La lotta del PCI per Giulia e per tutte le vittime

Giulia è morta. Ogni analisi adesso lascia spazio allo sgomento. Il suo assassino, l’ex fidanzato, è stato fermato in Germania, dopo una fuga rocambolesca. Giulia è stata trovata in un fosso: il suo corpo porta i segni di una violenza inaudita. Coltellate ripetute su di lei e sulla coscienza collettiva. Si è difesa fino all’ultimo. Poi il suo cuore ha cessato di battere. La nostra civiltà muore con lei e con le altre 82 vittime di femminicidio che si sono succedute nell’ultimo anno nel nostro Paese: ogni 4 giorni muore una donna a causa di una società che riduce tutto, vite comprese, al mero soddisfacimento dei nostri desideri. L’alienazione dell’essere umano è completa e gli istinti bestiali prendono forma.


Possiamo però, lucidamente, tentare una strada: quella della reale presa di coscienza del fallimento globale delle strategie adottate fino ad ora. Le lotte che erano giuste ed appropriate in passato, devono necessariamente adeguarsi ad una società che muta in modo esponenziale e compito di noi comunisti sarà di promuovere quanto prima, delle iniziative nelle scuole volte ad informare le giovani sul proprio valore di persone capaci di dire NO ad ogni comportamento fuori dalle righe. NO a umiliazioni sottili e mascherate da innocenti scivoloni e sull’importanza di confidarsi con qualcuno, ogni qualvolta si intravedano segnali allarmanti. Ai ragazzi, spetta il compito di imparare il valore del rifiuto e delle decisioni altrui, anche se dolorose. La scuola deve avere in questo, un ruolo fondamentale, per affiancare le famiglie nel faticoso impegno di costruire gli individui di domani.


La divulgazione di materiale informativo sui social, seppur di qualità, non basta. Un inutile buonismo, spesso trasuda anche dalle azioni di molti di noi che credendosi depositari di verità imperiture , sono spesso affetti da atteggiamenti paternalistici duri da eradicare.
Come diceva Ernesto Guevara, “la prima rivoluzione avviene in noi stessi” e questo è il punto da cui ripartire per contrastare la violenza e la brutalità.


Per Giulia e per tutte le vittime come lei, combattiamo per un socialismo reale che supporti la scuola e che restituisca alle famiglie il tempo e le risorse mentali ed economiche per rafforzare il rapporto coi figli, spesso ridotto a pochi distratti momenti, a causa della dura lotta per la sopravvivenza cui siamo costretti e che ogni giorno, toglie un po’ di umanità ai rapporti interpersonali. Dobbiamo sfidare le norme di genere oppressive, lavorando per una società basata sull’uguaglianza di genere e sul rispetto reciproco. È fondamentale garantire l’accesso a servizi di supporto e protezione per le donne che desiderano lasciare situazioni tossiche e dolorose.

Questo ennesimo femminicidio costituisce un richiamo urgente all’azione. Non è più tollerabile usato modello di società. Le azioni contro il femminicidio richiedono uno sforzo collettivo per smantellare le strutture patriarcali e capitalistiche che fomentano l’oppressione e la violenza sulle donne.

La lotta del PCI per Giulia e per tutte le vittime.

One Comment

  1. Giuseppe Coluccia

    L’ASSASSINIO DI GIULIA E L’IPOCRISIA DELLA CULTURA E DELLA POLITICA
    Ora stiamo assistendo all’ennesima sceneggiate di maratone televisive, con giornalisti, psichiatri, imbonitori, preti e suore che ci consoleranno su questo ennesimo femminicidio spiegando i che sono casi di uomini, pazzi isolati, folli e matti, ma che il resto degli uomini è buono, il resto della Società è buono, che Dio ed il bene vinceranno sul male, etc., etc., etc , ….e tutto fino al prossimo femminicidio o sulla prossima violenza ed abuso sui deboli. Un caso analogo ai femminicidio sono gli assassinii, anche se li chiamano infortuni o incidenti di donne lavoratrici e uomini nei luoghi di lavoro. Poi ci sono gli stupri di gruppo, o il mendicante ammazzato per gioco, o il suicidio per essere bullizzati, a scuola, sui social e nella società. Alla base di questa violenza sui deboli, sui senza voce, c’è la bramosia del possesso, possesso di tutto e di tutti. È questa bramosia di possesso, imperniata sul maschilismo, cioè imperniata sull’uomo e dalla quale è esclusa la la donna, la mentalità e la cultura egemone nella nostra società. Ed è addirittura una eredità storica derivata dalla civiltà schiavistica Romana nella quale il Pater familia, cioè il maschio, aveva il potere di vita e di morte sia sui beni familiari, compresi gli schiavi in suo possesso, sia sui propri familiari, mogli, ancelle e figli. L’attuale società capitalistica anch’essa imperniata sulla proprietà privata di beni e persone (basta pensare che una lavoratrice e lavoratore è costretta, in cambio del salario, a vendere la propria forza lavoro per mantenere se è la famiglia) è pervasa da questa cultura del possesso maschile (il proprietario), dove non c’è spazio per riconoscere umanamente e civilmente le altre persone, se non come cose facenti parte del proprio patrimonio materiale e quindi indisponibile per altri, ma solo per lui. È questa la matrice che determina questa violenza quando il proprietario pensa di perdere possesso anche di una persona della sua famiglia, moglie, fidanzata che sia e reagisce uccidendola. Per cui o si cambia questo rapporto sociale basato sulla proprietà privata prevalentemente maschile, altrimenti continueremo ad assistere all’uso di questa violenza verso chi rivendica la sua dignità e autonomia.

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