Cambiamenti climatici e agricoltura

Edoardo Castellucci, Segreteria nazionale PCI – Responsabile Dipartimento Ambiente e Territorio Costantino Pacioni, Segretario Regionale PCI Umbria

Gli eventi estremi che registriamo negli ultimi periodi sul nostro Paese, confermano quanto era stato indicato nella seconda parte del Sesto Rapporto IPCC, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, pubblicata il 28 febbraio 2022, e cioè che gli effetti del riscaldamento globale sull’ambiente risultano più diffusi e più negativi rispetto a quanto previsto.

Il Rapporto indicava chiaramente che questi effetti avrebbero colpito soprattutto il continente europeo ed in particolare l’area mediterranea sottoponendola ad una serie di rischi come: l’aumento delle ondate di calore; la siccità; le inondazioni più frequenti e più intense; l’innalzamento del livello del mare; la perdita di produzione agricola.

Uno scenario dove è proprio il settore agricolo a subire conseguenze devastanti, nonostante le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici messe in atto. Lo vediamo e tocchiamo con mano nella annata critica che sta vivendo il settore vitivinicolo, una crisi dovuta alle abbondanti e continue piogge di primavera e inizio estate che hanno favorito malattie patogene come la peronospora (fungo dell’acqua), che ha proliferato a causa del maltempo dei mesi passati e del picco di caldo dello scorso luglio.

Per effetto di questa concomitanza i vitigni risultano infestati in misura progressivamente crescente, con seria preoccupazione dei viticoltori.

Abruzzo, Lombardia, Molise, Puglia, Emilia Romagna, Trentino, Veneto, Sicilia (aree dell’Etna e del Trapanese) sono le regioni più colpite dal fungo, e allo stato attuale è possibile affermare che questa annata sarà decisamente critica per la produzione di vino, sia in termini quantitativi che qualitativi.

Alla luce dei fatti, il PCI ritiene indispensabile una politica di lungo termine mirata al settore, che preveda forme di intervento a supporto di simili evenienze, tali da garantire un aiuto concreto agli imprenditori che risultino colpiti in misura considerevole.

Con il D.L. Asset il governo ha stanziato un milione di euro per tamponare l’emergenza del settore; è del tutto evidente che si tratta di una misura irrisoria ed insufficiente a risolvere il danno derivato ai produttori per effetto della peronospora, nell’intero Paese.

Il PCI ritiene necessario, quale misura immediata a tampone, un rifinanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale tale da garantire un adeguato ristoro alle aziende vitivinicole interessate.

I dati disponibili evidenziano chiaramente il numero di aziende che nel 2023 subiranno ingenti decurtazioni della loro vendemmia e complessivamente quale sarà il presumibile calo di produzione nazionale.

Di fronte ad un decremento di circa il 30 – 40% della produzione di uve da vino e di oltre il 40% di quella da tavola, che coinvolgerà inevitabilmente anche regioni importanti dal punto di vista qualitativo, con riflessi considerevoli su volume di mercato ed immagine, il PCI sollecita il Governo perché insieme ai ristori a sanatoria dagli eventi responsabili della attuale situazione, promuova e metta in atto misure utili ed adeguate a prevenire il ripetersi di calamità non più occasionali o sporadiche, bensì sempre più ricorrenti e sistemiche.

In una epoca di forti e repentini cambiamenti, con effetti spesso devastanti, il PCI ritiene tassativo ed improrogabile intervenire sulle scelte di programmazione, sui piani per lo sviluppo agricolo, sui metodi, sulle colture, sulle pratiche agronomiche, investendo metodicamente su ricerca e sperimentazione, senza trascurare una parallela formazione tecnica ed agronomica da trasferire agli attori primari del processo.

Quanto accaduto ed in corso, rinnova e ripropone la indifferibilità di politiche orientate alla massima attenzione verso il territorio e l’ambiente, politiche che proprio nel settore agricolo in generale, ed ancora più marcatamente in quello vitivinicolo, fiore all’occhiello del nostro Paese da sempre, può e deve trovare spazio per normative, procedure e tecnologie, innovative e sostenibili, a favore di una attività da sempre vitale per l’economia nazionale.

Si tratta di intervenire non più sugli effetti ma sulle cause che originano i cambiamenti climatici, c’è la necessità ormai acclarata di superare il sistema economico imposto dal capitale, contrastando, anche e soprattutto, le politiche di “ambientalismo di facciata” e “negazioniste” che multinazionali del fossile e governi compiacenti mettono in campo per ostacolare e/o impedire la lotta ai cambiamenti climatici, e per invertire la rotta, impedendo il collasso del nostro pianeta, lo dobbiamo alle future generazioni, lavorando per una economia al servizio dell’uomo, della comunità, dell’ambiente, e non viceversa.

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