiche straniere nel nostro paese.
Per tutto questo, gli organizzatori della manifestazione di sabato scorso saranno pure della “società civile” (chissà se sono al corrente che, per Marx, il fulcro della società civile era la classe operaia) ma sembrano meno liberi di un tempo.
Già, perché questa è una possibile spiegazione della loro strana piattaforma: hanno paura! Di nominare la NATO oppure di allontanarsi troppo da quello che “si deve dire” sulla situazione ucraina. Ciò la dice lunga sullo stato reale attuale delle libertà democratiche nel nostro paese, come già denunciato dal sito del nostro Partito nello scorso mese di luglio, quando definimmo un attacco alla democrazia il modo in cui vennero indette le elezioni politiche anticipate.
Per comprendere la credibilità dei discorsi più diffusi dai nostri media, basterebbe rispondere: “bene, allora estendiamo gli stessi principi alla Palestina”! E vediamo cosa direbbero i nostri interlocutori. Per non parlare di Guantanamo: perché non inviare armi a Cuba (oltre che ai palestinesi) affinché possa finalmente ripristinare una piena integrità territoriale?
La discussione andrebbe allargata alla Cuba di sessant’anni fa: sbagliarono allora Fidel e i sovietici a ritirare i missili per evitare che gli USA scatenassero una guerra ed una (nuova) invasione dell’isola? Oppure, se ciò fosse successo, i nostri Calenda avrebbero condannato l’intervento USA e sostenuto il riarmo di Cuba e il suo diritto ad avere, sul proprio territorio, tutti i missili che vuole?
Ancora più chiarificatrice sarebbe la domanda se Berlinguer sbagliò, a suo tempo. Perché il PCI (40/45 anni fa) avrebbe potuto vincere le elezioni e guidare il governo: avrebbe fatto meglio ad uscire dalla NATO e magari chiedere l’adesione al Patto di Varsavia? I Calenda, i Letta, gli attuali ministri, se a tale decisione fosse seguito un intervento USA, avrebbero sostenuto il riarmo dell’Italia e una sua guerra per fare ciò che preferiva?
La questione è che o allora aveva ragione Berlinguer o hanno ragione Zelensky e la NATO oggi.
Per tutto questo, il Partito Comunista Italiano non ha potuto (come avrebbe voluto, in condizioni diverse) aderire alla manifestazione in questione: per coerenza propria, con la storia del PCI, con gli autentici contenuti del movimento per la pace e addirittura per coerenza con le precedenti posizioni di molti degli organizzatore stessi di tale manifestazione.
Tuttavia, la nostra ricca e profonda esperienza storica, ci permette di distinguere tra questi ultimi e la grande massa di uomini e donne (tra cui tanti lavoratori) di tutte le età che sono andati lì perché non vogliono la guerra e non vogliono la politica di questo e del precedente governo. Non li abbandoniamo, magari per “far dispetto” a chi vuole strumentalizzarli.
Per questo, sempre in piena coerenza con la nostra migliore tradizione e i nostri maestri più illustri, la federazione romana del nostro Partito ha partecipato con decine di militanti, che hanno riscosso consenso e simpatia, a quella manifestazione distribuendo migliaia di volantini con l’apposita dichiarazione del Segretario, compagno Alboresi, la quale esprime le proposte del nostro Partito e -al tempo stesso- è una lucida ed incalzante critica dei silenzi e delle acrobazie logiche della piattaforma del 5 novembre.
Finalmente una voce critica contro la piattaforma ambigua e fuorviante proposta dagli organizzatori della manifestazione di Roma. Io non ho partecipato e l’ allontanamento di Letta forse è stato un po’ pretestuoso perchè in fondo il leader atlantista europeista e guerrafondaio non aveva trovato tra le parole d’ordine degli organizzatori della manifestazione qualcosa che fosse in aperto contrasto con le sue posizioni belliciste . Il Partito Comunista Italiano lo sto scoprendo giorno per giorno come un punto di riferimento politico ideologico e culturale assai rilevante.