IL NUOVO CODICE APPALTI STIMOLA GLI APPETITI DELLE MAFIE

di Michele Tripodi – segreteria nazionale PCI, Dipartimento Enti locali

Dal 1 aprile il nuovo codice degli appalti è applicabile alla pubblica amministrazione.
Il governo Meloni si rende ancora una volta protagonista in negativo di una triste pagina di storia italiana, che trascura le questioni centrali per lo sviluppo e l’economia quali il lavoro e il Mezzogiorno, il corretto uso delle risorse del PNRR, l’eguaglianza tra cittadini e la lotta alle mafie che oltre ad essere lotta civile significa assicurare davvero trasparenza nell’uso delle risorse. In nome dell’adeguamento a principi del libero mercato e della concorrenza imposti dall’Unione Europea il nuovo codice rende il subappalto libero, senza freni. Qualsiasi tipo di opera o lavorazione, infatti potrà essere subappaltata senza che sia necessaria la preventiva dichiarazione della percentuale sul totale dell’appalto aggiudicato. Ciò introduce tutta una serie di implicazioni sul costo del lavoro che a questo punto subirà gli effetti della concorrenza selvaggia e rapace, ovviamente con ricadute a ribasso su salari e stipendi di lavoratrici e lavoratori.
Ma non è questo il solo punto controverso di una normativa solo apparentemente nuova, che non ha fatto altro che trasformare in eterna una legge a tempo, la numero 120 del 2020 fatta approvare all’epoca dal governo Conte, sostenuto da PD e M5S, osteggiata in particolare proprio dalle forze politiche del governo attuale, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. La legge 120/2020, meglio conosciuta come legge sulla semplificazione amministrativa è una legge “a tempo”, che sarebbe dovuta durare fino a giugno del 2023, la cui adozione venne giustificata dall’emergenza Covid e dai lockdown che, secondo il legislatore, richiedeva la velocizzazione delle procedure di aggiudicazione di appalti di lavori, servizi e forniture. Quella legge già autorizzava il superamento delle soglie di 40.000 euro per gli affidamenti diretti consentendo alla pubblica amministrazione di assegnare lavori fino a 150.000 euro senza gara o preventiva contrattazione. Stessa cosa dicasi per i servizi che fino a 139 mila (oggi 140.000 col nuovo codice) euro potevano essere affidati direttamente senza gara. Il governo Meloni non ha fatto altro che incorporare le norme molto permissive della legge 120/2020 nel nuovo codice degli appalti riuscendo così a smentire se stesso, poiché al tempo dell’approvazione della legge 120 tutto il centrodestra gridò allo scandalo votando contro il provvedimento in sede parlamentare.
I tempi cambiano, i governi anche, ma gli interessi delle lobby sono sempre gli stessi mutevoli ma solo in
chiave gattopardesca: “Cambiare tutto per non cambiare nulla”.
Anzi, qualcosa effettivamente cambia poiché il nuovo codice degli appalti “liberalizzatore” non tutela per nulla le imprese oneste che spesso subiscono la concorrenza sleale delle imprese in odor di mafia, forti del potere di soggezione su lavoratori e fornitori. Su questo fronte, nessuna novità, per l’implementazione delle whitelist istituite presso le Prefetture, gli elenchi di imprese pulite che dovrebbero costituire il punto di riferimento per le amministrazioni specie negli affidamenti diretti.
Sarebbe stato utile ad esempio limitare gli affidamenti diretti per fasce fino al nuovo valore di riferimento
(150.000 euro) soltanto a quelle imprese che posseggono l’iscrizione della whitelist prefettizia annullando la discrezionalità amministrativa che rischia di compiere distorsioni irreparabili nei confronti delle imprese
pulite. Rimane aperto infine il nodo della spesa dei fondi PNRR che rischiano di ritornare nelle casse dell’UE (forse anche questo era già pianificato?) e non perché non ci sia la volontà di spenderli da parte degli enti locali beneficiari ma perché dopo aver ridotto gli organici della pubblica amministrazione. On vi sono figure in grado di progettare e seguire gli iter per la realizzazione delle opere e della successiva rendicontazioni.
Senza un ammodernamento degli apparati amministrativi con nuove assunzioni di giovani a tempo
indeterminato non servirà liberalizzare gli appalti per recuperare un tempo perduto dagli eccessi di spending review e austerità.
Una cosa è sicura, non possiamo contare su questo governo di destra che si preoccupa più di revisionare i fatti certi della storia che le norme sbagliare, che bada a cancellare dall’agenda delle priorità politiche la lotta alle mafie, lo sviluppo del Mezzogiorno, il rilancio dell’economia del nostro Paese basato da certezze ed eguali diritti per tutti i cittadini.

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