Le proteste degli agricoltori europei hanno portato nelle strade e nelle piazze il malessere di una crisi che è il risultato delle dinamiche del libero mercato e delle scelte delle istituzioni dell’Unione Europea.
Alla base delle proteste vi sono valide motivazioni economiche, come l’aumento dei costi di produzione, causato dal rincaro del gasolio agricolo, dei fertilizzanti e dei pesticidi, influenzato da interventi post Covid 2019 e dalla guerra tra Russia e Ucraina; dalla crescita dell’inflazione e dalle misure attuate per contrastarla, con la conseguente perdita del potere di acquisto; gli accordi sul libero scambio con gli Stati che aderiscono al Mercosur, che produrrebbe una sleale concorrenza nei confronti del mondo agricolo; le blande e punitive politiche dell’Unione Europea, dal Green Deal alla nuova PAC, che di fatto hanno privilegiato le grandi cooperazioni e le multinazionali del settore.
Una politica europea, che ha disatteso la presentazione del Regolamento sulla sostenibilità delle filiere agro-alimentari, che lavora per la liberalizzazione dei nuovi OGM e rinnova l’uso del glifosato per i prossimi dieci anni, dove il Parlamento europeo vota contro il Regolamento SUR per la riduzione dell’uso dei pesticidi, favorita dall’azione delle lobby agroindustriali e corporative e che hanno determinato il ridimensionamento delle politiche ambientali a danno degli agricoltori, dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Proteste agricoltori, PCI: realizzare un Piano Nazionale per l’Agricoltura e l’Alimentazione
In questa ottica, con l’agricoltura che assume il ruolo di anello debole del sistema economico e agro-alimentare, da comunisti e comuniste riteniamo che non è più rinviabile una necessaria riflessione circa le politiche agricole in questo nostro Paese, c’è la necessità di realizzare un Piano Nazionale per l’Agricoltura e l’Alimentazione, nell’interesse dell’ambiente, dei territori, e della salute pubblica, dissentendo radicalmente dall’attuale politica Comunitaria e Nazionale.
Siamo per un cambiamento radicale del modo di fare agricoltura, perché l’agricoltura industriale che ha sostituito quella contadina, è insostenibile per l’ambiente, in quanto consuma risorse non rinnovabili, peggiora la qualità degli ecosistemi e del paesaggio, perché produce spreco e ingiustizie sociali, guardando alla solita logica del profitto.
Serve dare vita a una agricoltura, rinnovata ed ecologica, che sia in grado di assicurare un reddito dignitoso per gli addetti del settore, tale da rappresentare una valida e dignitosa scelta di lavoro e di vita, di valorizzare il ruolo degli agricoltori nella Società, di garantire la sicurezza alimentare, incentivando la filiera locale con produzioni a chilometro zero, restituendole il ruolo di cerniera tra città e campagna.
Un’agricoltura che ristabilisca una vocazione produttiva “multifunzionale” incrementando il profilo biologico quale punto di riferimento per la gestione del territorio e delle sue risorse, spingendo verso il sostegno e la ridefinizione del ruolo stesso dell’agricoltore, inteso come operatore/gestore del territorio capace di garantire salvaguardia delle risorse agricole e salute dei consumatori.
PARTITO COMUNISTA ITALIANO
Segreteria Nazionale
Non citate affatto il problema dell’importazione di prodotti agroalimentari da paesi non EU, tipo Nord Africa, che sono intrisi di fertilizzanti e pesticidi e costano meno! Questo è sleale verso i nostri agricoltori e dovrebbe essere vietato